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Occhi

Viaggio a spiare e raccontare il tempo

 

 

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Plenilunio

Post n°45 pubblicato il 22 Aprile 2011 da albylrt

Ho trovato e letto d'un solo fiato questo scritto. Un ritratto in cui ho riconosciuto un pò di me.  Non sarò l'unico e il solo ad averlo pensato.

Ma che cielo c’è questa notte?!
Un vaso gigante di vetro lavanda tramato di glicine e tortora opalescente stupore dell’universo.
Nessun suono vibrato nell’aria.
Solo indistinto rumore di fondo.
Respiro piano a bocca aperta ed è l’unico vento che sento.
Fiuto il tempo che passa senza contarlo.

Mi riposo i perché.
Anche gli alberi si prendono un po’ di quiete stanno buoni ben pettinati prima di mettersi a nanna.
Io però non andrei mai a dormire.
Come se mi perdessi qualcosa.
Quasi che succedesse di più quando è notte che non nella lunga durata del giorno.
E mi gratto indolente la schiena puntando lo sguardo sul gomito.
Come un mirino spostandolo a destra e a sinistra giù in basso e poi su.
Un collega d’insonnia, un gabbiano plana immobile e vago sopra un mare di tetti.
Forse ha fatto più tardi forse è l’ultima corsa come quella di un taxi che svanisce in un soffio al contrario.
Non c’è buio stanotte.
Neanche un’ombra o una tenebra a increspare la pelle a inventare paure.
Il soffitto si è aperto in un largo astronomico come quello del cinematografo di tanti anni fa tra il primo e il secondo tempo.
Tutto appare più chiaro del nero.
Moonligth Serenade.
Si lo so che è la luna a far questo ma io resto girato così e non la guardo.
Provo un pallido caldo sul collo e mi piace tenerla alle spalle come un seguipersona puntato sul mondo.
Stamattina mi sono alzato con un pensiero fisso: spegnere con l’interruttore gli apparecchi di casa, quelli lasciati per ore, giorni, mesi con la lucetta rossa dello stand by.
Che spreco dicevo a denti serrati.
Se tutti smorzassimo almeno queste spie del benessere chissà che risparmio…
Rispondevo a me stesso: forse non tanto ciascuno, però tutti insieme…
Abbiamo più telecomandi che amici.

Allora è vero che i telecomandi si vedono nel momento del bisogno!
Mi ricordo come se fosse ora quando il primo di questi arnesi fece il suo trionfale ingresso in casa dei miei ch’era pure la mia.
Un affare argentato grande come una scatola di biscotti legato al televisore con un cavo ombelicale arrotolato su sé così che non si riuscì mai a domarlo e restò sempre a coda di porco.
Al centro un tasto uno solo con su scritto Acceso (di sopra) Spento (di sotto).

Se arrivava qualcuno un parente un amico mio padre si sedeva in poltrona afferrava misterioso l’oggetto misterioso anche lui e via: accendi e spegni più volte davanti allo sguardo sorpreso e ammirato degli ospiti.
Così quella diavoleria tecnologica prese il potere su di noi e il sopravvento sugli altri congegni precedenti al suo avvento.
Finirono nel dimenticatoio delle attenzioni il carrello ultramoderno lo stabilizzatore di corrente la lampada verde per non farsi male alla vista una piccola antenna aggiunta che nessuno seppe mai se servisse davvero.
Il telekommander aveva vinto.

La prima vittima fu il maschio capofamiglia.
Sentivo che era il “coso venuto dal negozio” a tenere in pugno papà.
E non viceversa.
In una lingua algoritmica di onde quadrate incomprensibili non udibili dall’orecchio umano, il telecomando diceva ghignando: que-sto-te-lo-co-man-do-io.
A mia madre quando fu abilitata all’uso: te-la-co-man-do-pu-re-le-i.
A tutti e tre noi: io-li-te-li-co-man-do.
Da allora cominciò e non è mai cessata l’Invasione dei Telecomandi.

E la nuova costellazione di lucine rosse verdi gialle azzurrine per casa.
Ma stanotte è una notte speciale.
C’è un che di impalpabile trasparente magia come se avessi potuto con un solo pulsante spegnere tutto e lasciarmi accesi soltanto gli occhi.
La mia unica luce è la luna.
Mi giro e mi allatta lo sguardo.
Una luna così mica càpita spesso.
Dentro il cerchio ci passano baci, abbracci infiniti d’innamorati, cime brune e tempestose di abeti, altalene di ghirlande di fiori, carrozze volanti.
Com’è tonda, perfetta.
Un disco lanciato per battere il record galattico, per il sogno più lungo mai fatto.
Per un attimo smetto di respirare.
E mi tengo tutto ciò che si può dentro il vuoto di me.
Cosa voglio di più? Ho la luna piena e l’anima ubriaca.

Claudio Baglioni

 

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