Creato da DarkWriter il 04/07/2009

After Sunset <3

Ti sei mai chiesta cosa accade dopo il tramonto? Quando le tenebre divorano tutto? Nell'ombra più oscura... dove l'uomo non ha mai osato mettere piede? tratto dal racconto di yhara landi, tutti i diritti riservati. L'opera è pubblicata sotto una Licenza Creativa Commons

 

 

Il Risveglio scritto da Yhara Landi

Post n°1 pubblicato il 04 Luglio 2009 da DarkWriter
Foto di DarkWriter

 
1.
∞Julia∞
Ero ancora assopita per la lunga dormita che avevo fatto. Era domenica mattina e il sole penetrava delicatamente attraverso le tende di velo che coprivano la finestra della mia camera. Come al solito non avevo sognato niente, ormai non mi capitava da molto tempo. Faceva freddo ma trovavo piacevole quella sensazione pungente sulla pelle. La camera era silenziosa e non avevo voglia di alzarmi, ma neanche di dormire, quindi iniziai a contare ossessivamente i volumi della mia libreria. Avevo il raffreddore quindi schiusi le labbra per respirare meglio. Mi piaceva stare in quello stato di semicatalessi, perché riuscivo ad evadere dai problemi. Appena iniziavo a razionalizzare i pensieri ritornava quella fitta nello stomaco. Una fitta che mi faceva “risvegliare”. Una fitta che mi faceva ricordare come avevo causato la morte della persona a me più cara. La sveglia suonò e mi fece girare di scatto verso il comodino. Ero sicura di averla disattivata. Improvvisamente mi accorsi che qualcosa di umido scivolava sul mio volto pallido. Stavo piangendo. Asciugai immediatamente la lacrima appena sentì i passi della mia coinquilina. Chiusi di nuovo gli occhi e feci finta di dormire. Odiavo il modo in cui mi diceva che non era stata colpa mia. Aveva torto era solo colpa mia. E poi odiavo ancora di più quando diceva che mi sarei ripresa, che avrei amato di nuovo. Ma i ragazzi umani non mi attraevano, erano noiosi, monotonamente normali, privi del fascino che possedeva Adam. L’unico ragazzo che era in grado di stupirmi. Riuscivo a prevedere tutte le loro mosse. Essendo una sensitiva, era normale. Ma con quelli speciali come me era tutta un'altra cosa. Sentì la porta cigolare. Calmai il mio respiro e rimasi immobile. Quando fui sicura che la porta fosse chiusa riaprì gli occhi. Le lacrime mi riempivano gli occhi, battei un paio di volte le palpebre e le lasciai cadere sulle guance. Dall’altra parte del corridoio c’era Alex che parlava a telefono con mia mamma. Diceva cose come: “No. Non si è ancora ripersa.” o “Penso dovremmo convincerla ad andare da uno psicologo”. Non sarebbe servito a niente. Avrei previsto le sue domande, il suo giudizio e avrei risposto in modo normale e sereno. Per quanto ne sapevo non poteva vedere come stavo dentro, quindi il problema strizzacervelli non mi toccava più di tanto. Ritornai a pensare ad Adam. E anche se questo mi faceva stare male, dovevo farlo. Dovevo. Non potevo fare come mia mamma. Non avrei dimenticato il mio unico grande amore, come lei aveva dimenticato mio padre dopo l’incidente, il coma e... Ritornai a me. Adam era tutt’altro che un ragazzo normale. Era dotato di una straordinaria dote. La pirocinesi. E, ironia della sorte… era morto in un incendio. Era passato più di un anno. Ricordavo ancora bene il giorno del disastro. Erano le 8:00pm del 21107 e bussai al campanello del suo appartamento. Come sempre venne ad aprirmi con il suo sorriso smagliane. I suoi occhi grigi dotati di una starna luce. E i suoi arruffati capelli neri. “Prego. Entra Julia” disse. Solo lui riusciva a farmi venire i brividi quando lo diceva. E quando schiudeva le labbra per pronunciarlo, mi sembrava il più bel nome del mondo. Quando ero con lui era come se fossimo chiusi in una sfera di cristallo e tutto il mondo fosse fuori, lontano da noi. Entrai con impazienza. Quella sera saremmo andati al ristorante cinese. Il mio preferito. Doveva finire di prepararsi. Mi accomodai sul divano. E nell’attesa accesi la tv. Mi sentivo a mio agio con lui, riuscivo ad essere spontanea e naturale. Non c’era niente di interessante in televisione. Erano i soliti quitzshow delle otto. Annoiata dalla tv presi un giornale. E sotto di esso vi trovai un diario vecchio e rovinato. Lo presi e aprì una pagina a caso. C’era una poesia. Si chiamava come me. Julia. Richiusi immediatamente il diario quando lui ritornò nel salotto. Lo lasciai scivolare nella mia borsa e con un sorriso sulle labbra mi alzai. In quel preciso istante il campanello suonò. Il mio sorriso svanì. Una visione lo interruppe. “No! Non aprire!” gli avevo urlato. Ma era già troppo tardi. Un uomo alto con due enormi occhi neri. Spinse Adam facendolo cadere per terra. Mi precipitai al suo fianco. “Chi è?” chiese “È lo stesso che ci ha rapito 4 anni fa” risposi. L’uomo si girò di scatto verso di me “Tu non dovresti ricordare niente” sibilò. Lo guardai impaurita. Si avventò su di me stringendomi la gola. Stavo soffocando. La testa mi girava e cercavo invano di liberarmi dalla sua presa d’acciaio. Brillanti lingue di fuoco sorsero dietro di lui. Ma non sembrava preoccuparsene. Mi scaglio lontano, e ritornò ad Adam. Quello che è successo dopo è un mistero per me. Al mio risveglio l’appartamento di Adam era distrutto. E io mi trovavo fuori dal palazzo, sul marciapiedi. Il più giovane dei pompieri venne in mio soccorso. Mi prese in braccio e mi poggiò sulla barella. Mi ci volle poco per realizzare che avevo un livido attorno al collo. Lo tastai e un dolore lancinante mi pervase. Il mio cellulare suonò e interruppe i ricordi. Sul display c’era scritto riservato. Schiacciai il pulsante verde “Pronto”. Avevano già riattaccato. Riposai il cellulare. Nell’appartamento avevano trovato solo un corpo, riconosciuto come quello di Adam Carson, anni 25. Non era rimasto molto di lui. Avevano preso il calco dentale per identificarlo. Al funerale non c’erano molte persone. I suoi genitori erano morti qualche anno prima. E aveva pochi amici. Quelli speciali come noi. Questi ricordi mi provocarono una fitta e così decisi di alzarmi. Aprì l’armadio e scelsi svogliatamente un paio di jeans e una maglia a maniche lunghe. Trovavo piacevole il freddo ma non ero tanto stupida da indossare maglie primaverili in pieno inverno. Mi pettinai i capelli e li raccolsi con un elastico. Mi lavai il viso e misi le scarpe. Presi la borsa e da dentro vi scivolò un vecchio diario. Era quello di Adam. Il mio respiro accelerò. Pensavo di aver lasciato la borsa nell’appartamento. Riaprì la pagina con il mio nome… era una promessa di matrimonio. Le lacrime iniziarono a sgorgare senza controllo dai miei occhi. Chiusi il diario nella speranza di interrompere la sofferenza. Tentativo inutile. Ma tastando meglio sentì un oggetto che mi impediva di allacciare un nastrino con l’altro. Aprì la pagina che lo conteneva. Era una fede nuziale. E dentro c’era inciso il mio nome. La presi e la indossai. Il piccolo brillante posto al cento dell’anello brillava più di qualsiasi altra pietra avessi mai visto. Come se dentro fosse rinchiuso lo spirito di Adam. Mi appoggiai alla parete, presi un profondo respiro e uscì dalla camera. Quando fui giù in mezzo alla strada un ragazzo con un cappuccio che gli copriva il viso venne a finire contro di me rovesciandomi il suo caffè addosso. Alzò lo sguardo per chiedermi scusa. Quando vidi il suo volto le forze mi mancarono. Era Adam. Il suono della sveglia mi fece sobbalzare dal letto. Guardai l’orologio erano le 8:00am del 21108 ero a casa di Adam. Lui era al mio fianco. Dormiva ancora. Guardai la mia mano. Su di essa c’era una fede nuziale. La felicità che provai quando capì che era stato solo un brutto sogno fu indescrivibile. Le lacrime riaffiorarono ma questa volta erano di gioia. Adesso ricordavo tutto. Non era la prima volta che facevo questo sogno. Lo avevo fatto esattamente un anno prima… salvando così la vita di Adam.
♥FINE♥
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