Creato da: arrivialnerocancello il 21/04/2008
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PAROLE

Ci sono parole che non significano nulla. Ci sono parole che esprimono sentimanti. Ci sono parole che fanno capire le cose. Ci sono parole che propongono uno scambio. Ci sono parole false. Ci sono parole che non vorresti mai sentire.

Ci sono parole incomprensibili. Ci sono parole in altre lingue. Ci sono parole che informano. Ci sono parole vuote. Ci sono parole stupende, ma che dette da qualcuno perdono il loro valore. Ci sono parole inutili.

Ci sono parole timide. Ci sono parole che stentano a venir fuori. Ci sono parole che si dicono troppo in fretta. Ci sono parole senza significato. Ci sono parole importanti. Ci sono parole che si dicono, ma non se ne si sa il significato.

Ci sono parole pesanti. Ci cono parole in russo. Ci sono parole in italiano.

Ci sono parole che assumono significati diversi a seconda di chi le pronuncia. Ci sono parole forti. Ci sono parole che mettono di buon umore.

Ci sono parole dette al telefono. Ci sono parole che fanno piangere. Ci sono parole che messe in rima, formano una poesia.

 

Ci sono sguardi che valgono più di mille parole. C'è un sentimento che cresce giorno dopo giorno. C'è un cuore che batte.

 

Ci sei tu.

 

LA PHOTO

L'infinito ricorderà il di della foto
quando, di nero vestita ti mettesti in posa
i tuoi occhi e il tuo sorriso, come fior di loto
sbocciaron e illuminaron perfin la sposa.
D'un tratto dal buio e dal rumore
un centesimal silenzio piombò d'improvviso
un click del mio cuor pieno d'amore
un flash illuminò l'intero tup viso.
Eruttante di luce, come fossi stella
con un fil di voce ti dissi:" Bella! ".

I tuoi occhi dal castano al verde
che per forma non trovai in mille gatte
e la chioma che nella notte si perde
le lucide labbra tue di rosa nuvola fatte.
E diamante nel perfetto tuo sorriso
e diamante nel solco dividente,
il verde di castano intriso
dal bianco che come di spada fendente
l'ardor del mio cuor accende all'improvviso
dalle labbra il fuoco del sorriso.

Dai lobi tuoi appena ammiccanti,
oggetto di ilare mistero
perle oro e gemme accecanti
dan il via al corpo, focoso maniero.
Fonte di ardor fremente
dalle mie labbra più volte baciato
unico confin tra corpo e mente
il collo tuo, vulcano venerato.
Atrio per le tue parti più formose
che, ahimè, dalla foto posso solo ricordar come rose.

Dal castano-verde alla mirabie cascata color bianco,
mi sorprendo a confessar che null'altra vorrò al mio fianco. 

 

 

 
« capitolo 11

capitolo 23

Post n°23 pubblicato il 10 Agosto 2011 da arrivialnerocancello

A volte basta così poco.
Un gesto. Uno sguardo.
Amici che non si ritrovano da anni, ricordano di se stessi solo nel vedersi.
Ideologie si dimenticano.
Amori finiscono, altri iniziano.
Stati d'animo cambiano.
Emozioni si rinventano.
Memorie passate tornano a galla.
Così fu per me, nel vedere quell'uomo, odiato, malvisto, eppure stranamente estremamente familiare.
Ero nel letto di quel torrente dove pochi mesi prima, prima di conoscere Andrèe e la sua famiglia, mi ero, come da un lungo letargo, svegliato.
Lui era sull'argine, che mi guardava, con quel suo occhio saggio e al contempo soggiogante. Emanava una forza quasi disumana. Un'aura di assoluto potere. Come grande condottiero che infonde fiducia nelle sue truppe, mi guardava. 
E sembrava sorridere. E con lui sorrideva Andrèe mentre teneva in pugno i semi ritrovati.
Il tempo era in una sorta di stasi.
Tutto era fermo, come in un doveroso momento nel quale i rovi, la polvere non erano protagonisti. Tutto aspettava che succedesse qualcosa.
Solo i lenti ma incessanti spostamenti delle nubi che lasciavano trasparire solo languidi raggi di sole, dicevano che il mondo non si era fermato.
Ero immobile. Lo sguardo pieno d'odio verso quell'uomo che neppure conoscevo, ma che tanto aveva fatto male alla persona a cui dovevo il mio mantenimento.
Lui invece mi fissava e sorrideva. Da sotto il cappuccio, un lungo ciuffo di capelli gli copriva metà il volto.
"Vai da lui." mi disse Andrèe.
Con una mano provò a toccarmi una spalla e a farmi pressione. Ora, come ho già detto, il mio capo era una persona molto piccola, minuto e magro. Io al contrario sono alto, grosso. Forzuto. Quindi il gesto era sinceramente in buona fede.
"Vai da lui." ripetè Andrèe.
"Il babbo ha ragione, vai da lui." Era la vocina flebile di Condra. Ma non era possibile, Condra col fratello e la madre erano rimaste a casa tre giorni prima quando eravamo partiti.
Occhi spalancati. La paura crebbe dentro di me. Forse avevo avuto una sorta di allucinazione auditiva.
"Fidati di me anche questa volta, vai da lui. E tutto ti sarà chiaro." Era ritornata la voce del mio capo che mi supplicava di fidarmi di lui. Mi voltai verso Andrèe, e solo per un'attimo, un millesimo di secondo vidi Condra accanto alla sua gamba. Poi la bimba svanì. Non dissi nulla, per il momento. Le urgenze erano altre. Magari più tardi, fra qualche giorno, nel confort della magione avrei ripensato a quanto successo e ci avrei riso su.
Ora il mio destino era arrivare da quell'uomo che mi fissava.
E sorrideva.
Feci il primo passo verso di lui.
Avevo circa tre metri di arrampicata per arrivare al suo cospetto. Mi aiutai con le mani. Risalii il pendio. Fatica. 
Hallow mi fece spazio per la mia arrampicata. Mi porse una mano, per aiutarmi ad issarmi.
Cosa avrei dovuto fare?
Fidarmi di Andrèe? Non fidarmi dell'uomo che mi aveva accolto in casa sua sfamandomi e offrendomi un lavoro?
Dovevo forse rifiutare quell'aiuto? Quella mano? Quella mano assassina?
Dovevo forse fare finta di accettare l'aiuto ed invece scaraventare il ladro, il traditore giù dalla scarpata? E punirlo severamente, intascando la lauta ricompensa che LORO avevano offerto in cambio della sua testa?
Cosa dovevo fare?
A volte....
La sua mano era lì, a pochi centrimetri da me. Mi chiedeva fiducia. La mia mano, sporca di sabbia e polvere e segnata dalla salita, si staccò autonomamente dal suolo.
....basta.....
Le mani si unirono, le dita si intrecciarono.
....poco.
Il tocco di quell'uomo mi fece ricordare chi ero. Il mio nome. la mia origine. Il mio viaggio. Tutto ebbe un senso. Molti punti erano ancora oscuri ma la cornice era integra.
Mi alzai. Sorridevo anche io. Feci per inchinarmi e iniziare la "tiritera" del saluto, ma Hallow mi bloccò sul nascere. Mi porse la mano. Io gli porsi la mia. Ce la stringemmo.
"Così mi hai insegnato tu, molto tempo fa. Amico mio."
Voce calma, calda. A vederlo avrei pensato ad una voce più cattiva, da assassino.
Provai a dire che era vietato, che LORO ci avrebbero perseguiti. Ci avrebbero trovati, puniti.
Non feci in tempo ad aprire bocca che Hallow mi disse:" Tu ci hai insegnato questo modo di salutarci. Da allora, noi ci siamo sempre salutati così tra noi. Bentornato a casa, Stygo. Amico mio!".
Mi abbracciò.
Ricambiai l'affetto.
"Grazie Hallow. E' sempre bello ritrovarti."
A volte basta così poco, basta dare fiducia alle persone.
Finalmente avevo un nome, avevo un passato. 
Tra poco tempo sarei stato pronto per il mio futuro.

 
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