Creato da ilRediBastoni il 16/01/2006

Coperte di Carta

corte, sottili, frangibili... in una parola inadeguate

 

il gioco dei desideri colorati

Post n°360 pubblicato il 19 Settembre 2009 da ilRediBastoni

… mi domandò se avevo voglia di farlo, quel gioco. Risposi che avevo voglia, e lei mi spiegò le regole.

> Si esprimono tre desideri. Due devono essere dichiarati, il terzo può rimanere segreto. http://www.stanford.edu/class/linguist34/Unit_13/graphics/colors_alcohol.jpgPerché i desideri si realizzino devono avere un colore.
- Un colore?
> Si, è una regola del gioco. Per potersi realizzare i desideri devono essere colorati

Giusto. Finalmente capivo cosa c’era di sbagliato, con i desideri che avevo espresso fino a quel momento, nella mia vita. C’era questa regola e nessuno me l’aveva detta.

> Dimmi i tuoi desideri

Di solito non sono capace di rispondere alle domande sui desideri. Non sono capace o non ne ho voglia. Che poi è praticamente la stessa cosa.
Confessare anche a se stessi, i propri desideri – quelli veri – è pericoloso. Se sono realizzabili, e spesso lo sono, dichiararli ti mette di fronte alla paura di provarci. E dunque alla tua vigliaccheria. Allora preferisci non pensarci, o pensare che hai desideri impossibili, e che è da adulti non pensare alle cose impossibili.

Quella notte risposi subito:

- Da ragazzino dicevo che avrei voluto fare lo scrittore.
> Bello. Che colore è questo desiderio?
- Blu, direi.
> Che blu?
- Blu. Non so.

Lei fece un gesto di impazienza con la mano , come una maestra che ha a che fare con un allievo un po’ ottuso. Poi si alzo, uscì dalla cucina e ci ritornò un minuto dopo, con un libro. Il grande atlante dei colori , si intitolava.

> Ci sono duecento colori, qui. Adesso scegli il tuo desiderio.

Aprì il libro alla prima pagina dei blu. C’erano tantissimi quadratini con le sfumature più incredibili. Sotto ciascuno, i nomi. Alcuni non li avevo mai sentiti, e non conoscendone i nomi non li avevo mai nemmeno visti. Le cose esistono solo de hai le parole per chiamarle, mi dissi mentre cominciavo a sfogliare.
Blu di Prussia, blu turchese, ardesia, azzurro cielo profondo, blu lavanda provenzale, blu topazio… fiordaliso. Tanti altri.

> Non bisogna essere approssimativi, altrimenti i desideri non si avverano. Scegli il colore esatto del tuo desiderio.

Ci pensai ancora solo qualche secondo.

- Indaco è il colore esatto.

Lei annuì, come se fosse quella la risposta che si aspettava. La risposta giusta.

> Secondo desiderio.

Adesso diventava più difficile, ma anche qui non ebbi esitazioni.

- Vorrei avere un figlio. Al momento direi che questo addirittura più irrealistico del primo.

Mi guardò con un’espressione strana. Non stupita, però. Come se si fosse aspettata anche quella risposta.

> E questo che colore è?

Sfogliai il libro, poi lo richiusi.

> Tanti colori, tanti.

Questa volta non insistette perché dicessi il colore esatto e non fece commenti. Mi piaceva che non facesse commenti. Mi piaceva quella naturalezza, mi piaceva che fosse tutto esattamente al suo posto, in quel momento.

> Il terzo.

- Hai detto che uno dei desideri può rimanere segreto
> Si.
- Questo è quello segreto.
> Va bene. Ma devi dire lo stesso il colore, anche se il desiderio è segreto

Giusto. Il desiderio è segreto, non il colore. Ok. Presi l’atlante e lo aprii alla sezione dei rossi.
Vino, cinabrese, vermiglio, cremisi, rosa polvere, petalo di rosa rossa, corallo moderno, rosso neon, …rosso scuro, porto.

- Cremisi, direi cremisi. Adesso tocca a te.



- E il terzo?
> Anche il mio terzo è segreto.
- E il colore qual è?

Lei non disse niente, sfogliò l’atlante fino alla sezione dei rossi e il mio cuore accelerò dolcemente.

da "Ragionevoli dubbi" di Gianrico Carofiglio

 
 
 

... questione di punti e di accenti

Post n°359 pubblicato il 10 Settembre 2009 da ilRediBastoni

Era tanto che non venivo assorbito così intensamente dalla lettura. Di solito non leggo molto, soprattutto d'inverno.
Come le formiche accumulo libri nella stagione invernale per consumare le scorte quando fa caldo.
E a dire il vero era un po' che non mi davo alla lettura con tanto trasporto.
In molte cose faccio così. Nella musica attraverso periodi in cui rifiuto l'ascolto dei CD per sentire solo la radio, per lo più in auto. Alla televisione è difficile che veda la terza edizione di un qualunque programma.
Così, anche per i libri, mi capitano fasi alterne.
In questo periodo casualmente ho scoperto un nuovo filone della narrativa italiana, a me pressoché sconosciuto.
Di ritorno dalle vacanze in sardegna mia sorella, a cui restituisco finalmente l'eleganza del riccio, mi consegna una busta piena di libri. Una quindicina. Non sono uso sceglierlo per il colore della copertina come pare da un'indagine di mercato faccia la stragrande maggioranza degli acquirenti (la copertina al massimo può colpire l'occhio ma per me è il titolo quello che ahttp://www.televisionando.it/img/emilio-solfrizzi_avvocato-guerrieri.jpgttrae maggiormente). Per cui, dopo una selezione di alcuni minuti mi ricasca, non proprio entusiasticamente, lo sguardo sul sottotitolo una notte a Bari. Leggo la trama. Capisco che forse la storia è scopiazzata da sceneggiature cinematografiche come quella del film tutto in una notte. Alla fine prendo il libro per cominciare a leggerlo, con un certo velo di scetticismo.
Ed invece scopro un autore arguto, sarcastico, che con quella storia mi dà la possibilità di conoscere meglio una città bella e particolare come lo è Bari, frequentata da giovane solo nelle sue direttrici centrali.

Il libro termina dopo qualche giorno e mia sorella mi fa capire che non è il best seller di quell'autore, bensì debbo comprare ragionevoli dubbi, quello che sto per finire ora.
Non so se vi capita. A me è già successo. Leggendo alcune trame, alcuni autori - vuoi per la scorrevolezza dello scrivere o per l'affinità dell'esprimersi - ci si immerge così tanto nella storia che sembra quasi di viverla a fianco del protagonista, dell'avvocato Guerrieri.
E la storia, soggetto di alcuni film tv, ti prende così tanto da farti venire voglia di andare in tribunale a vedere un processo vero, con testimoni, giudici ed imputati in carne ed ossa.
Si, dovrò trovare il modo di fare questa esperienza... per vedere se davvero esistono avvocati come lui.

:)

il Re-censore

 
 
 

... e

Post n°358 pubblicato il 08 Settembre 2009 da ilRediBastoni

QuinDI?

 
 
 

this, my friend...

Post n°357 pubblicato il 02 Settembre 2009 da ilRediBastoni

Il grande attore di teatro aveva appena concluso la sua ultima rappresentazione, offrendo come sempre il meglio di sé in un afoso pomeriggio estivo.
 
Oramai erano quattro anni che l'opera andava in scena.

G. ricordava ancora con grande emozione la prima. A dire il vero tutto il primo anno era stato stupendo. Così il cartellone aveva previsto fino a quattro repliche settimanali, sempre molto differenti l'una dall'altra. http://koikoikoi.com/wp-content/uploads/2008/12/covertheend1.jpg

Per G. erano rappresentazioni sempre diverse. Ogni volta che saliva sul palco ed interpretava il suo personaggio - lo chiamava il Sé - sentiva sempre di impersonarlo meglio.

Non c'era uno spettacolo uguale al precedente. Stessa intensità, stesso trasporto, stesse profonde emozioni nelle viscere da far scaturire gesti e dialoghi quasi automatici.

Niente di meccanico, niente di calcolato.
Si, il canovaccio era lo stesso, ma tutto veniva fuori con una tale naturalezza da potersi considerare autentico episodio della commedia della vita, con tutte le sue imperfezioni ed i suoi impercettibili difetti.

Ora, trascorsi tre anni, tutto era cambiato.
Il palinsesto si trascinava stancamente, replica dopo replica, sul palcoscenico come nella vita. Senza più entusiasmo.
 
L'Arte, che aveva sempre spinto G. verso nuovi traguardi e sogni irrangiungibili, si era stancata anch'essa, divenendo umorale e poco ispiratrice.

Dopo il susseguirsi di nuove stagioni in cui lo spettacolo aveva subito ritocchi ed ammodernamenti, era giunto il tempo di chiudere le scene, di dichiarare il capitolo come definitivamente concluso.

Si voltava pagina.

:))

ilRed-gray

 
 
 

...avanti tutta, indugiando sui particolari

Post n°356 pubblicato il 26 Agosto 2009 da ilRediBastoni

Leggendo un libro nella metro rimango colpito da una singolare teoria.
L'autore, per il tramite della voce narrante, si chiede quale sia stata nella sua vita la direzione prevalente.
Nord? Ovest? Oppure Sud-est?

Io non ho vissuto come lo scrittore nella stessa città di nascita, e mi trovo in difficoltà ad individuare una direzione predominante.

Come intuirla?
Dalla esposizione delle finestre e dei balconi nelle case abitate? http://farm4.static.flickr.com/3118/2288602456_8d5051d04e.jpg?v=0
Dalla posizione di tavoli, letti e scrivanie?
Ad un'apolide come me, che ha girato per l'Italia in lungo e in largo, risulta davvero complicato capire quale sia la direzione da intraprendere che offre sempre maggiori garanzie.

Di dicuro, ad una domanda sipposta non saprei rispondere.

Potrei concludere, però, che ho cercato sempre di guardare avanti.

In macchina era una scelta obbligata per non stare male. Guai a distrarsi, soprattutto lungo le tortuose strade del Gargano. Tanto che riesco ad avere il pieno controllo del mio stomaco poco tollerante solo da quando sono io a guidare l'auto.
Sarà da qui, forse, che parte la mia naturale voglia di cercare sempre qualcosa più in là. Di spostarsi sempre più avanti, anche a velocità ridotta.

Guardare avanti dicevo, e guardare con attenzione.
Forse perché sono miope, per cui ho bisogno di osservare le cose da molto vicino. Per poterne percepire la sostanza e non accontentarmi dell'involucro.

:)

il-Re-inmoto

 
 
 

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