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N A P O L I

Post n°109 pubblicato il 29 Ottobre 2005 da trillina.it

Albert Einstein



Lettera a B.Croce
(e risposta del Croce)
http://www.filosofico.net/crocefilosofo/crocepagee.html#
AlbertoEinsteinLetteraaBCroce


Princetown, 7 giugno 1944

Apprendo che una persona di qui, che ebbe la fortuna di visitarla, ricusò di lasciarle la lettera da me indirizzata a lui ma scritta a Lei. Pure, di ciò mi consolo nel pensiero che Ella è ora presa da occupazioni e sentimenti incomparabilmente più importanti, e particolarmente dalla speranza che la sua bella patria sia presto liberata dai malvagi oppressori di fuori e di dentro. In questo tempo di generale sconvolgimento possa a Lei essere concesso di rendere al suo paese un servigio oltremodo prezioso, perchè ella è dei pochi che, stando di sopra dei partiti, hanno la fiducia di tutti.

            Se l’antico Platone potesse in qualche guisa vedere quello che ora accade, si sentirebbe come in casa sua, perchè, dopo lungo corso di secoli, vedrebbe ciò che di rado aveva visto, che si viene adempiendo in certo modo il suo sogno di un governo retto da filosofi; ma vedrebbe altresì, e ciò con maggiore orgoglio che soddisfazione, che la sua idea del circolo delle forme di governo è sempre in atto.

            La filosofia e la ragione medesima sono ben lungi, per un tempo prevedibile, dal diventare guide degli uomini, ed esse resteranno il più bel rifugio degli spiriti eletti; l’unica vera aristocrazia, che non opprime nessuno e in nessuno muove invidia, e di cui anzi quelli che non vi appartengono non riescono neppure a riconoscere l’esistenza.

In nessuna altra società i vincoli fra viventi e morti sono così vivi, e i nostri simili dei secoli precedenti stanno con noi come amici, i cui detti non perdono mai la loro attrattiva, la loro fecondità e la personale loro magia. E, infine, chi realmente appartiene a quella aristocrazia, potrà bensì dagli altri uomini essere messo a morte, ma non offeso.

            Con rispettosi saluti e auguri.

                                                                

                                                         A. Einstein


Sorrentino, 28 luglio 1944 

                        Illustre amico,

            La sua lettera mi è stata carissima, perchè ho avuto sempre nel ricordo la lunga conversazione che facemmo in Berlino nel 1931, quando ci accomunammo nello stesso sentimento ansioso sul pericolo in cui versava la libertà in Europa: comunanza di sentimento e di propositi che vidi confermata allorchè mi trovai a collaborare con Lei, - fatta esule dalla sua patria per l’inferocita lotta contro la libertà - nel volume di saggi sulla libertà (Freedom), preparato, or son quattro anni, in New York.

            Delle due teorie di Platone, che Ella richiama, non è stata, in verità, ricevuta, anzi è stata respinta, dal pensiero moderno quella della repubblica perfetta, costruita e governata dalla ragione e dai filosofi; ma l’altra è stata serbata, che a lui non era particolare, del circolo delle forme, ossia delle forme necessarie in cui perpetuamente si muove la storia: con questo di più che quel circolo è stato rischiarato dall’idea complementare del perpetuo avanzamento ed elevamento dell’umanità attraverso il percorso necessario, o, secondo l’immagine che piacque al vostro Goethe, del suo “corso a spirale”. Questa idea è il fondamento della nostra fede nella ragione, nella vita e nella realtà.

            Quanto alla filosofia, essa non è severa filosofia se non conosce, con l’ufficio suo, il suo limite, che è nell’apportare all’elevamento dell’umanità la chiarezza dei concetti, la luce del vero. È un’azione mentale, che apre la via, ma non si arroga di sostituirsi all’azione pratica e morale, che essa può soltanto sollecitare. In questa seconda sfera a noi, modesti filosofi, spetta di imitare un altro filosofo antico, Socrate, che filosofò ma combattè da oplita a Potidea, o Dante, che poetò ma combattè a Campaldino, e, poichè non tutti e non sempre possono compiere questa forma straordinaria di azione, partecipare alla quotidiana, e più aspra e più complessa guerra, che è la politica. Anch’io frequento la compagnia della quale Ella parla con così nobili parole, di coloro che già vissero sulla terra e ci lasciarono le opere loro di pensiero e di poesia, e mi rassereno e ritempro in esse. Di volta in volta m’immergo in questo bagno spirituale, che è quasi la mia pratica religiosa. Ma in quel bagno non è dato restare, e da esso bisogna uscire per abbracciare gli umili e spesso ingrati doveri che ci aspettano sull’uscio.

            Perciò mi sento oggi, conforme ai miei convincimenti e ai miei ideali, impegnato nella politica del mio paese; e vorrei, ahimè, possedere per essa a dovizia le forze che le sono più direttamente necessarie, ma tuttavia le do quelle, quali che siano, che mi riesce di raccogliere in me, sia pure con qualche stento. e ringrazio Lei dell’augurio generoso che fa all’Italia, la quale ha sofferto una triste e dolorosa vicenda preparata dal collasso prodotto in essa come in altri paesi dalla guerra precedente onde fu possibile ai dissennati e violenti d’impadronirsi dei poteri dello Stato, non senza il gran plauso e la larga ammirazione del mondo intero, e volgere e sforzare l’Italia in una via che non era la sua, che tutta la sua storia smentiva. Perchè non mai l’Italia, dalla caduta dell’Impero romano, ha delirato di dominio nel mondo ed essa per secoli ha attuato o ha cercato libertà e nella libertà si è unificata, e il suo nazionalismo e fascismo è venuto da concetti forestieri, che solo quei dissennati e violenti potevano adottare a pretesto del loro malfare. Neppure Roma antica ebbe cotesto delirio, perchè l’opera sua fu di proseguire quella luminosamente iniziata dall’Ellade e creare un’Europa, dando leggi civili ai barbari che non ne avevano o le avevano barbariche.

            La guerra è la guerra e non ubbidisce ad altro principio che al suo proprio, e anche le più nobili ideologie sono per essa mezzi di guerra, come ogni conoscitore di storia sa e ogni uomo sagace intende. La lotta interna per la civiltà e la libertà si svolgerà poi, a guerra finita, nei paesi vincitori non meno che nei vinti, tutti sconvolti dalla guerra sostenuta, tutti dal più al meno disabituati alla libertà; e durerà anni e sarà assai travagliosa e assai perigliosa. Ma poichè le guerre mirano, come a naturale loro effetto, a un assetto di pace, è da augurare e da raccomandare che gli uomini di Stato, che oggi le dirigono, pensino sin da ora a non preparare nei vari paesi condizioni tali che renderebbero impossibile una solida pace e danneggiando così la causa stessa della libertà, preparerebbero una nuova guerra, la quale non potrà mai essere impedita dalla semplice coercizione, ma richiede la disposizione degli animi alla pace, alla concordia e alla dignità del lavoro. “Le lingue legano le spade”, come diceva un vecchio filosofo italiano.

Ma non voglio tediarla con entrare a discorrere di quel che io osservo e giudico nelle cose della politica internazionale, in riferimento particolare all’Italia; chè anzi dovrei altresì chiederle venia di avere tolto occasione dalle sue parole gentili e cordiali per esporle i miei pensieri sulle alte questioni da Lei toccate. Ma “naturam expelles furca, tamen usque recurret”; la natura cioè del filosofo che distingue e teorizza. E, ringraziandola della sua buona lettera, Le stringo la mano

Suo

B. Croce

 

Nota 1: la frase in latino del Croce si può tradurre con “caccia quanto vuoi la natura con la forca, questa tuttavia tornerà indietro” (Orazio Epistola I, 10, v. 24).

Nota 2: nel ricopiare le lettere ho ricopiato fedelmente anche gli errori grammaticali, che se non apparvero sulle lettere originali, apparvero di certo sul libretto pubblicato dalla Laterza & figli nel 1944: ogni “e” bisognosa di accento è stata scritta con la “è” chiusa anche quando doveva essere una “é” aperta (vedi “perché”, “poiché” ecc.)

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(leggi articolo integrale su "agli Incroci dei venti")
Gli abolizionisti spesso citano
l’anomalia americana facendo
notare che nessun’altra democrazia
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tale pratica.
Ma mentre sembra improbabile che
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pena di morte finisca presto,
la Corte Suprema sembra determinata
a rendere il sistema il piu’ affidabile
possibile.
( vai alla
 
Fonte : Harvard Political Review )
Esiste un modo “giusto”
per uccidere qualcuno?

(leggi articolo su Agli Incroci dei Venti
)
 

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Storia di un americano
condannato a morte
 ( Prefazione Libro )

… un netto e lucido atto
d’accusa nei confronti
delle procedure giuridiche
degli USA, «l’unica democrazia
occidentale dove ancora esiste
questo retaggio medievale della
legge del taglione, l’unico Paese
occidentale dove vengono messi
a morte i minorenni all’epoca del
reato [...], dove vengono uccisi
con metodi considerati più o
meno “umani” [...] malati di
mente e persone incapaci di
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giustiziate persone di
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