VERDI DI TIVOLI

ad uso e consumo degli ecologisti Tiburtini

 

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DISIMBALLIAMOCI

Basta con gli imballaggi inutili ed eccessivi! Disimballiamoci è la campagna di Legambiente sull’importanza di ridurre alla fonte la produzione di rifiuti.

Gli imballaggi, che paghiamo ben due volte (con la spesa e quando li dobbiamo smaltire), costituiscono infatti il 60% del volume e il 40% del peso dei rifiuti degli italiani. Montagne di imballaggi che potremmo risparmiare alle nostre tasche e alla salute del pianeta, alleggerendo il sacchetto della spesa e quello della spazzatura.

L’imballaggio ha delle funzioni ben precise, come conservare la qualità, garantire il trasporto e informare sulla composizione e sulla tracciabilità del prodotto. Sempre di più però l’imballaggio viene usato in maniera eccessiva come veicolo per attirare l’attenzione del consumatore.

Con “Disimballiamoci” i volontari di Legambiente si danno appuntamento fuori dai supermercati, ipermercati e centri commerciali per sensibilizzare le catene di distribuzione e i cittadini sull’uso eccessivo delle confezioni, invitandoli a consegnare almeno un imballaggio inutile tra quelli acquistati. È anche l’occasione per rilanciare e diffondere le buone pratiche per la riduzione degli imballaggi, ancora troppo poco conosciute, come i dispenser per la vendita di detersivi, latte, acqua e altri generi alimentari sfusi o alla spina.

 

GREENPEACE

BALENE: SANTUARIO MAR LIGURE E' UNA FOGNA ROMA - Il santuario dei cetacei è diventato una discarica: l'area del mar Ligure che sarebbe dovuta diventare un paradiso per balene e delfini è "inquinata da batteri fecali in alto mare". Questo tipo di inquinamento, insieme al "traffico marittimo incontrollato" con velocità vicine "ai 70 km/h", ha comportato una diminuzione del 75% degli avvistamenti di balenottere e del 50% di stenelle.

L'assenza di "regole" e la mancanza di "un piano di gestione" hanno trasformato il santuario in "una fogna a cielo aperto". Questa l'accusa di Greenpeace nel dossier 'Balene a perdere', presentato oggi a Roma, frutto della ricognizione dell'agosto scorso nella zone del santuario a bordo della Arctic Sunrise. A 16 anni di distanza dall'ultimo monitoraggio (nel 1992 le balenottere erano circa 900 e le stenelle comprese tra 15.000 e 42.000), balene e delfini potrebbero realmente essere diminuiti: dopo 1.200 chilometri di navigazione, di balenottere se ne sono viste soltanto 13 (un quarto rispetto alle attese e non sufficiente a elaborare una stima sulla popolazione), mentre il range di stenelle si è attestato tra 5.000 e 21.000 esemplari (é calata anche la media del numero di individui presenti nel gruppo, da 22,5 a 7,5).

Le cause della diminuzione di cetacei nell'area del santuario sono diverse. L'inquinamento: in due aree è stata rilevata una forte "contaminazione di batteri fecali" oltre i valori ammessi per la balneazione (100 colonie/100 ml). Provenienti non da terra ma, presume Greenpeace, dallo scarico di traghetti e navi da crociera. Un tipo di sversamento che, oltre a essere persistente specie d'estate, colpisce la salute dei cetacei: sono animali immunodepressi, cioé raccolgono e assorbono le contaminazioni presenti in mare. L'intenso traffico incontrollato: "navi di 100-150 metri e traghetti che corrono a 70 km/h con il rischio di impatto con i cetacei e l'emissione di forti rumori". E anche un'attività di 'whale watching' svolta "in modo pericoloso", così come "la pesca illegale". Ma, quello che manca, è soprattutto "un ente di gestione" nonché la predisposizione di un piano di tutela per non lasciare che questa zona del Mediterraneo rimanga "una scatola vuota senza regole e controlli", creando una grande riserva marina d'altura.

Cosa che, conclude Greenpeace, renderebbe impossibile "l'insediamento della prima area industriale offshore: il rigassificatore di Pisa-Livorno" proprio all'interno del santuario. L'associazione dell'arcobaleno, impegnate nelle aree marine, chiede che sia sottoposto a tutela il 40% del Mediterraneo

 

 

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La Città dei Diritti

Post n°392 pubblicato il 21 Dicembre 2009 da verdi.tivoli

Comunicato Stampa

Tivoli, dicembre 2009

 

Vorremmo svolgere alcune considerazioni attorno due circostanze proprie di questi giorni.

Quanto è accaduto in P.zza Duomo a Milano e quanto accade qui a Palazzo San Bernardino.

 Fatti e circostanze che girano attorno protagonisti certamente diversi ma che investono il senso della politica ed il ruolo delle forze del centro e della sinistra di questo paese.

 Noi non ci nascondiamo ed invitiamo gli altri a non nascondersi dietro il dito del falso moralismo e perbenismo, accorrendo al capezzale dell’illustre ferito, partecipando alla gara degli attestati di solidarietà.  

Certo la pietà è sentimento naturale, ma da qui a ricostruire le vicende politiche attuali ammantando tutto di un mieloso buonismo, ce ne deve correre.

Una sola considerazione su tutte: chi a parole cerca oggi di allontanare la violenza dallo scontro politico, non è in buona fede. Da una parte e dall’altra delle barricate.

 Tanto chi tra “palle e coglioni” ha rispolverato lo stile ducesco dei tempi che furono, tanto chi giusto 5 giorni fa ciarlava di strumenti eccezionali per impedire che si stravolga la Costituzione ed il sistema di equilibrio dei poteri repubblicani, come faceva l’On. Franceschini commentando l’ennesimo delirio del presidente del consiglio da Bonn. 

La violenza è entrata a pieno titolo non solo nello scontro politico, è entrata nella nostra vita di tutti i giorni almeno da quando l’On. Dalema decise di bombardare Belgrado, contraddicendo lo spirito e la sostanza dell’art. 11 della Costituzione che ripudiava la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie politiche internazionali. O dalle prime missioni dei nostri Tornado sull’Irak nel 1991, per le quali Dossetti, antifascista e costituente, si sentì in dovere di rompere il suo trentennale silenzio, avvertendo allora inascoltato i pericoli che oggi attraversiamo.

 La violenza, quella vera, è quella che respirano le centinaia di migliaia di stranieri ai quali una legge infame vuole contestare il reato di clandestinità. La violenza che ha subito Sher Khan, mediatore culturale e leader dei pakistani d Roma ucciso dal freddo di una queste notti gelide, gettato in clandestinità da una legge che non gli ha rinnovato dopo 20 anni di permanenza nel nostro paese, il permesso di soggiorno.

 La violenza è quella che subiscono le centinaia di migranti ai confini di questo infame paese che nega l’asilo a chi scappa dalla guerra e dalla fame solo per compiacere le camicie verdi padane.

 La violenza è quella che subiscono le donne alle quali viene negato l’utilizzo della pillola abortiva, ultimi in Europa e solo per motivi di bassa convenienza elettorale.

 La violenza è quella che subiscono gli operai di Termini Imerese, i precari dell’Eutelia, della Videocolor di Anagni, dell’ISPRA di Roma, le centinaia di migliaia di precari della pubblica amministrazione, insegnanti compresi, ai quali è stato negato il rinnovo dei contratti di lavoro.

 La violenza è quella che subisce un’intera generazione di ragazzi esclusi dalla speranza. Tagliati fuori dal mondo del lavoro e della conoscenza. Per i quali il futuro si annuncia peggio della storia dei loro padri.

 La violenza è quella che hanno subito in galera i Cucchi, gli Albovrandi, i Bianzino fino a morire per pochi grammi di erba o fumo, in nome di una lotta alla droga tanto ideologizzata quanto inutile.

 Questa violenza evoca e chiama altra violenza.

E pensare che ad agirla possano essere i Di Pietro o i Bersani, è semplicemente ridicolo.

Questa violenza è parte e protagonista della Storia con l’esse maiuscola, quella che libera gli oppressi e redime gli oppressori.

E tanto più Tartaglia, con tutta la sua follia, è dentro questa Storia, quanto lo sono fuori gli inutili oppositori di Berlusconi.

Soltanto cogliendo la sete di giustizia sociale che le disuguaglianze crescenti stanno alimentando, potrà cessare questa spirale oggi appena agli inizi.

Della necessità di cogliere l’essenza dello scontro politico in atto, che non è scontro tra tifoserie calcistiche, ma scontro di interessi e di bisogni sociali confliggenti, occorre farsi carico anche da queste stanze.

Stanze troppo abituate ad una rappresentazione sociale distorta e caricaturale, lontana dai bisogni delle persone vere.

A noi sembra che dentro il Comune ci siano solo piccoli poteri attenti a guadagnare spazi di consenso col bilancino dell’interesse particolare piuttosto che su un progetto generale di cambiamento.

E allora non c’è crisi a vederla con gli occhi della politica che guarda soltanto a se a stessa  più che guardare alla città e ai bisogni che essa esprime.

In crisi, vera e profonda, c’è un progetto di cambiamento iniziato 10 anni fa, un progetto che non è stato causa ma prodotto del disfacimento dei partiti in tante piccolissime camarille, per i tanti personaggi convinti che solo la somma e non la sintesi fosse motore della capacità di costruire consenso ad un’idea di città diversa.

In crisi è finito quel progetto di cambiamento per l’incapacità di scegliere priorità, tempi e modi della politica locale.

Noi di questa crisi allora non ci sentiamo né attori, né protagonisti.

Quello che avevamo da dire lo abbiamo cominciato a dire appena dopo un anno di vita di questa amministrazione, individuando le ragioni della crisi di questi giorni con anticipo perché già allora vedevamo l’incapacità di assicurare continuità con l’azione dell’amministrazione precedente.

La crisi, quella vera, quella che ci contesta il popolo di questa città, si è prodotta nella incapacità di questa amministrazione di dare rappresentazione ai bisogni che la città stessa esprime.

Si è prodotto un generale arretramento delle politiche di integrazione sociale per l’incapacità di assicurare continuità politica, amministrativa e finanziaria alla costruzione e al potenziamento della rete dei servizi di welfare territoriale, smantellando i tavoli di progettazione partecipata, ignorando le istanze del terzo settore, cancellando la pianificazione dall’orizzonte della pratica amministrativa, palesando l’incapacità di andare a cercare i soldi dove stanno.

Si è verificato un arretramento sulle politiche dell’immigrazione, il blocco del gemellaggio con quella che è la città dalla quale provengono il 90% dei nostri concittadini di origine rumena è solo un esempio, l’incapacità di gestire l’emergenza Stacchini senza altri strumenti se non quelli di ordine pubblico, è un altro esempio.

Per non dire dell’arretramento sulle politiche giovanili partecipate, con la fine dell’esperimento del forum delle politiche giovanili.

Ritardi. Arretramenti da un lato e grandi travisamenti dall’altro, come quello che riferisce di un piano casa realizzato solo con lo strumento dell’edilizia convenzionata.

Era febbraio del 2008 quando la Giunta Vincenzi adottò con delibera un piano casa che prevedeva lo sviluppo di interventi di edilizia popolare in accordo e coordinamento con l’Ater Roma e Lazio.

Oggi, in piena crisi economica generale e quindi con l’acuirsi dei bisogni relativi alla casa, parlare di edilizia convenzionata ed in cooperativa significa rifare l’errore già compiuto 35 anni fa, qua dentro, da un partito comunista italiano non più capace di leggere i bisogni sociali quanto in grado di assecondare interessi clientelari e particolari. La coop Conti di cui paghiamo il salato conto, non è che un esempio.

Con l’edilizia convenzionata si potrà dare una casa a chi una casa bene o male anche in affitto, può permettersela.

Ma se non costruiamo case popolari o non le troviamo da qualche parte, le 300 famiglie iscritte nel nostro albo degli assegnatari, una casa non la troveranno mai.

In questi giorni in molti vorrebbero arruolarci tra le truppe che si contendono le due parti dello scontro in atto.

Come sempre noi sceglieremo la nostra strada in completa autonomia.

Continuando a camminare al fianco di chi abbia ancora interesse e voglia di realizzare quanto sta scritto sul programma amministrativo che abbiamo proposto ai tiburtini.

Anche lontani dai settari e anacronistici ideologismi di chi nel momento dello scontro presenta le proprie dimissioni, senza aver capito neanche cosa ci sia stato a fare in amministrazione fina a quel momento, in nome di cosa e in rappresentanza di chi.

 
 
 
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Data di creazione: 06/11/2008
 

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