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Festival di Cultura Contemporanea organizzato dall'Associazione Fata Morgana ODV.
Maggiori informazioni su: Facebook nella pagina dedicata ad accenni di contemporaneo


 

GRUPPO DI LETTURA FATA MORGANA

Il Gruppo di Lettura Fata Morgana ha iniziato le sue attività nel novembre del 2014, esso si riunisce a cadenza mensile, solitamente di venerdì, presso la Biblioteca Comunale di Civitella d'Agliano ed è aperto a tutti e gratuito.

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Informazioni pratiche sul GdL "Fata Morgana"
Un gruppo di lettura permette a tutti i partecipanti di scambiare le opinioni e le emozioni suscitate dalla lettura del libro letto nell’arco del mese. Il gruppo di lettura è composto da persone che possono leggere, amano leggere, amano parlare di ciò che leggono o, molto più semplicemente, vogliono avvicinarsi alla lettura. Non sono critici, non sono esperti, solo appassionati di libri con il desiderio di mettere in rilievo le sensazioni e i pensieri che un libro suscita.
Il gruppo di lettura offre ai vari lettori la possibilità di avvicinarsi e magari di appassionarsi anche a generi letterari o autori diversi da quelli amati, con il rischio e la sfida alla non lettura di un genere che non ci appassiona. Come regola generale vale quella che chi non ha letto il libro scelto deve partecipare comunque all’incontro, proprio per permettere un confronto sul rifiuto o sulla valutazione negativa.
Il gruppo è sempre aperto, gli ospiti sono ben accetti, i nuovi iscritti anche.
La partecipazione è ASSOLUTAMENTE GRATUITA.

 

IL DECALOGO DEL GdL FATA MORGANA

1. Di norma ci si riunisce una volta al mese.
2. Cercare di arrivare sempre puntuali agli incontri.
3. Non si legge ad alta voce, ognuno legge per sé nel proprio tempo libero. Nel corso degli incontri mensili non vengono disdegnate comunque letture ad alta voce di passi del libro che hanno particolarmente colpito il lettore.
Cercare di leggere sempre il libro scelto anche se non piace, se no pazienza!
4. Tutti i membri del gruppo possono partecipare al dibattito. Nessuno è obbligato ad intervenire alla discussioni, ma è comunque gradito sentire il parere di tutti.
5. Tutti i membri del gruppo possono, di volta in volta, proporre dei libri da leggere. La norma vorrebbe che ogni partecipante al GdL proponga un massimo di tre titoli, la pratica dimostra però che non siamo mai riusciti a dire no ad un libro proposto.
6. Il libro da leggere durante il mese viene estratto a sorte dalla totalità dei titoli proposti nel corso degli incontri.
7. Si privilegia la narrativa, sia essa meno conosciuta o più importante dal punto di vista letterario. Si possono proporre libri che abbiamo già letto e vorremmo rileggere o libri che non abbiamo mai letto.
8. Tutti i membri del gruppo di lettura possono partecipare agli incontri con approfondimenti, appunti e note per analizzare al meglio il libro letto.
9. Si può partecipare agli incontri anche se non si è letto il libro.
10. Non è obbligatorio comprare il libro, si può anche prenderlo in prestito o procurarselo in biblioteca. Nella nostra zona segnaliamo come molto fornite e ben organizzate: la Biblioteca Consorziale di Viterbo, la Biblioteca Luigi Fumi di Orvieto ed il Sistema Bibliotecario del Lago di Bolsena.

 

 

« ¿QUIÉN MUERE? »

Un quadro osceno

Post n°115 pubblicato il 13 Gennaio 2007 da S_amara
 

di Robert Fisk* (The Independent)

No, non si tratta della malvagità dell’uomo impiccato. A differenza del traditore Thane di Cawdor nel Macbeth, Saddam Hussein non ha "mostrato un contrito pentimento" sul patibolo. Ci siamo vergognati in modo completamente prevedibile. O si è favore della pena di morte – che il condannato sia colpevole o innocente – oppure no. Questo è quanto.
Il linciaggio di Saddam Hussein – è ciò di cui stiamo parlando – si rivelerà uno dei momenti determinanti nel quadro di tutta la vergognosa crociata intrapresa dall’Occidente nel marzo 2003. Solo il presidente-governatore George Bush e Lord Blair di Kut al-Amara avrebbero potuto inventarsi in Iraq una milizia così brutale ed immorale da rendere il più spietato serial killer del Medio Oriente, morto impiccato, quasi una figura nobile, che denigra i suoi boia incappucciati per il loro deficit di virilità e che, negli ultimi secondi di vita rimasti, ricorda al criminale che gli dice "vattene all’inferno" che l’inferno oggi è l’Iraq.

"Nulla, nella sua vita, l’ha onorato come il modo con cui l’ha lasciata”, riferisce Malcolm riguardo l’esecuzione del traditore Thane di Cawdor nel Macbeth1. Oppure, come un mio caro amico di Ballymena [Irlanda del Nord, NdT] mi ha detto al telefono alcune ore più tardi, "il quadro nel suo complesso è stato atroce". Proprio così. In questo caso, mi associo alla voce del protestante dell’Ulster.

Saddam naturalmente non ha concesso alle proprie vittime alcun processo; i suoi nemici negli anni non hanno avuto la possibilità di esaminare le accuse a proprio carico; sono stati uccisi e accatastati in fosse comuni; non hanno ricevuto un foulard nero per impedire che il cappio bruciasse loro il collo durante le impiccagioni.

“Giustizia è stata fatta”, sebbene in modo crudele. Ma non è questo il punto. Il cambio di regime è stato attuato nel nome degli Usa, e l'esecuzione di Saddam costituisce un risultato diretto della crociata statunitense per un “nuovo” Medio Oriente. Stare a sentire in una conferenza stampa un generale americano in uniforme mentre, attraverso lusinghe e piagnistei, cerca di convincere il pubblico che i propri uomini fino all’ultimo momento, fino al trasferimento di potere ai killer di Muqtada al-Sadr, sono stati cortesi nei riguardi di Saddam, può essere apprezzabile solo ricorrendo all’umorismo più macabro.

In risposta, il meglio che i “nostri" ufficiali governativi iracheni sono riusciti a fare è stato predisporre un’"inchiesta" per scoprire come mai i telefoni cellulari sono entrati nella sala dell’esecuzione – non magari per identificare gli individui che hanno abusato di Saddam Hussein nei suoi ultimi istanti di vita. Una mossa tipicamente alla "Blair” quella del governo al-Maliki di andare alla ricerca di “spie” anziché dei criminali che hanno approfittato del proprio potere. E che, in qualche modo, l'hanno fatta franca; è stata diffusa una grande quantità di materiale stilato dai reporter della Zona Verde sulla reazione costernata del governo iracheno – come se al-Maliki non fosse al corrente di quanto trapelato nella camera d’esecuzione. I suoi ufficiali erano presenti, e non hanno mosso un dito.

Ecco perchè il nastro "ufficiale" dell’impiccagione è stato diffuso privo di audio – e cautamente sfumato. Il video è stato tagliato un attimo prima dell’esecuzione vera e propria; non per ragioni di buon gusto, bensì perché il governo iracheno democraticamente eletto – secondo le parole di Lord Blair il suo insediamento è stata una "sorprendente notizia per il popolo dell’Iraq" – sapeva fin troppo bene cosa il mondo avrebbe pensato dei terribili secondi che sono seguiti. Sulla scia delle menzogne di Bush e Blair – “le cose in Iraq stanno migliorando” – tutto doveva essere presentato come una solenne e doverosa esecuzione.

La cosa peggiore, forse, è che l’impiccagione di Saddam ha simulato, in una forma spettrale e miniaturizzata, lo stile delle brutali esecuzioni compiute durante lo stesso regime dell’ex rais. Anche il boia personale di Saddam ad Abu Ghraib, un certo Abu Widad, insulterebbe le proprie vittime prima di tirare la leva della botola. È qui che i carnefici di Saddam hanno imparato il proprio mestiere? A proposito, chi erano esattamente quei boia in giacca di pelle la scorsa settimana? Nessuno sembra essersi preoccupato di porre questa domanda. Chi li ha scelti? Gli amici miliziani di al-Maliki? Oppure gli americani che dall’inizio hanno gestito l’intero spettacolo itinerante, che hanno organizzato il processo di Saddam in modo da non permettergli in nessun caso di rivelare i particolari dei propri legami con tre amministrazioni Usa – portandosi così nella tomba i segreti della feroce e longeva alleanza militare Baghdad-Washington?

Non porrei questo quesito se non fosse per lo shock provato visitando Abu Ghraib dopo la “liberazione dell’Iraq” e incontrandovi l’ufficiale medico superiore iracheno incaricato dagli Stati Uniti. Quando le sue guardie del corpo si sono distratte, mi ha confessato di essere stato anche l’“ufficiale medico” superiore quando, sempre ad Abu Ghraib, i prigionieri di Saddam venivano torturati a morte. Non c’è da stupirsi che i nostri “nemici-diventati-amici” si stiano trasformando di nuovo in nostri nemici.

Ma non si tratta solo dell’Iraq. Più di 35 anni fa, mio padre mi stava accompagnando a casa da scuola quando la sua modernissima radio trasmise la notizia dell’impiccagione all’alba di un uomo, mi pare a Wormwood Scrubs [prigione londinese, NdT]. Ricordo l’espressione di sacralità sul viso di mio padre quando gli chiesi se fosse giusto. "È la legge, ragazzo", disse, come se siffatte crudeltà fossero immutabili. Eppure, si trattava dello stesso padre che, da giovane soldato durante la Prima Guerra Mondiale, fu minacciato di dover affrontare la corte marziale per essersi rifiutato di ordinare al plotone di esecuzione di giustiziare un suo coetaneo soldato australiano.

Forse solo gli uomini più anziani, accorgendosi ormai dei propri limitati poteri, traggono piacere dalle prerogative dell’esecuzione. Più di dieci anni fa, l’allora Presidente libanese Hrawi (ora deceduto) e l’allora Primo Ministro Rafiq Hariri (assassinato nel febbraio 2005) firmarono gli ordini di esecuzione di due giovani uomini musulmani. Uno di loro, preso dal panico nel corso di una rapina a nord di Beirut, aveva sparato a un cristiano e alla sorella. Hrawi – secondo le parole di uno dei suoi massimi ufficiali di sicurezza a quel tempo – “voleva mostrare di essere in grado di impiccare dei musulmani in una zona cristiana”. Ha ottenuto ciò che voleva. I due uomini – uno dei quali non si trovava nemmeno nella casa durante il furto – furono accompagnati per essere pubblicamente giustiziati accanto alla strada principale che collega Beirut a Jounieh; alla vista dei loro boia svenirono dalla paura, mentre l’alta società cristiana, di ritorno dai night club con le ragazze in minigonna, si fermava per godersi lo spettacolo.

A quel tempo suggerii, con notevole disappunto da parte di Hrawi, che dovesse diventare un punto fermo della vita notturna di Beirut: quelle frequenti impiccagioni pubbliche lungo la Corniche mediterranea avrebbero attirato ulteriori decine di migliaia di turisti, soprattutto dall’Arabia Saudita – dove è possibile osservare la bizzarra decapitazione solo durante le preghiere del venerdì.

No, non si tratta della malvagità dell’uomo impiccato. A differenza del Thane di Cawdor, Saddam non ha "mostrato un contrito pentimento" sul patibolo. Ci siamo vergognati in modo completamente prevedibile. O si è favore della pena di morte – che il condannato sia colpevole o innocente – oppure no. Questo è quanto.

1. Macbeth, Atto I, Scena IV (NdT)

* Robert Fisk vive a Beirut da trent'anni. Scrive per 'The Independent' e collabora con il sito Counterpunch. Corrispondente dalla capitale libanese per il quotidiano britannico, è uno dei più autorevoli esperti di questioni mediorientali. Ha intervistato tre volte Osama bin Laden.

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Fonte: The Independent
Traduzione a cura di Arianna Ghetti per Nuovi Mondi Media

 
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Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà. All’esistenza di orrendi palazzi sorti all’improvviso, con tutto il loro squallore, da operazioni speculative, ci si abitua con pronta facilità, si mettono le tendine alle finestre, le piante sul davanzale, e presto ci si dimentica di come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa, per il solo fatto che è così, pare dover essere così da sempre e per sempre. È per questo che bisognerebbe educare la gente alla bellezza: perché in uomini e donne non si insinui più l’abitudine e la rassegnazione ma rimangano sempre vivi la curiosità e lo stupore.

Peppino Impastato
(cit. dal film "I cento passi")

 

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