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le bugie su giordano bruno

Post n°2 pubblicato il 05 Maggio 2010 da albertofraja

Mezza Italia ha dedicato strade, piazze, slarghi e strapuntini a Giordano Bruno, personaggio sul conto del quale sono state dette e scritte un mucchio di fesserie. Un po’ come nel caso di Galileo Galilei. E siccome io ai miei lettori eminentissimi voglio bene, nell’articolo che segue dirò la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità su codesto bischero.Che vi hanno raccontato a scuola? Che Giordano Bruno è stato un martire della chiesa brutta, sporca e cattiva, che lo hanno abbrugiacchiato come un porceddu sardo perché era un eretico impenitente, che povera creatura lui voleva la libertà di pensiero mentre i pretacci no e bla-bla, bla-bla. Balle. Prima di tutto va detto che Giordano Bruno non smise mai di dichiararsi nemico, lui monaco domenicano, della Chiesa, della dottrina e della Tradizione. Bel monaco, non c’è che dire. E badate, la sua eresia non consisteva tanto e soltanto nel dire che ci possono essere uomini anche sulle stelle (come oggi cercano di farci credere taluni suoi massonici estimatori) visto che, prima di Bruno, la stessa cosa era stata detta, tra gli altri, anche da San Tommaso D’Aquino. Neppure nel sostenere, fatto già più grave, che l’uomo non è diverso e dotato di superiore dignità rispetto agli animali oppure nel negare ogni differenza tra Dio e la materia, No, Bruno fece di più e di peggio: mise in pratica tali bislacche idee scrivendo commedie blasfeme, praticando apertamente la stregoneria e scrivendo trattati di magia operativa. E se permettete, queste cose un monaco non dovrebbe farle. Perché se proprio ti va di fare l’affatturatore, ti spogli dell’abito e cambi mestiere.Ma non è tutto. Quando un tizio scoperse tutte queste cose, Giordano lo prese alla gola e lo gettò nel Tevere. E quando s’accorse che l’aggredito era schiattato, si vide costretto a squagliarsela. Scappò all’estero, nella stracalvinista Ginevra, allora luogo di rifugio di tutti gli scomunicati d’Europa. Voi direte: a quel punto si diede una calmata. Manco per il cavolo.Combinò tanti di quei guai anche là che ne rimediò scomunica e condanna a morte (per inciso, si noti che nessuna autorità svizzera si è mai sognata di chiedere perdono - a chi poi? - per tale condanna alla pena capitale di Bruno). Vista la malaparata, il nostro fratacchione se la diede di nuovoa gambe e andò a chiedere ricetto alla corte inglese. Quivi, alle precedenti attività di stregone, truffatore e complottatore aggiunse anche quella di spia del re. Nobile attività che comportò la messa a morte di buona parte dei circa settantamila cattolici mandati all’altro mondo da quelle belle lane di Enrico VIII e la regina Elisabetta.Non è finita. I sovrani della perfida Albione, intenzionati a stringere un’alleanza con la Repubblica di Venezia per muovere guerra congiunta al Papa, gli affidarono l’incarico di arruffianarsi le autorità della Serenissima. Una volta a Venezia, Bruno si sistemò in casa del senatore Mocenigo che lo manteneva in cambio di lezioni di “arte della memoria”. Quando lo scoperse a letto con la propria moglie, però, il Mocenigo lo denunciò alle autorità, che furono ben felici di sbarazzarsene consegnandolo all’Inquisizione romana.La quale, beninteso, non lo processò così come da qualche secolo la vulgata va raccontando, ma lo consegnò all’autorità civile che si vide costretta a condannarlo a morte perché colpevole di stregoneria, avvelenamenti, eresia, omicidio, spionaggio per una potenza nemica e cospirazione contro lo Stato.Morale della favola: Giordano Bruno era un bischero, non un martire.

 
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