Creato da: arrivialnerocancello il 21/04/2008
AG. 0

Area personale

 

FACEBOOK

 
 

PAROLE

Ci sono parole che non significano nulla. Ci sono parole che esprimono sentimanti. Ci sono parole che fanno capire le cose. Ci sono parole che propongono uno scambio. Ci sono parole false. Ci sono parole che non vorresti mai sentire.

Ci sono parole incomprensibili. Ci sono parole in altre lingue. Ci sono parole che informano. Ci sono parole vuote. Ci sono parole stupende, ma che dette da qualcuno perdono il loro valore. Ci sono parole inutili.

Ci sono parole timide. Ci sono parole che stentano a venir fuori. Ci sono parole che si dicono troppo in fretta. Ci sono parole senza significato. Ci sono parole importanti. Ci sono parole che si dicono, ma non se ne si sa il significato.

Ci sono parole pesanti. Ci cono parole in russo. Ci sono parole in italiano.

Ci sono parole che assumono significati diversi a seconda di chi le pronuncia. Ci sono parole forti. Ci sono parole che mettono di buon umore.

Ci sono parole dette al telefono. Ci sono parole che fanno piangere. Ci sono parole che messe in rima, formano una poesia.

 

Ci sono sguardi che valgono più di mille parole. C'è un sentimento che cresce giorno dopo giorno. C'è un cuore che batte.

 

Ci sei tu.

 

LA PHOTO

L'infinito ricorderà il di della foto
quando, di nero vestita ti mettesti in posa
i tuoi occhi e il tuo sorriso, come fior di loto
sbocciaron e illuminaron perfin la sposa.
D'un tratto dal buio e dal rumore
un centesimal silenzio piombò d'improvviso
un click del mio cuor pieno d'amore
un flash illuminò l'intero tup viso.
Eruttante di luce, come fossi stella
con un fil di voce ti dissi:" Bella! ".

I tuoi occhi dal castano al verde
che per forma non trovai in mille gatte
e la chioma che nella notte si perde
le lucide labbra tue di rosa nuvola fatte.
E diamante nel perfetto tuo sorriso
e diamante nel solco dividente,
il verde di castano intriso
dal bianco che come di spada fendente
l'ardor del mio cuor accende all'improvviso
dalle labbra il fuoco del sorriso.

Dai lobi tuoi appena ammiccanti,
oggetto di ilare mistero
perle oro e gemme accecanti
dan il via al corpo, focoso maniero.
Fonte di ardor fremente
dalle mie labbra più volte baciato
unico confin tra corpo e mente
il collo tuo, vulcano venerato.
Atrio per le tue parti più formose
che, ahimè, dalla foto posso solo ricordar come rose.

Dal castano-verde alla mirabie cascata color bianco,
mi sorprendo a confessar che null'altra vorrò al mio fianco. 

 

 

 
« capitolo 10capitolo 23 »

capitolo 11

Post n°22 pubblicato il 13 Febbraio 2011 da arrivialnerocancello

Avevo perso qualcosa.
Andreè mi disse che dovevamo partire.
Bisognava tornare là, dove tutto era iniziato.
Ero sicuro, in cuor mio, che il mio capo sbagliava.
Ma era il boss. Guai a disubbidire a chi ti sfama.
Una mattina presto ci incamminammo.
Tutta la fattoria si alzò all'alba per vedere partire la famiglia di Andreè, Victor e il sottoscritto. Gli altri braccianti augurarono alla compagnia un buon viaggio. E dopo gli inchini del caso  tutti i riti antecedenti alle partenze, eravamo già sulla strada maestra, diretti al fiume dov mi ero svegliato alcuni mesi prima.
Nelle lunghe notti precedenti, Andreè continuava a chiedermi se ricordavo cosa era successo prima del mio risveglio.
Io, gli dissi più volte che la mia amnesia perdurava.
Ma lui insisteva:"Sei sicuro che non avessi nulla con te?"
"Non credo!"
"Sarebbe molto importante che tu e ne ricordassi, James. Ne va del destino di molta gente!"
Non capivo a cosa si riferisse.
Beh, naturalmente aveva ragione lui!
Nelle notti prima della partenza avevo iniziato ad avere incubi. Sognavo talmente forte che, a volte, mi usciva il sangue dal naso.  Mi svegliavo sudato, infreddolito. Tremante come di febbre.
A volte ero talmente sudato che la branda, sulla quale dormivo, era completamente zuppa e fradicia.
Mal di testa.
Era come se dal mio cranio dovessero uscire delle punte arroventate.
Mi sentivo come se il cervello avesse voluto uscire da ogni poro della mia fronte.
Sognavo sempre più spesso le foreste. Una vegetazione fitta, lussureggiante. Verde in ogni direzione.
Erba.
Pinete di conifere.
Latifogli ovunque.
E acqua. Pioggia.
Nel sogno avevo sete. Correvo per le conifere lungo un piccolo dirupo, cercando il grande fiume. Sapevo che era alla fine del mio viaggio.
Sete.
Umidità nel verde.
E io correvo fino a quando, udivo il fragore incessante del letto del fiume. Ci arrivavo di corsa, ma prima di potermici specchiare, mi svegliavo in un oceano di sudore.
Ricordavo tutto molto chiaramente.
Un'unica immagine mi risultava oscura. Sapevo che poco prima del brusco risveglio, nel sogno, mentre mi specchiavo nel fiume, annichilito dalla sete, riuscivo a vedere una piccola parte di me. Quel momento, forse assolutamente senza senso, non mi era dato di ricordarmelo.
Andreè diceva che se avesssi ricordato quel punto forse avrei abbandonato il mio stato di smemorato.
Comunque, stavamo partendo in vista di quel ponte franato dove pochi mesi prima mi svegliai.
Sulla strada, lasciata la fattoria, mi sentivo osservato ma non dalla mia nuova famiglia. Uno sguardo distante. Guardingo. Come se qualcuno, dal monte dietro di noi mi stesse seguendo con lo sguardo. Che strana senzazione!
Dovemmo attraversare la città. Ricordando i posti dove per la prima volta vidi Vincent e Condra. Io con lòe mie belle bretelle verdi e gialle.
Arrivammo a tarda notte nel punto che mi fece da giaciglio. C'erano ancora vaghi resti di quel così poco ordinario letto. Dormimmo.
Ancora quel sogno.
Correvo nel verde, sete.
Poi il fiume e nel momento in cui riuscivo a specchiarmi mi svegliavo.
Ma stavolta fu diverso. Quella notte, così vicino al fiume che mi portò in questo mondo, avevo la netta senzazione che, nel sogno, non ero un uomo. Ero una bestia.
Un animale assetato.
E un altro particolare: prima di svegliarmi, ero riuscito a specchiarmi. Avevo visto.
Corna.
Come di Bodex ma più lunghe. Rosse, sanguigne e appuntite.
Sete, corsa, fiume e corna. 
Non feci in tempo il giorno dopo a parlarne con Andreè, che partiti molto presto raggiungemmo la riva del rigagnolo, sotto il ponte caduto in rovina da tempi immemori.
Il mio capo diceva che doveva essere in quel posto. Ma nessuno di noi sapeve cosa stava cercando.
L'avremmo scoperto solo quando lo trovammo.
Esattamente nel punto in cui io mi ero svegliato, c'era una piccola tasca di pelle marrone, legata la una corda anch'essa di pelle, ma più chiara. I due lacci erano rotti. Forse l'avevo addosso e mi era caduta.
Credo fosse andata proprio così.
Restava il mistero di come Andreè sapesse di quel piccolo oggetto, celato perfino ai miei ricordi.
Andreè prese in mano il fagottino. Lo aprì. Fece segno di si con la testa e abbozzò un sorriso.
Aveva una strana luce negli occhi. Un lampo quasi famelico, quasi di pazzia.
Sorrise a denti stretti. Strinse i pugni come se avesse trovato il bandolo della matassa.
Lui era l'unico di noi che dava il viso all'argine. Alzò lo sguardo verso l'argine che divideva il fiume dalla piccola foresta di rovi, prima della strada. Sorrise.
Tutti noi ci girammo all'unisono, per vedere a chi il grande capo, proprietario del più grosso allevamento di Bodex e Fener della regione, aveva sorriso.
Una figura alta si stagliava sopra di noi.
Un uomo incapucciato. Non vidi quel giorno la sua faccia, ma scorsi un grosso ciuffo corvino che gli copriva per metà il volto.
Hallow ci aveva seguito.
L'assassino, il reietto, l'abominio fatto uomo era sopra di noi.
Ci guardava.
Mi guardava.
Sorrideva.
Nessuno fece un passo. Nessuno indietreggiò.
Lo fissai, come lui fissava me.
Percepivo il suo sguardo.
Sguardi diversi: il mio carico d'odio, il suo quasi riconoscente.
Andreè aprì con facilità la piccola saccoccia che teneva in mano, attento a non rompere quello che conteneva.
Aprì la mano e con l'altra fece scivolare fuori quello che il sacchetto conteneva.
Sorrideva.
Terra. Un centinaio di piccoli semi gli scivolarono in mano.
Semi.
Cosa c'entravano quei semi con me?
Perchè facevo quel sogno?
Verde, sete, fiume e corna.
Chi ero io?
E sopratutto chi era l'upmp che come un avvoloio mi guardava da sotto il suo mantello, e cosa Diavolo aveva a che fare con me e con la mia vita?
Terra. Semi.
Corna.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963