Creato da braulink il 28/11/2005

Avasinis -UD- 2.5.45

Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista

 

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Post n°64 pubblicato il 08 Settembre 2008 da braulink
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AVASINIS 1945: l’opinione dello storico tedesco Gerhard Schreiber

Nel 2000, lo storico tedesco Gerhard Schreiber ha pubblicato con Mondatori il libro “La vendetta tedesca. 1943-1945. Le rappresaglie naziste in Italia”. Basandosi soprattutto sui dati forniti dall’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, uscita nel 1968, l’autore analizza le vicende di Avasinis  in rapporto agli altri episodi similari accaduti in Italia, definendo l’eccidio friulano “un brutale crimine di guerra”, dal momento che non sono stati rispettati i  protocolli di  comportamento previsti dai regolamenti e dalle normative militari e di diritto internazionale.

Come sempre, la soldataglia non ebbe pietà per donne  e bambini anche in tenerissima età. Alcune  delle ultime vittime  di questo brutale arbitrio morirono il 2 maggio 1945,  ossia il giorno in cui entrò in vigore la capitolazione delle forze tedesche in Italia. Quella mattina i partigiani attaccarono un'unità Ss in fuga verso nord sulla strada costeggiante la riva sinistra  del Tagliamento che collega Forgaria nel Friuli a Cavazzo Carnico. Dopo un breve scontro la truppa tedesca si recò nella vicina località di Avasinis, un paesino del Friuli di circa 800 anime, dove trucidò spietatamente 51 abitanti, fra cui 5 bambini dai due ai dodici anni e 2 donne, rispettivamente di settantacinque e ottantun anni. Dopo il massacro i soldati delle SS, contravvenendo di nuovo ai regolamenti internazionali, presero in ostaggio circa 40 donne che minacciarono di uccidere se i partigiani avessero tentato nuovi attacchi. Due di loro, la diciannovenne Anna Rodaro e la ventiseienne Anna Di Giannantonio furono violentate fino al mattino successivo, quando un colpe di pistola alla nuca pose termine al loro martirio.

Da un punto di vista puramente formale, la strage di Avasinis costituisce un brutale crimine di guerra che, come era pre­visto nel contesto della lotta antipartigiana, comprendeva la fucilazione di prigionieri catturati per rappresaglia e la suc­cessiva presa in  ostaggio di un gruppo di persone. Siccome molti eccidi perpetrati a danno di civili italiani erano struttu­rati in modo simile e in considerazione del fatto che riguardo alle nome che regolamentano le uccisioni di ostaggi perman­gono elementi di oscurità sia a livello oggettivo sia nella mag­gioranza dell'opinione pubblica, ci pare opportuno riportare alcuni pareri e princìpi giuridici in merito.

In effetti, prima che nell'agosto 1949 l'accordo stipulato a Ginevra per la tutela dei civili durante i periodi di guerra sancisse
il divieto di prendere ostaggi - come reazione alle barbare esecuzioni avvenute durante il secondo conflitto mondiale -, l'uccisione di ostaggi rappresentava un concetto dubbio anche dal 
punto di vista giuridico. Trovava però una sua giustificazione,
almeno a detta di alcuni studiosi di diritto internazionale, in
quanto strumento a disposizione delle forze d'occupazione.
Esse erano autorizzate a adoperarlo per difendersi dalle azioni
ostili o per mantenere pace e ordine, che era loro compito garantire, nei territori occupati.   

Basandosi sulle definizioni allora in vigore, sono da conside­rarsi ostaggi - in contrasto con le misure adottate ad Avasinis -esclusivamente civili in età adulta e di sesso maschile, la cui cattura serve a garantire che la popolazione di un paese occu­pato assuma un comportamento conforme alle condizioni e agli ordini dati, del quale gli ostaggi rispondono con la propria vita. I prigionieri catturati a scopo di rappresaglia sono invece persone, eccettuati sempre bambini e neonati, che al termine di azioni contrarie al diritto internazionale e commesse da scono­sciuti vengono trattenute e in caso estremo uccise per rivalersi sulla popolazione restante o intimidirla. Una pratica che l'eser­cito tedesco adottò sin dall'inizio in Italia. (…) I fatti di Avasinis dimostrano che tanto l’inizio quanto la fine del regime d’occupazione e della presenza militare dei tedeschi in Italia furono segnati dai cadaveri di bambini e neonati.

(da: Gerhard Schreiber,     La vendetta tedesca, Mondadori 2000 - sottolinerature del blogger)

 

 
 
 
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