Avasinis -UD- 2.5.45
Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista
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Stragi di Avasinis e di Ovaro: similitudini e differenze
Post n°162 pubblicato il 03 Luglio 2024 da braulink
Interventi sulle pagine di "Non solo Carnia" di raffronto fra le stragi di Avasinis e di Ovaro, entrambe accadute il 2 maggio 1945.
Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori.
Laura Matelda Puppini 24 Maggio 2024 (…) Sulle due stragi di fine guerra: quella di Avasinis e quella di Ovaro. Inoltre le due stragi del 2 maggio 1945, quella di Avasinis e quella di Ovaro, furono unite da un altro aspetto: l’uccisione per mano osovana di cosacchi arresisi nel primo caso, spesso dimenticata o celata, di cui però parlava anche mia madre, e vi è chi dice che avvenne prima della strage di Avasinis chi poi; l’uccisione per mano osovana di cosacchi fatti saltare in aria nella caserma di Chialina, nella notte fra l’1 ed il 2 maggio 1945, dopo che la richiesta di resa era stata fatta, nel secondo caso. Per Avasinis ricordo quanto scritto da don Zossi, parroco del paese: «In zona c’erano Cosacchi, Tedeschi, Partigiani (…), c’erano troppi conti da saldare. Quella parte della popolazione che non si preoccupava troppo della situazione “era molto euforica” ma per troppi la fine della guerra non si presentava così semplice. Si era giunti verso gli ultimi giorni di aprile e gli Alleati erano già ad Udine. Il Comandante del presidio cosacco mi vuole; ha bisogno di trattare la resa del presidio. Faccio allora chiamare il podestà Rodaro Augusto Rossit e si conviene che essi si metteranno a disposizione dei partigiani alla sola condizione che venga ad essi salvata la vita. Si parla con i partigiani che accettano ed un giorno si partono verso la montagna lasciando libero il paese. (…). Si è saputo dopo che i patti non furono osservati». (10). Ma nello stesso testo don Zossi scrive anche «La strada Nazionale è una congestione ed ingorgo continuato di tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’infelice idea di compiere un ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla stessa nazionale all’imbocco della nostra strada. Non l’avessero mai fatto. (…). Costoro si buttano contro gli stessi partigiani che inseguono per la strada e vengono in zona». (11). Non solo: che i partigiani spararono su tedeschi in ritirata, in zona Avasinis, lo testimoniò anche Mario Di Giannantonio. (12). E la risposta del nemico in ritirata fu: ‘occhio per occhio, dente per dente’. Inoltre pare che nel caso di Ovaro, fossero stati reclutati partigiani dell’ultima ora, ed anche Romano Marchetti parlava di persone troppo euforiche per comprendere bene la situazione. E non a caso, per Avasinis, don Zossi, prete del paese, salvatosi per miracolo, scrive la frase “Al nemico in fuga ponti d’oro” presa dai detti popolari, principio, secondo lui, allora non rispettato. _____________________ (9) I cosacchi volevano trattare la resa con gli inglesi, non sapendo che li avrebbero consegnati ai sovietici, e non volevano assolutamente aver a che fare con i partigiani. (Cfr. anche Luciano Di Sopra Rodolfo Cozzi, Le due giornate di Ovaro, terza edizione riveduta e corretta, Aviani Aviani, 2015, p. 63). (10) La descrizione, scritta a mano su dei fogli a quadretti, è datata: Avasinis, 3 marzo 1948, ed è firmata dal Parroco don Francesco Zossi. (Testo in e da: Avasisnis 1940 – 1945. Il diario del Parroco di Avasinis ed altre testimonianze sulla seconda guerra mondiale nel territorio di Trasaghis, note e ricerche integrative a cura di Pieri Stefanutti, edizione a cura del comune di Trasaghis, Udine 1996. La parte del diario da cui sono tratte queste note si trova ivi alle pp. 35 – 45). (11) Ivi. (12) Testimonianza resa da Mario Di Giannantonio, in: Giovanni Angelo Colonnello, “Friuli – Venezia Giulia, Zone Jugoslave, Guerra di Liberazione, Ud, 1966, pp. 276 -277.
Pieri Stefanutti - Maggio 28th, 2024 at 23:20none Comment author #2805 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia La ricostruzione dettagliata di L. M. Puppini è senz’altro preziosa e contribuisce a chiarire molti aspetti dei dolorosi fatti del 2 maggio ad Ovaro. Laura Matelda Puppini - Maggio 30th, 2024 at 21:18none Comment author #2806 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia Caro Stefanutti, la frase che hai citato non viene assolutamente attribuita a Mario di Giannantonio, ma viene attribuito il poi. Infatti il testo è il seguente: “«Dopo esser stata attaccata da due battaglioni, uno garibaldino e l’altro osovano, una colonna nemica di circa 800 SS riesce a penetrare nell’abitato operandovi un eccidio di civili senza precedenti per rappresaglia alle perdite subite in combattimento” E questa è chiaramente una sintesi in due righe di Colonnello.
Pieri Stefanutti - Maggio 31st, 2024 at 7:56none Comment author #2807 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia Avevo usato l’espressione “viene attribuita a Mario Di Gianantonio” in quanto il testo, non virgolettato, riportato da Colonnello nel 1965 potrebbe avere subito delle modifiche redazionali, pur basandosi sicuramente sulla testimonianza resa dal Di Gianantonio, non sappiamo se in forma scritta o orale. Un percorso simile si ha nella “Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza” (ed. La Pietra, 1968), dove si legge “Mario Di Giannantonio, testimone oculare della strage di Avasinis, ne fece la seguente descrizione”, seguita da una narrazione che si rifà chiaramente al testo pubblicato da Colonnello, ma con alcune modifiche non sostanziali ma, probabilmente, appunto, redazionali. Laura Matelda Puppini - Maggio 31st, 2024 at 14:06none Comment author #2808 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia Nella storiografia attuale, dopo l’infatuazione per le testimonianze di tutti, si parla di memorie individuali e divergenti ed io ho trattato il tema delle fonti orali nel mio “L. M. Puppini. Lu ha dit lui, lu ha dit iei. L’uso delle fonti orali nella ricerca storica. La storia di pochi la storia di tanti”. Ma la ricostruzione dei fatti storici non può essere la somma delle singole memorie personali: pensate solo a come descriverebbe la Resistenza un partigiano od un fascista. Certamente quando mancano documenti e dati si deve cercare di ricostruire con quello che si ha in mano, andando molto cauti, però, ma allora anche le testimonianze orali, prese una per una, devono venir analizzate in base a chi le ha prodotte ed in base a quale periodo storico sono state fornite (non dimentichiamo la guerra fredda e i decenni in cui la causa erano sempre i comunisti, e l’uso politico della storia) ed in che contesto sono state rese, che domande ha fatto l’intervistatore. Perché esistono delle regole anche per condurre una buona intervista, ed una regola base dovrebbe essere quella di non chiedere mai ad una persona una cosa che non può sapere. Inoltre ieri una persona mi diceva che nei paesi la versione spesso era quella che davano il prete, il medico, i sorestanz, che non potevano venir contraddetti. Inoltre il forte anticomunismo fu diffuso fra la gente, e così la gente pensò che se i comunisti erano cattivissimi, certamente potevano essere la causa di tutto. Non solo: per anni si è pensato che gli osovani fossero stati solo dei mediatori e non persone in armi, tanto da far dire a Cesare Marzona, allora presidente dell’Apo, alla presentazione mia e di Romano a Venzone delle memorie di Romano Marchetti, che finalmente sentiva parlare dei partigiani osovani come combattenti nella guerra di Liberazione. E sin dove siamo arrivati nelle ricostruzioni fantasiose può esser dimostrato anche da un articolo di cui non ricordo il titolo, per i 100 anni di Marchetti che lo descrivevano positivamente come un partigiano senza armi, facendolo passare per fesso. Perché le armi le aveva, eccome, ed egli scrive senza mezzi termini che, ad un certo punto, passò alla lotta armata. Inoltre ritornando al 2 maggio ad Avasinis, perché non ci dovevano essere su di una altura nei paraggi partigiani con una mitragliatrice, Stefanutti, se uno di quelli da te intervistati dice che c’era però funzionava prima, ma non funzionava poi …. Ma c’era. (Cercherò chi era). Inoltre bisogna sapere cosa chiedere ed a chi perché più tempo passa più sentiremo solo versioni personali neppure dirette ma di seconda o terza mano e chissà dove elaborate su fatti accaduti nella seconda guerra mondiale. Sulla responsabilità della strage di Avasinis, senza se e senza ma, essa è dei nazisti, ci mancherebbe, ma il fatto che la gente la attribuisse, non si sa perchè, ai partigiani ha certamente inciso. E Paolo Pezzino scrive che neppure nel diritto bellico vigente in materia di rappresaglie, nell’interpretazione diffusa all’interno dell’esercito tedesco, favorevole alle prerogative dei militari, non esisteva nessuna norma, per quanto liberamente potesse essere interpretata, che permettesse o giustificasse l’uccisione di donne inermi, di bambini, di anziani paralitici. (Paolo Pezzino, Le stragi di civili tra storia e memoria, in «Archivio trentino» pp.15-27. file:///C:/Users/User/Downloads/HJ-ARCTRE-2007-056-02-02.pdf). Pertanto una cosa è ricostruire i contesti, altra attribuire la responsabilità che è sempre di chi spara, uccide, violenta. E non erano certo ad Avasinis stati i partigiani. Invece l’uccisione di cosacchi arresisi e disarmati, da parte di partigiani della prima o dell’ ultima ora o di gente dei paesi della Val del Lago, esasperati finché vuoi, è una strage a sua volta.
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