VERDI DI TIVOLI

ad uso e consumo degli ecologisti Tiburtini

 

VERDI

 
 
 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

SICUREZZA

 

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Luglio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

DISIMBALLIAMOCI

Basta con gli imballaggi inutili ed eccessivi! Disimballiamoci è la campagna di Legambiente sull’importanza di ridurre alla fonte la produzione di rifiuti.

Gli imballaggi, che paghiamo ben due volte (con la spesa e quando li dobbiamo smaltire), costituiscono infatti il 60% del volume e il 40% del peso dei rifiuti degli italiani. Montagne di imballaggi che potremmo risparmiare alle nostre tasche e alla salute del pianeta, alleggerendo il sacchetto della spesa e quello della spazzatura.

L’imballaggio ha delle funzioni ben precise, come conservare la qualità, garantire il trasporto e informare sulla composizione e sulla tracciabilità del prodotto. Sempre di più però l’imballaggio viene usato in maniera eccessiva come veicolo per attirare l’attenzione del consumatore.

Con “Disimballiamoci” i volontari di Legambiente si danno appuntamento fuori dai supermercati, ipermercati e centri commerciali per sensibilizzare le catene di distribuzione e i cittadini sull’uso eccessivo delle confezioni, invitandoli a consegnare almeno un imballaggio inutile tra quelli acquistati. È anche l’occasione per rilanciare e diffondere le buone pratiche per la riduzione degli imballaggi, ancora troppo poco conosciute, come i dispenser per la vendita di detersivi, latte, acqua e altri generi alimentari sfusi o alla spina.

 

GREENPEACE

BALENE: SANTUARIO MAR LIGURE E' UNA FOGNA ROMA - Il santuario dei cetacei è diventato una discarica: l'area del mar Ligure che sarebbe dovuta diventare un paradiso per balene e delfini è "inquinata da batteri fecali in alto mare". Questo tipo di inquinamento, insieme al "traffico marittimo incontrollato" con velocità vicine "ai 70 km/h", ha comportato una diminuzione del 75% degli avvistamenti di balenottere e del 50% di stenelle.

L'assenza di "regole" e la mancanza di "un piano di gestione" hanno trasformato il santuario in "una fogna a cielo aperto". Questa l'accusa di Greenpeace nel dossier 'Balene a perdere', presentato oggi a Roma, frutto della ricognizione dell'agosto scorso nella zone del santuario a bordo della Arctic Sunrise. A 16 anni di distanza dall'ultimo monitoraggio (nel 1992 le balenottere erano circa 900 e le stenelle comprese tra 15.000 e 42.000), balene e delfini potrebbero realmente essere diminuiti: dopo 1.200 chilometri di navigazione, di balenottere se ne sono viste soltanto 13 (un quarto rispetto alle attese e non sufficiente a elaborare una stima sulla popolazione), mentre il range di stenelle si è attestato tra 5.000 e 21.000 esemplari (é calata anche la media del numero di individui presenti nel gruppo, da 22,5 a 7,5).

Le cause della diminuzione di cetacei nell'area del santuario sono diverse. L'inquinamento: in due aree è stata rilevata una forte "contaminazione di batteri fecali" oltre i valori ammessi per la balneazione (100 colonie/100 ml). Provenienti non da terra ma, presume Greenpeace, dallo scarico di traghetti e navi da crociera. Un tipo di sversamento che, oltre a essere persistente specie d'estate, colpisce la salute dei cetacei: sono animali immunodepressi, cioé raccolgono e assorbono le contaminazioni presenti in mare. L'intenso traffico incontrollato: "navi di 100-150 metri e traghetti che corrono a 70 km/h con il rischio di impatto con i cetacei e l'emissione di forti rumori". E anche un'attività di 'whale watching' svolta "in modo pericoloso", così come "la pesca illegale". Ma, quello che manca, è soprattutto "un ente di gestione" nonché la predisposizione di un piano di tutela per non lasciare che questa zona del Mediterraneo rimanga "una scatola vuota senza regole e controlli", creando una grande riserva marina d'altura.

Cosa che, conclude Greenpeace, renderebbe impossibile "l'insediamento della prima area industriale offshore: il rigassificatore di Pisa-Livorno" proprio all'interno del santuario. L'associazione dell'arcobaleno, impegnate nelle aree marine, chiede che sia sottoposto a tutela il 40% del Mediterraneo

 

 

« GIU' LE MANI DALL'ACQU...DL RONCHI: BONELLI (VERD... »

NOT IN MY NAME

Post n°376 pubblicato il 17 Novembre 2009 da verdi.tivoli

Quando Obama fu eletto esattamente un anno fa, molti di noi, pur convinti che i tempi di Bush erano definitivamente chiusi, sapevano che il ruolo degli Usa nella battaglia del clima non sarebbe stato subito completamente "virtuoso".
Detto questo, le dichiarazioni americane e quelle cinesi, in occasione di una colazione di lavoro convocata per discutere dello stato dei negoziati sul clima in occasione della riunione periodica dell'Apec in presenza del co-presidente della Conferenza sul clima e primo ministro danese Rasmussen, sono sicuramente preoccupanti: niente accordo legalmente vincolante a Copenaghen («full international legally binding agreement», come ha detto il rappresentante americano Forman). Ma non sono neppure tali da fare pensare che ormai per il clima tutto è perduto o che nessun accordo sarà possibile a Copenaghen, come la stampa italiana (in modo più drammatico che in altri Paesi) sembra anticipare. I fatti sono chiari.
A Copenaghen si doveva arrivare a un nuovo Trattato per il periodo post Kyoto. Ma era già da mesi piuttosto evidente che questo obiettivo sarebbe stato difficile.
Rimane invece completamente alla portata dei negoziatori definire un accordo vincolante sugli stessi temi da ratificare in seguito, checché ne dicano americani e cinesi.
L'Ue, ma anche gli altri paesi emergenti e in via di sviluppo, le decine di movimenti di città, di cittadini e associazioni civili che sono molto attive non devono assolutamente abbassare le braccia. Anche perché molte sono le zone d'ombra rispetto a quale sarà davvero la posizione degli Usa.
Si parla di un «accordo politico» vincolante con «conseguenze operative», ma non è chiaro se numeri concreti di riduzione di emissioni e soldi per investimenti di mitigazione e adattamento saranno davvero esclusi. Infatti gli Usa non sono pronti per prendere impegni legalmente vincolanti a Copenaghen a causa di Camera e Senato che ancora non hanno definito un piano chiaro su come affrontare la crisi climatica, ma per Obama il fallimento di Copenaghen sarebbe di difficile gestione. E' evidente che se gli Usa parlano di un accordo «con conseguenze operative» l'Ue deve rilanciare. E non rinunciare o nascondersi per fare emergere i dubbi e le divisioni purtroppo presenti al suo interno, a partire dal governo italiano caso unico di governo negazionista.
Il negoziato di Copenaghen non si ferma a Singapore. Ed è questo il messaggio che deve essere trasmesso forte e chiaro.
Il luogo dove le decisioni saranno prese è il summit nella capitale danese. Non vorrei che un'eccessiva attenzione alle dichiarazioni fatte in una riunione a colazione da un paio di importanti signori possano creare una sorta di profezia che si autorealizza, smobilitare migliaia scienziati, di attivisti, di responsabili politici, di amministratori locali, di semplici cittadini che nel mondo lavorano da mesi, farci abituare all'idea che ormai è andata male.
Anche perché sia chiaro che i dati davvero terribili sulle conseguenze dei cambiamenti climatici non cambiano.
Dal Partito verde europeo e dal gruppo parlamentare verde continuerà la capillare azione di informazione su cosa succede davvero nelle discussioni sul clima, ben 20 deputati greens europei e decine di amministratori locali, rappresentanti dei partiti verdi europei e numerosissimi responsabili di associazioni ambientaliste saranno a Copenaghen, sulla rete si moltiplicano appelli e iniziative, anche i media (a eccezione dell'Italia salvo pochi casi come Terra) da settimane riportano con precisione lo stato della discussione.
Mancano 21 giorni.
Un risultato positivo è possibile. Ed è possibile anche cercare di rimuovere l'insopportabile cappa di disattenzione e disinformazione che circonda in Italia la discussione sulle sfide ambientali e i cambiamenti climatici.
Il governo italiano non ha neppure elaborato una vera posizione negoziale su questo tema. Per i nostri rappresentanti questo è un non-tema. O un tema per pochi "aficionados".
Credo che questa debba essere la sfida anche per i Verdi italiani. E ben venga anche il nuovo interesse che i radicali hanno manifestato al loro Congresso per un'azione strutturata e approfondita su questi temi che peraltro non sono nuovi per loro: esponenti radicali prestigiosi come Adelaide Aglietta hanno avuto un ruolo di primo piano nei Verdi italiani e io non me lo dimentico, nonostante le distanze di merito emerse in seguito con Radicali italiani.
Sarà molto interessante continuare con loro il confronto su temi come le infrastrutture, l'agricoltura sostenibile e gli Ogm, il consumo del territorio anche (ma non solo) in vista delle prossime scadenze elettorali.

Monica Frassoni co-presidente del Parito Verde Europeo da Terra

 
 
 
Vai alla Home Page del blog
 
 

INFO


Un blog di: verdi.tivoli
Data di creazione: 06/11/2008
 

VERDI


 


 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

SCRIVI SUL BLOG

Per poter scrivere devi diventare un membro.
Mandaci una mail con il tuo nickname ed i tuoi dati
personali .
verdi.tivoli@libero.it
Non è censura è solo il tentativo di poter discutere
senza scadere nell'infimo, come succede in altri blog.
Gli anonimi e gli "sconosciuti" sono sgraditi in questo
blog.
Chi scrive deve esser riconoscibile da tutti.

 

AVVISO AI NAVIGANTI


Questo blog non costituisce testata giornalistica, non ha carattere periodico ed è aggiornato saltuariamente. Pertanto, non può essere considerato in alcun modo un prodotto editoriale ai sensi della Legge 62 del 7/03/2001.
 
 

AREA PERSONALE

 
 

FACEBOOK

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963