Creato da braulink il 28/11/2005

Avasinis -UD- 2.5.45

Ragionando sul come e sui perché di una strage nazista

Messaggi di Luglio 2024

Avasinis, confronto sulla strage

Post n°166 pubblicato il 08 Luglio 2024 da braulink
 
Foto di braulink

 

Su cause, modalità e conseguenze della strage di Avasinis si può leggere l'interessante dibattito svoltosi  sulle pagine di "Non solo Carnia" tra Laura Matelda Puppini e Pieri Stefanutti.

 

Avasinis, 2 maggio 1945. La strage, antefatti e postfatti. Per cercare di capire.

 

Laura Matelda Puppini 

(https://www.nonsolocarnia.info/avasinis-2-maggio-1945-la-strage-antefatti-e-postfatti-per-cercare-di-capire/ )

Pieri Stefanutti. Rispondendo a Laura Matelda Puppini.

Laura Matelda Puppini  Pieri Stefanutti. Rispondendo a Laura Matelda Puppini.2024-06-29T08:57:01+02:00

(https://www.nonsolocarnia.info/pieri-stefanutti-rispondendo-a-laura-matelda-puppini/ )

 

Ciascun intervento ospita commenti e integrazioni.

 
 
 

Stragi di Avasinis e di Ovaro: similitudini e differenze

Post n°162 pubblicato il 03 Luglio 2024 da braulink
 
Foto di braulink

Interventi sulle pagine di "Non solo Carnia" di raffronto fra le stragi di Avasinis e di Ovaro, entrambe accadute il 2 maggio 1945.

 

Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori.

 

Laura Matelda Puppini 

(…)

Sulle due stragi di fine guerra: quella di Avasinis e quella di Ovaro.

Inoltre le due stragi del 2 maggio 1945, quella di Avasinis e quella di Ovaro, furono unite da un altro aspetto: l’uccisione per mano osovana di cosacchi arresisi nel primo caso, spesso dimenticata o celata, di cui però parlava anche mia madre, e vi è chi dice che avvenne prima della strage di Avasinis chi poi; l’uccisione per mano osovana di cosacchi fatti saltare in aria nella caserma di Chialina, nella notte fra l’1 ed il 2 maggio 1945, dopo che la richiesta di resa era stata fatta, nel secondo caso. Per Avasinis ricordo quanto scritto da don Zossi, parroco del paese: «In zona c’erano Cosacchi, Tedeschi, Partigiani (…), c’erano troppi conti da saldare. Quella parte della popolazione che non si preoccupava troppo della situazione “era molto euforica” ma per troppi la fine della guerra non si presentava così semplice. Si era giunti verso gli ultimi giorni di aprile e gli Alleati erano già ad Udine. Il Comandante del presidio cosacco mi vuole; ha bisogno di trattare la resa del presidio. Faccio allora chiamare il podestà Rodaro Augusto Rossit e si conviene che essi si metteranno a disposizione dei partigiani alla sola condizione che venga ad essi salvata la vita. Si parla con i partigiani che accettano ed un giorno si partono verso la montagna lasciando libero il paese. (…). Si è saputo dopo che i patti non furono osservati». (10).

Ma nello stesso testo don Zossi scrive anche «La strada Nazionale è una congestione ed ingorgo continuato di tedeschi in fuga. Alcuni partigiani hanno l’infelice idea di compiere un ultimo atto e di andare a disturbare la loro fuga sulla stessa nazionale all’imbocco della nostra strada. Non l’avessero mai fatto. (…). Costoro si buttano contro gli stessi partigiani che inseguono per la strada e vengono in zona». (11). Non solo: che i partigiani spararono su tedeschi in ritirata, in zona Avasinis, lo testimoniò anche Mario Di Giannantonio. (12).  E la risposta del nemico in ritirata fu: ‘occhio per occhio, dente per dente’.  Inoltre pare che nel caso di Ovaro, fossero stati reclutati partigiani dell’ultima ora, ed anche Romano Marchetti parlava di persone troppo euforiche per comprendere bene la situazione. E non a caso, per Avasinis, don Zossi, prete del paese, salvatosi per miracolo, scrive la frase “Al nemico in fuga ponti d’oro” presa dai detti popolari, principio, secondo lui, allora non rispettato.

_____________________

(9) I cosacchi volevano trattare la resa con gli inglesi, non sapendo che li avrebbero consegnati ai sovietici, e non volevano assolutamente aver a che fare con i partigiani. (Cfr. anche Luciano Di Sopra Rodolfo Cozzi, Le due giornate di Ovaro, terza edizione riveduta e corretta, Aviani Aviani, 2015, p. 63).

(10) La descrizione, scritta a mano su dei fogli a quadretti, è datata: Avasinis, 3 marzo 1948, ed è firmata dal Parroco don Francesco Zossi. (Testo in e da: Avasisnis 1940 – 1945. Il diario del Parroco di Avasinis ed altre testimonianze sulla seconda guerra mondiale nel territorio di Trasaghis, note e ricerche integrative a cura di Pieri Stefanutti, edizione a cura del comune di Trasaghis, Udine 1996. La parte del diario da cui sono tratte queste note si trova ivi alle pp. 35 – 45).

(11) Ivi.

(12) Testimonianza resa da Mario Di Giannantonio, in: Giovanni Angelo Colonnello, “Friuli – Venezia Giulia, Zone Jugoslave, Guerra di Liberazione, Ud, 1966, pp. 276 -277.

 

(https://www.nonsolocarnia.info/laura-matelda-puppini-ovaro-cosa-accadde-alla-fine-di-aprile-e-primi-di-maggio/ )

 

Pieri Stefanutti - Maggio 28th, 2024 at 23:20none Comment author #2805 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia

La ricostruzione dettagliata di L. M. Puppini è senz’altro preziosa e contribuisce a chiarire molti aspetti dei dolorosi fatti del 2 maggio ad Ovaro.
Tenderei però a non associare automaticamente la dinamica dei fatti di Ovaro con quelli di Avasinis, che hanno sì in comune la data, ma connotazioni piuttosto differenti.
Se nei fatti di Ovaro riusciamo a individuare un rapporto di causa-effetto (una richiesta di resa sfociata in una strage, con la conseguente rappresaglia da parte dei reparti cosacchi ) tali correlazioni non sono (ancora)) definibili per Avasinis.
Nel paese pedemontano, infatti, la resa del presidio cosacco venne concordata, ed i cosacchi prigionieri vennero “parcheggiati” sulle alture sovrastanti il paese in attesa degli sviluppi.
Non è provato (ed è anzi estremamente improbabile) che i reparti tedeschi (composti in realtà da soldati di varie etnie) arrivati in zona il I maggio ed autori dell’eccidio del 2 siano intervenuti in aiuto dei cosacchi imprigionati.
Siamo di fronte a svariate voci che cercano di spiegare la causa scatenante dell’eccidio.
Le stesse testimonianze citate, quelle di don Zossi e quella del prof. Di Gianantonio, sono sì preziose, ma non univoche.
Don Zossi è l’unico a indicare come causa scatenante un attacco partigiano compiuto a forze tedesche sulla Statale, ma non vi sono riscontri di nessun tipo che ne avvalorino l’effettivo verificarsi. Anche sul comportamento delle forze partigiane a ridosso del paese non vi è unicità: nel Libro Storico parrocchiale, scritto a ridosso dei fatti, don Zossi scrive “Alla mattina del giorno 2 maggio alle ore 6 1/2 i nostri partigiani cominciano a tirare dal ciglione sopra il cimitero verso Trasaghis”, mentre nel Diario, scritto nel 1948, precisa che “I tedeschi da Trasaghis raggiungono il paese dopo una piccola resistenza opposta dai partigiani.”
Del prof. Mario Di Gianantonio c’è una importante relazione scritta ancora il 6 giugno 1945 (è pubblicata integralmente nel mio “Novocerkassk e dintorni”, pp. 171 – 174) nella quale, attraverso la prima ricostruzione locale delle vicende della guerra, si citano azioni partigiane “per disperdere i nuclei di S.S. stazionanti ancora sulle colline di Trasaghis” e, riferito al mattino del 2 maggio, il fatto che “colpi di mortaio su Avasinis fecero capire che il nemico voleva sfondare a ogni costo”. La testimonianza di Di Gianantonio citata nel post si riferisce a quanto riportato da G. A. Colonnello nel suo “Guerra di Liberazione in Friuli”, nel quale viene attribuita a Di Gianantonio la frase “un gruppo di partigiani con una mitragliatrice pesante tentava di ostacolare e di molestare il passaggio delle truppe germaniche.” E’ Colonnello ad aggiungere, non si sa sulla base di quali fonti, che “Dopo essere stata attaccata da due battaglioni, uno garibaldino e l’altro osovano, una colonna nemica di circa 800 SS riesce a penetrare nell’abitato”.
Versioni non sempre concordanti, dunque, a volte da parte degli stessi autori, il che non facilita la comprensione dell’effettiva dinamica dei fatti. La strategia adottata dalle forze tedesche (postazione di mortai apprestata già dal giorno precedente, azione di aggiramento ed intervento sul paese da più direzioni) fa pensare ad una ben ponderata tattica militare, non certo ad una istintiva reazione a un occasionale attacco partigiano.
Quello che è importante rimarcare è che l’avvenuta uccisione di tanti dei cosacchi arresisi fu un fatto tragico che si verificò dopo l’eccidio, una sorta di vendetta contro persone che non avevano colpe dirette nella strage ma che, in quanto alleati dei nazisti, vennero ritenuti corresponsabili, in un momento caratterizzato, come scrisse don Zossi, da “un animo terribilmente scosso, che non vedeva più ragione o virtù”.

Laura Matelda Puppini - Maggio 30th, 2024 at 21:18none Comment author #2806 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia

Caro Stefanutti, la frase che hai citato non viene assolutamente attribuita a Mario di Giannantonio, ma viene attribuito il poi. Infatti il testo è il seguente: “«Dopo esser stata attaccata da due battaglioni, uno garibaldino e l’altro osovano, una colonna nemica di circa 800 SS riesce a penetrare nell’abitato operandovi un eccidio di civili senza precedenti per rappresaglia alle perdite subite in combattimento” E questa è chiaramente una sintesi in due righe di Colonnello.
Però poi il testo così continua: «L’ apocalittico episodio rivive nel racconto di Mario di Giannantonio testimone oculare.
La mattina del 2 maggio 1945 suonavano ormai le campane a festa dei campanili di Gemona, di Osoppo e degli altri paesi sulla sinistra del Tagliamento. Le popolazioni erano insorte nel tripudio della liberazione che poneva fine all’incubo e alle miserie della guerra. Ma lungo la strada pedemontana da Pinzano, a Cavazzo, a Tolmezzo, transitavano ancora le truppe tedesche che avevano scelto, per la loro ritirata, quel percorso ritenuto più sicuro dai mitragliamenti aerei e dalle molestie dei partigiani. I piccoli paesi attraverso i quali passavano le colonne ordinate e in pieno assetto di guerra erano o sembravano deserti.
Solo dai costoni delle montagne di Avasinis nel punto in cui la pedemontana muta versante, fra questo paese e Trasaghis, un gruppo di partigiani con una mitragliatrice pesante cercava di ostacolare e di molestare il passaggio delle truppe germaniche. Non si conosce l’effetto dell’azione partigiana. La reazione del nemico, però, è stata immediata e violenta. Fatta tacere la mitragliatrice con alcuni colpi di mortaio, un reparto in ordine sparso prese d’assalto il paese». (Giovanni Angelo Colonnello Friuli Venezia Giulia, zone jugoslave, guerra di Liberazione, Ud, 1965, p. 277).
Inoltre pare proprio fuori da ogni realtà quanto riportato in questa ipotesi: «Altre versioni, più recenti, ribaltano il problema ritenendo che la strage di Avasinis sia stata preordinata, individuandola come un’azione punitiva verso il complesso delle attività partigiane nella zona, oppure per contrastare alcune azioni partigiane avvenute nei giorni immediatamente precedenti”. (
https://www.nonsolocarnia.info/pieri-stefanutti-il-punto-sulleccidio-di-avasinis-tra-memorie-e-ricerche-storiche/). Nei giorni precedenti non si sa di particolari azioni ad Avasinis, mentre si combatteva intorno ad Udine, ed i nazisti ed i cosacchi non erano in ritirata. Infatti bisogna vedere il comportamento del nemico che si ritirava nel suo insieme, ed i nazisti ed i cosacchi, guidati dai loro ufficiali, seguivano ordini e comandi prestabiliti. E dove nessuno fece più azioni di guerra verso coloro che si ritiravano o dopo stavano per farlo, nessuno disturbò la popolazione nè in Carnia nè negli altri paesi vicino ad Avasinis. Però indipendentemente da questo, la strage perpetrata dai nazisti fu efferata e vennero colpiti innocenti, donne, bambini, vecchi. E ogni strage è causata da chi la compie, ed in questo caso oltre 50 esseri umani furono massacrati da un gruppo di nazisti, che sono la colpa dell’ eccidio, perchè essa è sempre di chi uccide, altrimenti giustificheremmo ogni femminicidio con “se l’è cercata”.
Invece con la mole di testimonianze seguenti, anche ad anni di distanza, potrebbe esser accaduto quanto è successo per Ovaro: tesi personali frutto magari di chiacchiere o altri aspetti potrebbero aver inficiato la ricostruzione dei fatti che però a mio avviso potrebbe configurarsi come quella descritta da Mario Di Giannatonio. Ma anche l’uccisione da parte di partigiani della prima o dell’ ultima ora o di altri uomini del luogo o dei paraggi, di cosacchi già arresisi, mi sembra un atto spregevole ed una carneficina non giustificabile. Ma su questo vorrei solo avere da te conferma se sia accaduto o meno e quando e qualcosa di più.

 

Pieri Stefanutti - Maggio 31st, 2024 at 7:56none Comment author #2807 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia

Avevo usato l’espressione “viene attribuita a Mario Di Gianantonio” in quanto il testo, non virgolettato, riportato da Colonnello nel 1965 potrebbe avere subito delle modifiche redazionali, pur basandosi sicuramente sulla testimonianza resa dal Di Gianantonio, non sappiamo se in forma scritta o orale. Un percorso simile si ha nella “Enciclopedia dell’antifascismo e della Resistenza” (ed. La Pietra, 1968), dove si legge “Mario Di Giannantonio, testimone oculare della strage di Avasinis, ne fece la seguente descrizione”, seguita da una narrazione che si rifà chiaramente al testo pubblicato da Colonnello, ma con alcune modifiche non sostanziali ma, probabilmente, appunto, redazionali.
Quello che mi premeva sottolineare, comunque, è la necessità di raccogliere TUTTE le testimonianze e tutte le fonti, mettendole costantemente a confronto, per cercare di ottenere, alla fine, una ricostruzione, se non precisa, quantomeno attendibile, come cerco di ribadire, ogni anno, nei giorni dell’anniversario dell’eccidio (v. per esempio l’ultimo intervento dal titolo “Serve ancora ricerca sulla strage di Avasinis” nel “Messaggero Veneto” del 16 maggio 2024) .
Questo vale per le dinamiche dell’eccidio e vale, naturalmente, anche per quelle dell’uccisione dei cosacchi. E’ un tema accennato nel Diario di Don Zossi del 1948 ed esaminato per la prima volta sulla stampa dal Carnier, soprattutto nello “Sterminio mancato” (Mursia 1982) e nella seconda edizione de “L’Armata cosacca in Italia” (Mursia 1990). Personalmente, credo di avere dato un contributo alla definizione del tema riportando testimonianze dirette e documentazione archivistica in “Novocerkassk e dintorni” (Ifsml 1995) e in “Avasinis 1940-1945” (Comune di Trasaghis 1996 e 2015). A tale proposito, ribadisco quanto ebbi già modo di scrivere: “E’ chiaro che tutti possiamo dire oggi che l’uccisione dei cosacchi sia stata una azione orribile, ingiusta, gratuita. Ma, come dico nell’ultima riga del libro “Novocerkassk e dintorni”, credo sia necessario “contestualizzare, sempre”. E contestualizzare significa proprio, come dice don Zossi, tener conto dell’«attenuante per tanto sangue, lutti e rovine”, per quell’«animo terribilmente scosso» che faceva dire, in quelle ore, “copaitju duc’, chei lazaròns!”, dove tedeschi, fascisti e cosacchi venivano unificati nell’obiettivo di una rabbia collettiva conseguente alla violenza subita”.

Laura Matelda Puppini - Maggio 31st, 2024 at 14:06none Comment author #2808 on Laura Matelda Puppini. Ovaro. Cosa accadde alla fine di aprile e primi di maggio 1945. Per non ripetere errori. by Non solo Carnia

Nella storiografia attuale, dopo l’infatuazione per le testimonianze di tutti, si parla di memorie individuali e divergenti ed io ho trattato il tema delle fonti orali nel mio “L. M. Puppini. Lu ha dit lui, lu ha dit iei. L’uso delle fonti orali nella ricerca storica. La storia di pochi la storia di tanti”. Ma la ricostruzione dei fatti storici non può essere la somma delle singole memorie personali: pensate solo a come descriverebbe la Resistenza un partigiano od un fascista. Certamente quando mancano documenti e dati si deve cercare di ricostruire con quello che si ha in mano, andando molto cauti, però, ma allora anche le testimonianze orali, prese una per una, devono venir analizzate in base a chi le ha prodotte ed in base a quale periodo storico sono state fornite (non dimentichiamo la guerra fredda e i decenni in cui la causa erano sempre i comunisti, e l’uso politico della storia) ed in che contesto sono state rese, che domande ha fatto l’intervistatore. Perché esistono delle regole anche per condurre una buona intervista, ed una regola base dovrebbe essere quella di non chiedere mai ad una persona una cosa che non può sapere. Inoltre ieri una persona mi diceva che nei paesi la versione spesso era quella che davano il prete, il medico, i sorestanz, che non potevano venir contraddetti. Inoltre il forte anticomunismo fu diffuso fra la gente, e così la gente pensò che se i comunisti erano cattivissimi, certamente potevano essere la causa di tutto. Non solo: per anni si è pensato che gli osovani fossero stati solo dei mediatori e non persone in armi, tanto da far dire a Cesare Marzona, allora presidente dell’Apo, alla presentazione mia e di Romano a Venzone delle memorie di Romano Marchetti, che finalmente sentiva parlare dei partigiani osovani come combattenti nella guerra di Liberazione. E sin dove siamo arrivati nelle ricostruzioni fantasiose può esser dimostrato anche da un articolo di cui non ricordo il titolo, per i 100 anni di Marchetti che lo descrivevano positivamente come un partigiano senza armi, facendolo passare per fesso. Perché le armi le aveva, eccome, ed egli scrive senza mezzi termini che, ad un certo punto, passò alla lotta armata. Inoltre ritornando al 2 maggio ad Avasinis, perché non ci dovevano essere su di una altura nei paraggi partigiani con una mitragliatrice, Stefanutti, se uno di quelli da te intervistati dice che c’era però funzionava prima, ma non funzionava poi …. Ma c’era. (Cercherò chi era). Inoltre bisogna sapere cosa chiedere ed a chi perché più tempo passa più sentiremo solo versioni personali neppure dirette ma di seconda o terza mano e chissà dove elaborate su fatti accaduti nella seconda guerra mondiale. Sulla responsabilità della strage di Avasinis, senza se e senza ma, essa è dei nazisti, ci mancherebbe, ma il fatto che la gente la attribuisse, non si sa perchè, ai partigiani ha certamente inciso. E Paolo Pezzino scrive che neppure nel diritto bellico vigente in materia di rappresaglie, nell’interpretazione diffusa all’interno dell’esercito tedesco, favorevole alle prerogative dei militari, non esisteva nessuna norma, per quanto liberamente potesse essere interpretata, che permettesse o giustificasse l’uccisione di donne inermi, di bambini, di anziani paralitici. (Paolo Pezzino, Le stragi di civili tra storia e memoria, in «Archivio trentino» pp.15-27. file:///C:/Users/User/Downloads/HJ-ARCTRE-2007-056-02-02.pdf). Pertanto una cosa è ricostruire i contesti, altra attribuire la responsabilità che è sempre di chi spara, uccide, violenta. E non erano certo ad Avasinis stati i partigiani. Invece l’uccisione di cosacchi arresisi e disarmati, da parte di partigiani della prima o dell’ ultima ora o di gente dei paesi della Val del Lago, esasperati finché vuoi, è una strage a sua volta.

 

 
 
 

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