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Testamento Biologico!!

Post n°189 pubblicato il 10 Febbraio 2009 da pigna711971

   Riporto il testo pubblicato da Monica De Giovanni, lievemente modificato, come mio testamento biologico:

                                     
Una argomentazione del Vaticano per contrastare la decisione in merito alla sventurata Eluana Englaro fa leva sulla reversibilità delle decisioni. Ossia magari passato molto tempo uno potrebbe cambiare idea rispetto a quanto dichiarato anni prima come sua intenzione nel caso di gravissimo incidente che provocasse invalidità permanente accompagnata a stato vegetativo irreversibile ecc ecc.
Per fugare ogni dubbio in merito, così come feci all’epoca della vicenda di Piegiorgio Welby, riporto la mia posizione, in totale accordo con Broono, il mio blogger di riferimento (che non linko perché non so se sarebbe d'accordo, ma mi riservo di farlo su sua eventuale autorizzazione).
Perché desidero che sia chiaro che non ho cambiato idea di una virgola.
Così ribadisco qualcosa che, anche se sembra triste, è qualcosa che una volta nella vita, finché in stato di coscienza e lucidità, tutti dovrebbero fare.
Perché ha ragione il Cardinale Bagnasco quando dice che è assurdo che una vita finisca per sentenza.
Ma l’assurdo è che una sentenza sia necessaria: ciascuno dovrebbe poter disporre della propria vita - e delle propria morte - senza interferenze altrui, tantomeno di una Chiesa che magari l’interessato manco riconosce.
Quindi, qualora…
Staccate la spina.
E se non ve lo consentiranno inciampate nel filo.
E se non ve lo consentiranno fate lo sgambetto al medico facendolo cadere sul filo.
E se vi controlleranno a vista appoggiatevi al letto come per farmi una carezza e premete col gomito il tubicino della flebo il tempo necessario, una frazione di secondo, per formare nel flusso del liquido una piccolissima ma definitiva bolla d’aria.
E fatelo per me.
E fatelo sapendo che è quello che desidero.
E se in quel momento cortei di persone si metteranno a confondervi le idee inscenando veglie di preghiera per me, fottetevene.
E se decine di persone si incerotteranno la bocca per convincervi che solo Dio può decidere di togliermi la vita, dite loro di impegnare il loro tempo nei loro affari, nelle loro menate quotidiane, nell’educazione dei loro figli, nell’estinzione del loro mutuo, nel nascondere i loro scheletri.
Qualsiasi cosa basta che non si facciano i cazzi miei.
Non date loro la possibilità di farmi impersonare l’alibi per i loro errori.
Non permettete loro di interessarsi a me, perché quella che per loro è una battaglia ideologica (dello stesso valore della difesa della pelliccia delle foche), per me significherà sofferenza.
Non date loro la possibilità di firmare col mio nome il loro biglietto per il paradiso.
E se fior di teologi impegneranno i loro preziosi giorni in dibattiti televisivi il cui unico scopo è infilare il loro credo anche nella mia vita, nonostante io l’abbia spesa per tenerli al di fuori, impediteglielo con tutte le vostre forze.
Dite loro che non mi interessa il loro parere. Dite loro che non ho chiesto il loro aiuto.
Spegnetemi.
Non lasciate che la mia vita diventi merce di scambio o tema di pietosa/morbosa attualità.
Non condannatemi a guardare il soffitto di una stanza per il resto della mia vita.
E se per caso il dilemma riguardasse il fatto che l’eventuale malattia mi avrà tolto l’uso dei muscoli ma non quello della coscienza, se per caso il mio essere malato non riguarderà la lucidità mentale, allora sappiate che per me la sofferenza sarebbe doppia.
E se loro diranno che ancora sorrido, se diranno che non muovo più un muscolo ma il cervello ancora funziona, ancora di più combattete per spegnermi.
Perché per me la condanna sarà ancora più dura.
Perché vorrà dire che avrò la capacità di rendermi conto che sto vivendo quella che non sarà una vita.
E io quella vita non la voglio vivere.
E non titubate di fronte ai miei occhi.
Se vi troverete a dover interpretare il mio battito di palpebre, se dovrete scegliere se chiudendole avrò detto “Si” oppure “No” oppure “grazie”, sappiate che quelle palpebre staranno dicendo solo “basta”.
E se le chiuderò un’altra volta vi starò dicendo anche “per favore” oltre che “basta”.
E non fatevi scrupoli.
Sarà proprio il mio essere cosciente, il motivo per il quale dovrete scegliere di spegnermi.
Non obbligatemi a rendermi conto per uno, dieci, venti anni, che il mio mondo sarà circoscritto nell’area di un lenzuolo.
Non condannatemi a tanto. Quella sarebbe la vera sofferenza.
E se per caso non dovessi nemmeno essere cosciente, allora ancora di più, spegnetemi.
Perché amo chi mi starebbe accanto.
E alle persone che amo io non vorrei mai regalare anni di sofferenza.
E non mi interessa avere qualcuno che mi fa fare ginnastica per gambe che comunque non userò mai.
E non voglio che la fine della mia vita sia la fine anche della vita delle persone che amo.
Vivete.
Spegnetemi e vivete al posto mio.
Non voglio che il salotto di casa si trasformi in una stanza d’ospedale per il resto della mia vita.
Metteteci una mia foto, al massimo, e ricordatemi quando correvo, pattinavo, sorridevo, amavo.
E se per caso qualche pezzo di me dovesse risultare ancora utilizzabile, non esitate a regalarlo.
E quello che avanza riducetelo in polvere.
Perché io non sono un’anima che si porta in giro un corpo.
Io sono un corpo.
Io sono le mie mani, io sono il mio cuore, io sono i miei occhi.
E le mie mani sono cresciute toccando, scoprendo, graffiando... non possono vivere altrimenti.
E il mio cuore è cresciuto emozionandosi, scoppiando, rallentando, sanguinando... non potrebbe vivere altrimenti.
E i miei occhi marroni hanno visto il mondo, hanno pianto per amore, si sono gonfiati per l’emozione, hanno cercato la bellezza in ogni battito di ciglia... non vogliono altro.
E se io non sarò più in grado di portarli in giro per il mondo, che sia qualcun’altro a farlo.
Non togliete anche a loro la possibilità di vivere.
Non togliete al mio cuore la possibilità di amare, non impedite ai miei polmoni di respirare l’aria di mare, lasciate al mio fegato la possibilità di filtrare ancora qualche chilo di Nutella, del buon gelato, litri di Coca Zero.
E se ve lo consentiranno, regalate anche i miei capelli, perché siano ancora una volta accarezzati.
La mia vita serve solo a rendere onore a tutto questo.
Ha senso solo se potrò avere tutto questo.
E a tutti quelli che diranno che solo Dio dà la vita e solo Dio può toglierla, tu, mamma, fatti guerriero per me.
Perché a quanto ne so, la vita me l’hai data tu, non Dio.
E me l’hai regalata, non prestata: ora è mia.
E io voglio farne ciò che ritengo giusto per me, non per la Chiesa, non per la coscienza di cento, mille, centomila bigotti che domani, finita l’ennesima battaglia alla moda - a differenza di me - potranno andare al mare a nuotare, potranno tenere in braccio il loro figlio, fare l’amore e tutto ciò che secondo loro io dovrò solo immaginare da quel giorno in poi immobilizzata in un letto.
Nemmeno guardare.
Solo pensare.
Immaginare.
Ricordare.
Dio che condanna sarebbe...
Guardami quel giorno, se mai dovesse capitare.
Pensa a me, a tutte le emozioni grazie alle quali ho vissuto, alle mie storie d’amore, ai miei amici, al cibo, alle giornate al mare, ai Natali in famiglia, a quando ballavo da piccola, a quando ho pianto da grande, alle vacanze a Sharm, ai regali scartati, ai fiori comprati, alle battaglie combattute, alle paure sconfitte, alla chitarra malamente suonata, ai bei voti presi a scuola, ai vestiti che ti ho sempre fregato.
Guardami quel giorno.
E ricordati che per me, vivere, vuol dire tutto questo.
Vuol dire pelle d’oca, vuol dire sapori, vuol dire profumi, vuol dire emozioni.
E se ti diranno che l’espressione che vedi sul mio viso è un sorriso, e quindi coscienza, rispondi loro che no. Non è coscienza.
Quel sorriso, quel giorno, significherà soltanto ”Grazie”.
Grazie per quello che è stato.
E perché mi darai la possibilità di non soffrire più.
Quel sorriso sarà soltanto la certezza che tu, almeno tu, non mi costringerai a soffrire ulteriormente.
E per quel sollievo io sorriderò: perché saprò che almeno su di te potrò contare.
E perché saprò che la tua vicinanza significherà che quell’orrenda non-vita starà finalmente per finire.
Non mi abbandonare, quel giorno.
Fai quello per cui mi hai creato.
Fammi felice.
Dammi un bacio sulla fronte e spegnimi come mi hai acceso.
Con amore.
Non chiedo altro.

Questo è un testamento biologico.
Scritto e salvato su un server attraverso password che solo io conosco.
E secondo le nuove leggi che regolano internet, se non sbaglio, ha valore legale.

 
Rispondi al commento:
Utente non iscritto alla Community di Libero
Spiky il 11/02/09 alle 17:00 via WEB
Sono delle parole splendide, sappi che sono molto d'accordo con te. Sono capitata quì perchè cercavo su internet delucidazioni riguardo il testamento biologico, in particolare se è necessario affidarlo ad un notaio o posso darlo a una persona di fiducia. Bho penso che navigando troverò qualcosa di utile. Ciao
 
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