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Post N° 783

Post n°783 pubblicato il 22 Luglio 2007 da cgil3palermo
 

Prodi: sulle pensioni rimediato a ingiustizia

Il premier Romano Prodi si compiace per l’accordo raggiunto giovedì notte tra governo e sindacati sulla riforma delle pensioni e l'ammorbidimento dello scalone: con l'intesa, ha detto Prodi, a Bologna per il fine settimana, si è «rimediato a un’ingiustizia» e si è provato a «tenere i conti a posto».

DISSENSI? NON MI MERAVIGLIANO - «Credo - ha spiegato il premier - che sia emerso da tutti i commenti che è stata fatta una cosa seria, di giustizia e che allo stesso tempo si sia aiutato un equilibrio di medio e lungo periodo delle finanze pubbliche italiane. «Era quello che volevamo fare - insiste Prodi - rimediare a una ingiustizia e tenere i conti a posto». In mattinata, dopo un giro in bicicletta sui colli bolognesi, il presidente del Consiglio si è fermato qualche minuto davanti alla sua abitazione di via Gerusalemme: «I lavoratori che andranno in pensione - ha detto Prodi - non avranno vantaggi, ma neanche svantaggi». Il presidente del Consiglio ha anche ammesso che i «dissapori» all’interno della maggioranza erano attesi, viste le posizioni molto distanti dei partiti rappresentati: «I contrasti sono evidenti? - ha detto riferendosi alle critiche di Rifondazione comunista - Mi meraviglierei del contrario». E la discussione in Parlamento? «Vedremo a settembre».
CONFRONTO CON FLAVIA - Ma le modifiche al sistema previdenziale apportate dal governo sembrano avere molti detrattori, se persino la signora Prodi gli lancia una battuta davanti casa, chiacchierando con i giornalisti: Flavia Franzoni gli sottopone il caso del «mio parrucchiere» che, dopo «aver iniziato a lavorare a quattordici anni», a quanto pare oggi è «scontento» per l'esito della trattativa con i sindacati. Ed in effetti «ne avete scontentati...», è la riflessione della signora. Ma il Professore rassicura: «C'era chi, da un giorno all'altro – ha spiegato – sarebbe andato in pensione tre anni dopo» rispetto alla tabella di marcia, se l'esecutivo non avesse cancellato lo «scalone» previsto dalla riforma Maroni.
 
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