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Da "IL RIFORMISTA" pubblichiamo un fondo di Peppino Caldarola

Post n°47 pubblicato il 02 Febbraio 2010 da settimagenerazione

Appena sbarcato dall’aereo Silvio Berlusconi ha raccontato il suo sogno di vedere Israele far parte di una nuova Europa che rivendica le proprie radici giudaico-cristiane. Non poteva partire con parole più appropriate la solenne visita del premier, accompagnato da sei ministri, che culminerà con un discorso impegnativo domani alla Knesset. Prima di lui questo onore era stato riconosciuto solo a George Bush, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel. Dopo appena un giorno, successo assicurato per il Berlusconi medio-orientale.

 
Le relazioni italo-israeliane sono il fiore all’occhiello della politica estera del centrodestra. Per anni la sinistra italiana ha sottovalutato la svolta filo-israeliana del Cavaliere. Pochi scommettevano sulla sua durata, ancora meno sul suo spessore politico. Nessuno ha capito che si era anche creata una connessione sentimentale fra l’informalità della classe dirigente israeliana e l’imprevedibilità, che rompeva tutti gli schemi, del modus operandi del premier.

Venivamo da un’altra Europa, tutta paludata nel conformismo, in cui governi di sinistra e governi post-gollisti si barcamenavano fra dichiarazioni di solidarietà verso Israele e continue aperture di credito verso improbabili interlocutori palestinesi. Inattendibile quell’Europa, inaffidabile quell’Italia o viceversa.

Poi sono arrivati Sarkozy e la Merkel, soprattutto quest’ultima, a costruire una differente posizione europea e un approccio più realistico ai fatti medio-orientali. In mezzo c’era stato Bush impegnato a fronteggiare il terrorismo in Iraq e Afghanistan ma privo di proposte per l’area più cruciale del mondo.

Qui c’è stata la novità Berlusconi. Il premier ha prima degli altri occupato uno spazio vuoto nelle relazioni europee e occidentali di Israele, rompendone l’isolamento, e ha sempre tenuto la stessa posizione. In sedici anni ha costruito una tela fittissima nei rapporti con Israele fino a diventare il più grande amico dei governi di Gerusalemme. Nei suoi anni, in questi anni di berlusconismo dilagante, è persino cambiato l’orientamento di uno dei partiti cardine della destra politica italiana con la svolta filo-sionista di Fini e dei suoi colonnelli.

In poco tempo Israele, abituata alle doppiezze dei governi Dc (che ne proclamavano la difesa ma aprivano canali con un indifferenziato mondo arabo), e le incertezze di una sinistra che non ha mai voluto rompere neppure con i movimenti più estremisti dell’area palestinese, si è trovata di fronte un interlocutore serio che ne ha preso le difese in tutti i consessi internazionali anche nei momenti di maggiore difficoltà. Ecco perché l’arrivo di Berlusconi a Gerusalemme è stato salutato con calore dal governo, dalle forze politiche oltre che dall’opinione pubblica e dai giornali di tutte le tendenze.

La visita italiana si colloca anche in una stagione per tanti aspetti di vigilia in Medio Oriente. Se appare assai offuscata la leadership americana per le continue incertezze dell’Amministrazione Obama, non sono pochi i commentatori israeliani che si aspettano novità da Ramallah, dove governa Abu Mazen, e da quei governi arabi che sentono infastiditi il peso della pressione iraniana, cioè di un mondo mussulmano non arabo, sull’intero mondo arabo. L’amico italiano può svolgere in questo contesto un nuovo grande ruolo e Berlusconi non si è fatto sfuggire l’occasione.

L’intervista ad Haaretz, giornale israeliano liberal, ha consentito a Berlusconi di rivolgersi fraternamente agli amici di Gerusalemme invitandoli a lasciare le alture del Golan per favorire una pace con la Siria e a fermare gli insediamenti nei territori occupati per aprire un canale nuovo di dialogo con la parte moderata del mondo palestinese. Chi ha visto in queste parole una presa di distanza dal governo di Benjamin Netanyahu non ha letto per intero le frasi di Berlusconi che si è dissociato nettamente da quanti criticano la politica di colonizzazione con gli stessi argomenti degli estremisti arabi e ha invitato la Siria ad abbandonare l’appoggio alle organizzazioni terroristiche per favorire la pace. Il discorso sul Golan e sui territori, infatti, non cade in un ambiente israeliano che si rifiuta di ascoltare, soprattutto se i suggerimenti vengono da chi in sedici anni ha dimostrato di avere a cuore la sicurezza di Israele.

Il vero punto dolente delle relazioni bilaterali italo-israeliane è invece rappresentato dal dossier Iran. Berlusconi ha avuto parole chiare sul pericolo iraniano e di netta condanna delle ultime dichiarazioni dei dirigenti iraniani attorno alla Shoa e al progetto di distruggere Israele. Ma questo fa parte delle cose che gli israeliani conoscono già. Quello che Israele chiede all’Italia è un impegno a ridurre la cooperazione con il mondo degli ayatollah. Non a caso viene citato dagli osservatori l’esempio tedesco, in quanto la Merkel, per tener fede all’amicizia con Israele, ha ridotto l’interscambio con Teheran. Non stiamo tuttavia parlando di un generico dossier commerciale quanto di dossier politico-militari. Gerusalemme contesta all’Italia il contributo che Roma dà alla costruzione di un satellite attrezzato con strumentazioni per lo spionaggio che sta molto a cuore a Teheran, oltre che l’invio in Iran di velivoli militari dell’Aermacchi. La sessione degli incontri dedicata a queste materie sarà probabilmente la più spinosa e qui Israele non si accontenterà di belle parole ma chiederà impegni precisi.

Il probabile successo della visita in Israele di Berlusconi consegna alla sinistra italiana un problema in più. L’accoglienza che Gerusalemme ha riservato all’amico italiano e le parole di Berlusconi rivolte ad ammorbidire la parte arabo-palestinese costituiscono una novità con cui bisogna fare i conti. E forse, più che i conti, bisogna fare anche un'onesta autocritica. Aver privilegiato l’interlocutore arabo senza distinguere fra moderati ed estremisti e l’aver lasciato solo Israele nei suoi momenti più difficili della sua storia recente costituiscono i due buchi neri della politica estera del centrosinistra.

 
 
 

FRAANCIA NON AL BURQA, E L'ITALIA ?

Post n°46 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da settimagenerazione

Il ministro per le Pari opportunità: «Tempi brevi, il Pd collabori con noi»

Intervista alla Carfagna

ROMA
L’Italia come la Francia: mai più donne velate. E’ il ministro Mara Carfagna a promettere un provvedimento in tempi brevi: «Il velo integrale non è una libera scelta delle donne, ma un segno di chiara oppressione». Non ha dubbi, incertezze la ministra delle Pari Opportunità che vuole rendere «pari» anche le donne immigrate in Italia insieme al burqa.

Ministro, a quando una legge italiana per vietare il velo integrale?
«Spero che la decisione francese possa servire da spinta anche per l’Italia dove alla Camera in commissione Affari costituzionali si sta discutendo una proposta di Souad Sbai, presidente dell'Associazione Donne Marocchine in Italia e deputata Pdl, che va a modificare la legge 172 del 1975, che vieta l’uso di indumenti, come i caschi e i passamontagna, per esempio, che rendono impossibile l’identificazione delle persone. Occorre inserire burqa e niqab visto che la giurisprudenza negli anni, derogando dalla legge, li ha giustificati perché legati a pratiche devozionali».

Tempi lunghi...
«Mi auguro di no. Penso che, anche nell'ambito della legge sulla cittadinanza, ci saranno norme adeguate che vietino di indossare il burqa nei luoghi pubblici, e che magari si decida di negare la cittadinanza a chi costringe la moglie a velarsi. Solo così ci potrà essere vera integrazione».

Qualcuno potrebbe obiettare che il velo è un simbolo religioso come lo è per i cattolici il crocifisso.
«Non scherziamo. Sono cose imparagonabili. Il burqa non è un simbolo religioso, come hanno riconosciuto anche autorevoli autorità religiose dell’Islam, bensì un atto di sopraffazione dell'uomo sulla donna. Un modo, come dico spesso, per renderla una minorenne a vita. Vietare il burqa è un modo per aiutare le giovani immigrate a uscire dai ghetti dove vorrebbero costringerle».

Pensa di avere un appoggio trasversale in Parlamento? Sesa Amici, del Pd, ha già messo le mani avanti dicendo che non c’è fretta e bisogna procedere con prudenza e, soprattutto, senza nessuna preclusione ideologica, visto che tocca direttamente la vita intima delle donne...
«Sono d’accordo sulla prudenza per non provocare rivendicazioni identitarie. Ma credo che di fronte al dovere di tutelare le donne non ci possano essere divisioni politiche. E confido in quell’unità che ha permesso di varare le leggi sulla violenza sessuale e sullo stalking».

Anche nel Pdl qualcuno non sembra entusiasta dell’idea. Fabio Granata sostiene che è un falso problema che riguarda un numero irrisorio di persone in Italia.
«Anche se ne riguardasse una sola il problema esisterebbe, perché l’imposizione di burqa e niqab riporta indietro la lancetta dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese. E fino a che anche solo una donna dovrà accettare un matrimonio combinato, il velo o il potere assoluto del marito, non ci potrà essere integrazione».

Il burqa, è la conclusione del rapporto francese, offende i valori nazionali del Paese. E’ d’accordo anche per l’Italia?
«Sono d’accordo, se per valori nazionali si intendono le conquiste di libertà e di civiltà».

Se venisse varata la legge anti burqa anche in Italia potremmo avere un effetto paradosso, di donne che non saranno più prigioniere solo di un velo ma di pareti domestiche. Potrebbero, per esempio, rifiutarsi di andare anche in un ospedale. Come pensate di fare?
«In Francia il rapporto suggerisce l'adozione di una disposizione che “assicuri la protezione delle donne costrette” a indossare il burqa. Potremmo adottare una soluzione del genere anche noi e possiamo iniziare potenziando i centri di accoglienza che già accolgono e proteggono molte donne immigrate. Si possono fare molte cose. Si devono fare. Presto».

 

 
 
 

IL GIORNO DEDICATO ALLA MEMORIA

Post n°45 pubblicato il 28 Gennaio 2010 da settimagenerazione

L'Italia intera celebra con preghiere, mostre, spettacoli, le vittime dell'Olocausto nel Giorno della Memoria. "Ciò che è stato non abbia mai più a ripetersi", ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della posa della prima pietra del memoriale della Shoah alla stazione Centrale di Milano. Oggi è l'anniversario della liberazione di Auschwitz, che risale esattamente a 65 anni fa.

Sulla tragica ricorrenza è intervenuto anche il presidente della Camera Gianfranco Fini sottolineando che "ricordare l'orrore della Shoah è un dovere di tutte le istituzioni e di ogni cittadino".

Napolitano: l'insegnamento della Shoah
La Shoah è "una tragica esperienza carica di insegnamenti e di valori". Così Napolitano ha ricordato al Quirinale il massacro di milioni di ebrei. Questa pagina di storia "é ancora piena di insegnamenti", ha detto il presidente rivolgendosi in modo particolare ai giovani presenti all'iniziativa e dicendo di essere "confortato dall'aver ascoltato le riflessioni degli studenti sulla Shoah". Il capo dello Stato ha poi detto che i diritti dei popoli sono inalienabili e, tra questi, ci sono quelli del popolo ebraico e dello Stato di Israele a vivere in sicurezza. Napolitano ha anche fatto riferimento all'attualità e al difficile cammino verso la pace in Medio Oriente. Rivolgendosi poi al presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, Napolitano ha parlato della condivisione di "ideali comuni come la lotta per la libertà e per il pieno riconoscimento dei diritti dei popoli e in modo specifico del popolo ebraico e dello Stato di Israele a vivere in sicurezza". "Non chiediamo di meglio che trasmettere il testimone ai giovani a nome dello Stato", ha poi detto, con la voce rotta dall'emozione, rivolgendosi agli studenti presenti nel salone dei Corazzieri del Quirinale, teatro anche della cerimonia di consegna delle medaglie ai cittadini italiani deportati e internati nei laber nazisti.

Il Papa: inaudita efferatezza della Germania nazista
Benedetto XVI, al termine dell'udienza generale, ha voluto ricordare la celebrazione odierna del Giorno della Memoria parlando della "inaudita efferatezza della Germania nazista". Il Pontefice ha rievocato la liberazione del campo di Auschwitz e ha affermato: "Tale evento e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo
l'orrore dei crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista". "Si celebra - ha proseguito il Papa - il Giorno della Memoria in ricordo di tutte le vittime di quei crimini, specialmente dell'annientamento pianificato degli ebrei, e in onore di quanti, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida". "Con animo commosso - ha detto ancora Benedetto XVI - pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi disumani. La memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano più tali tragedie".

 

 
 
 

Le nuove politiche industriali

Post n°44 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da settimagenerazione

Una politica industriale nuova e ambiziosa, capace di rilanciare le imprese europee e in particolare quelle piccole e medie, puntando sulla green economy
Un sostegno alle Pmi che si fondi anche sulla razionalizzazione degli oneri burocratici, su amministrazioni pubbliche efficienti (si pensi ai ritardi dei pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione, particolarmente gravosi per le piccole e medie imprese) e su un maggiore uso delle procedure telematiche, come la fatturazione elettronica, per rendere più semplici i rapporti fra imprese e pubbliche amministrazioni. Dire no al protezionismo, ma combattere le delocalizzazioni.
Questa la ricetta della Commissione Ue, ed in particolare di Antonio Tajani, vicepresidente designato, responsabile per l'Industria e l'impresa, che è stata espressa nel corso dell'audizione del 18 gennaio di fronte alla Commissione Industria, ricerca ed energia del Parlamento Europeo a Strasburgo, in vista del voto di conferma che sarà espresso probabilmente il 26 gennaio prossimo, per individuare delle strategie anti-crisi specifiche per le Pmi.
“Le piccole e medie imprese sono la vera fonte di occupazione in Europa – ha affermato Tajani –l’elemento che consente che la crisi finanziaria ed economica non si trasformi anche in grave crisi sociale”.

 
 
 

Congresso UGL Sardegna

Post n°43 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da settimagenerazione

“Prima di tutto il lavoro”. Con questo slogan si è aperto a Cagliari presso Caesar’s Hotel, il primo congresso regionale dell’Ugl Sardegna. Ad aprire i lavori la relazione del segretario regionale Sandro Pilleri, che è stato eletto dall’assemblea alla guida del sindacato.
All’assise dell’Ugl erano presenti il sindaco di Cagliari Emilio Floris, il capo di gabinetto della presidenza della Giunta Regionale, Giandomenico Sabiu, il senatore Mariano Delogu, il segretario generale della Cgil Sardegna, Enzo Costa e Francesca Ticca segretaria generale Uil Sardegna.
“L’Ugl – ha spiegato Pilleri durante il suo intervento - aderirà allo sciopero generale della Sardegna con manifestazione a Cagliari, proclamato dalle altre sigle sindacali per il 5 febbraio, per chiedere aiuto a tutta la politica nazionale a far fronte alla grave crisi che sta colpendo il territorio. Auspichiamo in un vero piano di rinascita per la regione che ci permetta di superare l’handicap legato all’insularità, e quindi ai trasporti e al costo energetico, che penalizza le aziende della regione”.
 

 
 
 

il giorno di Niki Vendola

Post n°42 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da settimagenerazione

Le primarie di Puglia eleggono Nichi Vendola candidato del centro-sinistra per le elezioni regionali di marzo. L'esponente di Sinistra e Libertà (nella foto), nonchè governatore uscente, ha sconfitto il prescelto dal Partito Democratico Francesco Boccia in maniera secca: a Vendola è andato addirittura il 73% dei voti. Adesso la corsa per la carica di governatore della Regione Puglia vede tre sfidanti: Vendola, appoggiato in questa seconda fase anche dal Partito Democratico, Rocco Palese, candidato del Popolo della Libertà, e Adriana Poli Bortone, scelta dall'Udc. Il partito di Pierferdinando Casini ha così optato per una terza opzione, invece di sostenere Rocco Palese insieme al PdL. Dopo il successo Vendola ha dichiarato: "penso che nessuno debba sentirsi sconfitto in questa storia. Ora il tema sarà quello di un compromesso tra le tante forze che si riconoscono a sinistra e coloro che vivono nel segno della cultura moderata. Non solo i centristi, ma anche quelle porzioni di ceto medio che oggi sentono i risultati e le promesse ingannevoli del centrodestra e del PdL". Il Partito Democratico appoggerà Vendola. Ad ogni modo Pierluigi Bersani non chiude affatto la porta all'Udc per alleanze future: "resta davanti a noi la proposta di favorire la convergenza di tutte le opposizioni in un percorso di alternativa alla destra".

 

 
 
 

Parla il Cardinale Bagnasco presidente dela CEI

Post n°41 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da settimagenerazione

IL presidente dei vescovi italiani stigmatizza il fatto che in Italia "il confronto pubblico sia sistematicamente ridotto a rissa" e critica la "denigrazione reciproca" che arriva a "denigrare il paese intero". Uno scenario al quale non sono estranei i mass media, "da cui provengono a volte deviazioni e intossicazioni". Aprendo i lavori del consiglio permanente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco fa così appello ad un "disarmo duraturo tra schieramenti e gruppi". L'arcivescovo di Genova torna, con maggior forza, a chiedere alla politica e al mondo dell'informazione quel "disarmo" che già aveva esortato nei mesi scorsi. "La situazione interna - ha rilevato Bagnasco - ha continuato a surriscaldarsi fino all'episodio violento ed esecrabile che ha riguardato il Presidente del Consiglio. Maestri nuovi del sospetto e del risentimento - ha detto il porporato - sembrano talora riaffiorare all'orizzonte lanciando parole violente che, ripetute, possono resuscitare mostri del passato". "Ebbene - ha proseguito il numero uno della Cei - dobbiamo continuare a dare un contributo speciale come credenti su questo versante della riconciliazione degli animi, quale condizione irrinunciabile per un disarmo duraturo tra schieramenti e gruppi, in vista di una coesione effettiva tra i componenti dell'intera comunità nazionale". Il cardinale ha poi spiegato: "Non serve a nessuno che il confronto pubblico sia sistematicamente ridotto a rissa, a tentativo di dominio dell'uno sull'altro. Allo stesso modo è insopportabile concentrarsi unicamente sulla denigrazione reciproca, arrivando talora a denigrare il Paese intero pur di far dispetto alla controparte". Inoltre "anche i media", per Bagnasco, "non devono cadere nel sistematico disfattismo o nell'autolesionismo di maniera. Il giornalismo del risentimento che si basa, più che sulle notizie, sui conflitti veri o immaginati, finisce per nuocere anche alla causa per cui si sente mobilitato". Senza citare esplicitamente il caso Boffo, Bagnasco ha messo in evidenza, al riguardo, "una responsabilità precipua dei mezzi di comunicazione, da cui provengono a volte deviazioni e intossicazioni".

Ska

 
 
 

Da "IL RIFORMISTA" un fondo di Peppino Caldarola sulle primarie in Puglia

Post n°40 pubblicato il 25 Gennaio 2010 da settimagenerazione

È da qualche anno che i viaggi pugliesi di D’Alema portano il bagaglio della sofferenza. Anche questa settimana è iniziata così, con il leader pd costretto a battersi in ogni provincia per sconfiggere Nichi Vendola e portare alla vittoria Francesco Boccia. Il risultato delle primarie pugliesi farà capire se la lunga egemonia dell’ex premier sulla regione che ama è destinata a durare o si è infranta sugli scogli del vendolismo.L’identificazione fra D’Alema e la Puglia è stata una faticosa costruzione politica. Mandato in Puglia negli ultimi anni di Berlinguer, D’Alema venne accolto male dal gruppo dirigente del Pci locale. Napolitano lo aveva presentato ai comunisti pugliesi come un giovane promettente che avrebbe dovuto fare esperienza e lo affidò alle cure non propriamente amichevoli di una pattuglia di ex operai e di ex braccianti che guidavano l’organizzazione nella terra di Di Vittorio. Non gli diedero neppure un incarico di primo piano. Gli affidarono la “sezione stampa e propaganda” e la creazione di una tv locale da inserire in un network nazionale di partito. D’Alema si affezionò subito a una terra vicina a quella Basilicata da cui traeva origine la sua famiglia. Lavorò ventre a terra, trasferì a Bari la sua compagna Giusi Del Mugnaio, giornalista dell’Unità, e si fece amare dalla base del partito e da un gruppo di giovani militanti che poi anni dopo costituirono l’ossatura del suo potere. Divenne segretario regionale dopo un disastro elettorale che falcidiò i giovani dirigenti indigeni e dette subito una nuova impronta alla politica pugliese. Da Roma lo seguivano con simpatia e apprensione. Nilde Iotti chiedeva notizie di lui a Rino Formica che ne parlava bene. Nel volgere di poco tempo costruì una nuova rete di rapporti con il mondo dell’imprenditoria e con i gruppi politici. Il vecchio partito operaista e un po’ settario venne conquistato da questo leader freddo nelle relazioni umane ma capace di costruire un rapporto caldo con i militanti. Poi l’esperienza finì e D’Alema venne chiamato a Roma nella segreteria nazionale da dove cominciò la carriera che l’ha portato a essere un leader di primo piano. Molti al suo posto avrebbero abbandonato la terra di formazione. Non così D’Alema che scelse addirittura una provincia lontana, il leccese, e una contea elettorale “bianca”, Gallipoli, per rafforzare il suo legame con la Puglia anche per marcare la sua distanza con una Bari che gli era stata sempre ostile.

Dopo Moro è sicuramente il leader politico pugliese più rispettato, al centro di mille manovre, di molteplici relazioni e anche di un sistema di potere e di consenso personale impressionate. Le sue sfide pugliesi sono sempre state epiche. Nel 2001 lasciò il posto di capolista nel listino proporzionale (e designò il sottoscritto) per segnare la sua forza nel territorio. Berlusconi sbarcò nel Salento per liquidare la pratica D’Alema e costringerlo, come disse, con una sconfitta al ritiro dall’attività politica. D’Alema vinse contro tutti, alcuni dissero anche perché riuscì a convincere l’elettorato di destra e i suoi capi che lui era la migliore risorsa per la Puglia. Fino a Emiliano e Vendola le sue sfide pugliesi erano un po’ una lotta di pura supremazia. I suoi oppositori nazionali non riuscivano a trovare agganci in Puglia e il dalemismo era diventato un fenomeno politico con basi di massa: non solo leader indiscusso del maggior partito di sinistra ma un capo popolare che riempiva le piazze nei suoi comizi (ne faceva a decine della stessa giornata) alla cui corte si affollavano uomini dell’economia, intellettuali, politici di ogni tendenza.

Cinque-sei anni fa D’Alema sposa il populismo. Niente che lo riguardi direttamente, ma nel volgere di un anno, dapprima appoggiando la corsa di Michele Emiliano alla carica di sindaco di Bari poi (dopo averlo in un primo tempo osteggiato) Nichi Vendola nella gara con Raffaele Fitto, l’ex premier si mette in casa due convitati imbarazzanti e competitivi. Emiliano e Vendola rappresentano il contrario della sua politica. Due capi-popolo, con un ego persino maggiore di quello dalemiano, in grado di suscitare passioni e scosse nella pubblica opinione. Sia l’uno sia l’altro cercano sponde romane per reggere l’urto con il leader maximo. Emiliano più volte guarda a Veltroni. Vendola diventa la sponda preferita di chi a Roma spera di incrinare la leadership naturale di D’Alema in Puglia.

Il primo a scendere in campo contro Massimo è Michele Emiliano che cerca di guidare una fronda ma alle primarie per la segreteria regionale di partito viene battuto, di poco ma viene battuto. È il primo messaggio in bottiglia che annuncia una navigazione più procellosa nelle acque pugliesi dell’ex premier. Poi c’è la ribellione di Nichi Vendola. È la storia di questi giorni che si concluderà domenica.

Ma come è potuto accadere che un così lungo primato sia stato messo in discussione in modo tanto clamoroso? Probabilmente siamo di fronte a un logoramento del dalemismo che viene da lontano. In Puglia si consuma anche l’esperienza di una generazione di compagni di cordata, un vero clan, che non trova ricambi e che non ha portato a casa neppure grandi risultati. Il leader non ha costruito una vera corrente né ha improntato di sé il partito. Il dalemismo è stato una specie di network in cui sono confluite diverse opzioni politiche unificate dal mito del capo. D’Alema è stato un po’ il maresciallo Tito che teneva assieme la Croazia e la Serbia e tanto altro ancora, ma che non vedeva il fuoco sotto la cenere.

Un fuoco che veniva anche da una insofferenza di una parte dell’establishment locale e soprattutto di un certo mondo intellettuale verso al sua lunga egemonia. Più volte in questi anni D’Alema è stato costretto ascendere in campo prepotentemente e in prima persona per marcare il territorio, far fare carriera ai suoi amici, resettare quelli non allineati, promuovere o bocciare personale politico. Oggi si scontra con il “mostro” populista che, come un inesperto apprendista stregone, ha evocato. Nichi ha la stessa storia di D’Alema ma non ha la stessa cultura. Il primato di sé prevale sul primato della politica, è questa la cosa che lo distingue in modo particolare da Massimo. E in questa partita D’Alema parte svantaggiato mentre Nichi rafforza la sua connessione sentimentale con una certa Puglia. Molti voteranno Nichi per battere D’Alema, ma soprattutto D’Alema sta scoprendo che c’è un fenomeno Vendola che è irriducibile alla manovra politica anche alla più sapiente e ragionevole.
Se domenica perderà D’Alema, non solo probabilmente alle prossime regionali si perderà la regione Puglia, ma lo stesso esperimento del Pd sarà direttamente minacciato. Gli avversari nazionali di D’Alema troveranno un interlocutore in Vendola, i riformisti dovranno fare i conti con la seconda bruciante sconfitta (dopo quella del 2005) inflittagli dalla sinistra radicale e movimentista. Se D’Alema, cioè Boccia, vincerà il grande capo avrà messo all’incasso un’altra battaglia storica, ma dovrà prepararsi ad altri scontri. Il territorio ha ormai i confini fragili.

 
 
 

Delitto GARLASCO: Assolto Alberto Stasi con formula piena

Post n°39 pubblicato il 17 Dicembre 2009 da settimagenerazione

Assolto per un aver commesso il fatto. Rischiava 30 anni come unico indagato per l'omicidio della fidanzata, Chiara Poggi, studentessa universitaria assassinata il 13 agosto 2007. I genitori di Chiara: «Continueremo la ricerca della verità»

 
 
 

PDL presente, 7magenerAzione altrettanto.

Post n°38 pubblicato il 17 Dicembre 2009 da settimagenerazione

Parte l'avventura pdl a roccella Ionica. Con la campagna tesseramento 2009 avviata già sabato scorso in tutte le piazze italiane con l'allestimento dei gazebo, di fatto anche a Rocccella i simpatizzanti del centro destra hanno intrapreso il cammino che dal congresso di fondazione del partito nel dicembre dello scorso anno Silvio Berrlusconi  e Gianfranco Fini avevano avviato. A questo si aggiunge la notizia tanto attesa dagli abienti romani della ufficializzazione di Peppe SCOPELLITI quale  candidato per il PDL e quindi per il centro destra calabrese alla carica di governatore della Calabria. Ma tornando a Roccella è d'obbligo da parte di 7ma GenerAzione esprimere alcune valutazioni. 1° il pdl è senza ombra di dubbio il riferimento  naturale del movimento che rimane in ogni caso un fenomeno civico del tutto autonomo ed indipendente  rispetto alle opzioni politiche che verranno scelte in ambito regionale. Significa pertanto che la scelta di esperire in ambito prettamente locale percorsi  strategici  conseguenziali a programmi e uomini rimane ferma ed assolutamente indiscutibuile. Certo il pdl dovrà formulare anche in tempi regionevolmente prossimi programmi e proposte e in  questo caso  7ma GenerAzione non potrà che apportarvi il proprio contributo e la sua esperienza in sede amministrativa. 2° è necessario che all'interno dello stesso pdl si apra un confrontoi pacato e misurato con tutte le sue componenti che saranno senz'altro tante e variegate quantunque si tratti di un comune di settimila anime. 3° il movimento continuerà la sua attività approfondendo il suo dialogo civico con l'interà comunità partendo da un assunto imprenscindibile "Roccella prima di tutto" è e rimane la piattaforma politico amministrativa , quindi la sintesi di un impegno assunto con gli  elettori e la  cittadinanza che l'ha indicata  il 6 e il 7 giugno scorso per amministare la cosa pubblica.    

 
 
 
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Data di creazione: 25/05/2009
 

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