AD MINCHIAM

Giornata festiva


C'è la strada inondata dal sole, il sole contro natura, il sole impostore del consueto novembre; amo la strada ma non amo questo sole, così me ne resto in casa e aspetto che il mondo venga a farmi visita e poggi il suo pesante fardello di sguardi e odori sulla pelle screpolata della mia poltrona più comoda, quella che di solito si riserva all'ospite di riguardo. C'è la strada inondata dalle canzoncine della gente che è allegra o che è pagata per cantare; la sera precipita alle persiane nell'istante stesso in cui la strada diventa un'altra cosa, torna sensibile agli interrogativi e si prende cura degli insonni. Allora scendo e la osservo allontanarsi fino all'alba, il sole non la squarcia più e la nebbia la protegge dagli occhi dei curiosi. Cammino tra pozzanghere, divieti di sosta, attribuisco ad ogni crepa dell'intonaco un volto e una storia da raccontarmi il giorno dopo per potermi meravigliare, mi riparo per un poco in qualche antro alcolico-fumoso e ascolto il futile divenire cardine delle esistenze degli avventori, mi compiaccio della gentilezza posticcia di chi serve da bere, conto tra i cerchi delle occhiaie delle cameriere il numero di complimenti poco graditi che ognuna di loro ha dovuto assecondare, pago ed esco; ancora sulla strada, cammino alla rovescia col passo svelto, tra poco il sole tornerà. Ho una poltrona comoda che aspetta di essere occupata e non è cortese far attendere gli ospiti.