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FELICITÁ E SICUREZZA

Post n°91 pubblicato il 03 Dicembre 2010 da sensuale_tt

Scritto da Erich Fromm 05/10/2010 Il concetto di "felicità", che ha un'antica tradizione,continua a svolgere un ruolo determinante nella nostra cultura. A essoricorriamo per affermare che lo scopo della nostra vita è quello diessere felici. Due o trecento anni fa, nei paesi protestanti, non eracosì: scopo della vita era essere graditi a Dio e vivere secondocoscienza. Oggi diciamo che vorremmo essere felici, ma che cosaintendiamo con queste parole? Penso che la maggior parte dellepersone, che non sta tanto a lambiccarsi il cervello, risponderà consincerità: divertirsi. Senza entrare nel merito di ciò che questosignifichi, una tale descrizione della felicità ha ben poco a chevedere con quella data da altre culture, che l'uomo moderno non saneppure immaginare. Ma che cos'è la felicità, una condizione dellospirito? Oppure si è felici solo in rarissimi momenti della vita,quasi che la felicità fosse il frutto prezioso di un albero chefiorisce solo in via del tutto eccezionale, ma che pure deve esisterese produce almeno una volta il suo frutto?Vorrei dire qualche parola sulla natura della felicità dal punto divista psicologico. Molti definiscono la felicità come il contrario deldolore e della sofferenza: dolore e sofferenza da un lato, e felicitàdall'altro. In quest'ottica la felicità viene immaginata e intesa comequalcosa da cui pena, turbamento e dolore sono esclusi. Ma questa ideadi felicità è fondamentalmente errata. Chi non riesce a provare dolorenon è vivo, e chi non è vivo non può nemmeno essere felice. Il doloree la pena sono dunque parte integrante della vita, né più né menodella felicità; pertanto la felicità non può essere l'opposto deldolore. Anzi, sul piano clinico il dolore è in realtà l'esattocontrario della depressione. La depressione non equivale al dolore; ilvero depresso ringrazierebbe il cielo se riuscisse a provare dolore.La depressione è l'incapacità di provare emozioni. La depressione è lasensazione di essere morti mentre il corpo è ancora in vita. Nonequivale affatto alla pena e al dolore, con i quali anzi non ha nientein comune. Il depresso è incapace di provare gioia, così come èincapace di provare dolore. La depressione è l'assenza di ogni tipo diemozione, è un senso di morte che per il depresso è assolutamenteinsostenibile. E' proprio l'incapacità a provare emozioni che rende ladepressione così pesante da sopportare.La felicità può essere definita come l'espressione di una intensavitalità. Secondo Spinoza, l'esperienza di una vita vissutaintensamente corrisponde alla gioia, alla felicità. All'opposto c'è ladepressione, che equivale all'assenza di emozioni. Chi viveintensamente prova sia gioia che dolore, che vanno di pari passo inquanto conseguenze di una vita vissuta intensamente. All'opposto digioia e dolore c'è la depressione, l'assenza di emozioni.Se dicessimo all'uomo della strada che una delle più dolorose malattiepsichiche, se non la più dolorosa, è l'assenza di emozioni, noncomprenderebbe neppure di che cosa stiamo parlando. Anzi, direbbe: «Maè magnifico! Sarebbe fantastico non provare nulla. D'altronde, checosa dovrei mai provare? Io vorrei solo stare tranquillo e non averenulla di cui preoccuparmi». Costui non conosce l'insopportabileesperienza di una condizione psichica del tutto diversa, nella qualenon si riesce più a provare niente.Se applichiamo questi concetti alla nostra cultura, troveremo che lepersone normali sono in gran parte depresse poiché l'intensità delleloro emozioni si è alquanto ridotta. Chi oggi è vittima delladepressione, probabilmente non è tanto più alienato o apatico, e privodi contatto con la realtà, di quanto lo siamo noi; solo che noidisponiamo di difese migliori di chi si ammala di depressione. Vi sonomolte forme di difesa contro la sensazione che ci viene dalla perditadi vitalità. L'industria dell'"entertainment", il lavoro, le feste, leconversazioni superficiali, la nostra routine si configurano comeforme di difesa contro quel terribile momento in cui potremmo davveroaccorgerci di non sentire niente. In questo modo ci proteggiamo dalrischio di essere sopraffatti dalla «melanconia». Alcune persone,probabilmente a causa di una maggiore sensibilità, non dispongono diquesti meccanismi difensivi. E' probabile che costoro sianoparticolarmente predisposti a una condizione psichica in cui nonprovano alcuna emozione, e perciò le loro difese non sono altrettantoefficaci.Nel complesso, cioè a livello della popolazione e senza entrare nelmerito dei singoli individui, possiamo riscontrare una condizionepsichica caratterizzata da una riduzione dell'intensità emozionale chesfiora la depressione: peraltro mitigata, e di fatto compensata, damolteplici forme di difesa che noi chiamiamo divertimento e lavoro.Come il concetto di felicità, anche quello di "sicurezza" è oggi sullabocca di tutti, ed è anzi diventato lo slogan di molti dibattitipolitici. Numerosi psicoanalisti, psichiatri, eccetera pensano che loscopo della vita sia la sicurezza, il sentirsi al sicuro. I genitorisi preoccupano tantissimo che i loro figli si sentano davvero alsicuro. Se un bambino vede che un altro bambino possiede qualcosa chelui non ha, bisogna comprarglielo subito: «Perché così si senterassicurato». La sicurezza si misura in genere in base agli standarddel «mercato della personalità» di volta in volta vigenti. Pare chealcuni psichiatri abbiano decretato che ci sentiamo rassicurati seabbiamo successo, disponiamo di una vasta cultura e corrispondiamoagli standard sui quali si misura il successo. Siamo addiritturaossessionati dalla sicurezza come scopo della vita!Chi critica questa aspirazione alla sicurezza teme soprattutto chel'interesse dell'uomo per la sicurezza minacci la sua intraprendenza.Ma poi questi critici parlano di determinate sicurezze economicheirrinunciabili, come la tutela della vecchiaia, senza neppurechiedersi se una persona che mette da parte un milione di dollari pertrascorrere agiatamente la propria vecchiaia, o che stipula unapolizza di assicurazione sulla vita, non sia vittima di taleesecrabile aspirazione. Comunque, essi sottolineano che nella nostravita tutto ruota ormai intorno a un senso di sicurezza psicologica chefa perdere ogni gusto per l'avventura. Per esempio, un uomo comeMussolini, che era un gran vigliacco ma aveva il senso dellateatralità, coniò lo slogan del vivere pericolosamente. Egli non vi siattenne, benché, nonostante tutte le misure di sicurezza adottate - inaperta contraddizione, quindi, con il suo stesso slogan -, abbia fattouna brutta fine. In ogni caso aveva capito che la gente è sensibileall'idea della vita come avventura.A mio parere, lo scopo dello sviluppo psichico è la capacità disopportare l'insicurezza. Chi dispone anche solo di un briciolo dicapacità intuitiva per quello che sta avvenendo sul nostro pianeta, sache viviamo per molti versi all'insegna dell'insicurezza, e non solo acausa della bomba atomica, ma anche di tutto il nostro stile di vita.Siamo insicuri in senso fisico, psichico e spirituale. Non sappiamopraticamente nulla di quello che dovremmo sapere. Cerchiamo di viverein modo ragionevole, eppure non abbiamo la minima idea di come sifaccia. Mettiamo continuamente in pericolo non tanto la nostraesistenza fisica quanto quella spirituale. Sappiamo pochissimo dellavita, e non appena ce la troviamo di fronte ci sentiamo terribilmenteinsicuri. Chiunque abbia la consapevolezza, anche per un solo istante,di essere come individuo completamente solo, non può non sentirsiinsicuro. In effetti, egli non potrebbe sopportare tale consapevolezzanemmeno per un istante se non fosse in relazione con il mondo, se nonavesse il coraggio di mettersi in relazione, o se non avesse, perusare un'espressione di Paul Tillich, il «coraggio di esistere»(Tillich, 1969).La nostra cultura tende a creare individui che non hanno più coraggioe non osano più vivere in modo eccitante e intenso. Veniamo educati adaspirare alla sicurezza come unico scopo della vita. Ma possiamoottenerla solo al prezzo di un completo conformismo, e di una completaapatia. Da questo punto di vista, anche la sicurezza è l'opposto dellagioia, poiché la gioia nasce da una vita vissuta intensamente. Chivuole vivere intensamente deve essere in grado di sopportare una buonadose di insicurezza, perché in tal caso la vita diventa in ognimomento qualcosa di terribilmente rischioso. Possiamo solo sperare dinon fallire, e di non andare completamente fuori strada.Certo gli esseri umani non hanno perso del tutto il loro spiritod'avventura, poiché la sensazione di vivere in una condizione diassoluta sicurezza, senza alcuna possibilità di avventura, provoca unanoia così terribile da risultare insopportabile. E' questa la funzionedi vari generi di film e di libri, in particolare i romanzi gialli ed'avventura. Ma anche chi legge di persone che divorziano ogni annoprova qualcosa di simile allo spirito d'avventura, benché in ciò nonvi sia proprio nulla di coraggioso. Questo passo è tratto dal libro "I cosiddetti sani. La patologia della normalità" di E. Fromm, pubblicato nel 1991: raccoglie lezioni e discorsi tenuti da Fromm in un arco di tempo che va dall'inizio degli anni '50 alla metà degli anni '70. In particolare, il testo presentato risale al 1953. estratto da: Psicoterapia corporea

 
 
 
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