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Avasinis -UD- 2.5.45

Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista

 

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GIORNATA DELLA MEMORIA ANCHE PER AVASINIS

Post n°69 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da braulink
 
Foto di braulink

Nella ricorrenza della “giornata della memoria” , ricordiamo le vittime di Avasinis riproponendo le parole dell’allora presidente del Consiglio Regionale Alessandro Tesini pronunciate il 2 maggio del 2006 durante la commemorazione dell’eccidio di Avasinis. Sottoscriviamo in pieno che “ricordare è, prima di tutto, un dovere. Lo è perché chi dimentica troppo frettolosamente la propria storia, anche gli episodi più drammatici di essa, è condannato, prima o poi, a riviverla ; lo è perché il trascorrere del tempo, per lungo che possa essere, non deve seppellire nell’oblio il dolore di quelle vittime, far dimenticare l’odio e la ferocia che stroncarono così barbaramente la loro esistenza; lo è perché quel lungo elenco di morti ci ricorda quanto scarto esista ancora tra l’ansia di giustizia di ciascuno e l’effettiva possibilità di ottenerla.”


 


 


Nel mese di maggio del 1994 in un vecchio palazzo romano


cinquecentesco sito in via degli Acquasparta, sede della Procura


generale militare in un vecchio armadio chiuso a chiave e con le ante


rivolte verso la parete fu rinvenuto un pacco composto da 695 fascicoli.


In molti di essi erano contenuti i nomi dei colpevoli delle più efferate


stragi compiute dal 1943 al 1945 dai nazifascisti nel nostro Paese.


Le informazioni contenute avrebbero dovuto consentire l’apertura


di procedimenti penali nei confronti di quanti venivano indicati quali


responsabili degli eccidi, procedimenti penali però che non ebbero mai


luogo. Per “ragioni superiori” , come accertò la magistratura militare


nell’inchiesta aperta a seguito del ritrovamento, ovvero perché la


divisione del mondo in due blocchi contrapposti e la posizione strategica


che, in quello Occidentale, occupava allora una parte della Germania


sconsigliava di rivangare elementi che avrebbero alimentato ulteriori


divisioni all’interno del blocco politico- militare di cui faceva parte anche


il nostro Paese.


In nome di superiori interessi dunque una parte della giustizia fu


rinchiusa e custodita segretamente per più di quaranta anni in quello


che, all’atto della scoperta, fu chiamato “L’armadio della vergogna”,


vergogna non solo per quel che conteneva ma anche perché su quel che


conteneva era calata la pesante cappa di un silenzio di Stato.


Dietro quelle ante, tra quegli incartamenti coperti di polvere, c’era


anche un piccolo pezzo del Friuli, della vostra terra, del vostro comune:


Avasinis.


La strage che una squadra nazifascista composta da tedeschi,


altoatesini, istriani e, probabilmente, friulani fu consumata il 2 maggio,


quando già Udine e tanti luoghi del Friuli festeggiavano la liberazione, e


per questo ci appare tanto più crudele. Cinquantuno persone


prevalentemente composte da anziani, donne e bambini furono


trucidate a sangue freddo con particolare crudeltà come si legge nella


testimonianza agghiacciante di don Francesco Zossi di cui una parte è


incisa nel portale del vostro Sacrario.


Le cause e le responsabilità di questo eccidio restano ancora


sconosciute anche se nel giorno successivo, il 3 maggio, furono fermati


ai postI di blocco attuati dai partigiani una trentina di nazifascisti che


furono successivamente fucilati sulla base di prove indiziarie.


Gli anni che sono trascorsi dalla tragedia vissuta dal vostro paese


sono stati scanditi da tante fasi diverse. Dopo le rovine ed i lutti della


guerra, Avasinis, ha condiviso le sorti dell’intero Paese: ha vissuto la


ricostruzione postbellica, l’emigrazione, il cosiddetto “miracolo


economico” e, nel 1976, come parte del Friuli, i pesanti scossoni


dell’Orcolat , il terremoto- e la successiva, paziente, ricostruzione.


L’insieme di queste vicende e le grandi trasformazioni che esse


hanno comportato anche nel modo di vivere e di pensare della vostra


piccola comunità non ha inciso sulla vostra memoria. L’anta di nessun


armadio si è chiusa sulle povere vittime del 2 maggio, nessuno ha


brigato perché non se ne parlasse più. Anzi: nella nuova Avasinis del


dopo terremoto la strage del 2 maggio ha avuto lo spazio di un


monumento-memoriale che possa tramandare anche fisicamente alle


generazioni più lontane da quei tragici eventi il dovere di ricordare.


Perché ricordare è, prima di tutto, un dovere. Lo è perché chi


dimentica troppo frettolosamente la propria storia, anche gli episodi più


drammatici di essa, è condannato, prima o poi, a riviverla ; lo è perché


il trascorrere del tempo, per lungo che possa essere, non deve seppellire


nell’oblio il dolore di quelle vittime, far dimenticare l’odio e la ferocia


che stroncarono così barbaramente la loro esistenza; lo è perché quel


lungo elenco di morti ci ricorda quanto scarto esista ancora tra l’ansia


di giustizia di ciascuno e l’effettiva possibilità di ottenerla.


A quanti oggi invitano, subdolamente, a non rivangare tristi


ricordi per non accentuare divisioni dobbiamo chiedere a quali divisioni


si riferiscono: se è tra la barbarie e la civiltà, tra la pace e la guerra, tra


la sopraffazione e il rispetto, tra l’opportunismo e la giustizia, allora


dobbiamo affermare con forza che questa separazione non solo deve


esistere ma anche resistere, e rafforzarsi nel tempo.


Il ritrovarsi periodico in questo luogo di dolore non significa solo


manifestare pietà per i morti ma anche assumere l’impegno perché non


si riformino le condizioni che hanno portato al progressivo


abbrutimento dell’uomo, consentendoli simili efferati delitti.


E’ questo il tacito giuramento che dobbiamo fare davanti a questa


croce e al lungo elenco di nomi scolpiti su di essa.


                                                                              Alessandro Tesini


 

 
 
 
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