Creato da Aldo.Arte.Sicilia il 14/04/2012
Monumenti, Archeologia, Storia

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Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 15/05/12 alle 19:56 via WEB
Nel 1490 Francesco Patella e Abatellis, maestro Portulano del Regno, incaricava l’architetto Matteo Carnilivari (tra gli artisti più attivi e noti del Quattrocento siciliano) di realizzargli un palazzo ove risiedere, sul modello di quello, appena terminato, di Gaspare Bonet, poco distante.
L’edificio, terminato nel 1495, si compone di quattro blocchi intorno al chiostro centrale sul cui lato occidentale si eleva il loggiato centrale a due ordini, con atchi policentrici, sotto il quale si sviluppa la scala escuberta che collega i due livelli, secondo un modello tipologico ampiamente sperimentato in Catalogna. Nel secondo ordine si susseguono le trifore raccordate dalla cornice marcapiano, mentre un’altra cornice di coronamento definisce il muretto d’attico da cui sbucano i boccioni con sculture di animali. Non mantenne il suo aspetto originario poiché nelle disposizioni testamentarie lasciate alla sorella, Francesco Abatellis dispose che il Palazzo venisse destinato a un monastero per donne, poiché egli non aveva eredi. Fu così che, nel maggio del 1526, prese il nome di "Monastero del Portulano" divenendo dimora delle suore dell’ordine domenicano, provenienti dal Monastero di Santa Caterina.Furono frazionate alcune parti del palazzo per ricavare corridoi e celle; alle finestre esterne furono tolte le colonnine intermedie e alcuni elementi decorativi; e sul lato sinistro del palazzo, a ‘danno’ di uno dei prospetti, fu edificata una cappella votiva. L’opera realizzata tra il 1535 e il 1541 dall’architetto Antonio Belguardo, prese il nome di ‘Chiesa di Santa Maria della Pietà’ che solo nel XVII secolo fu ampliata, con l’ingresso trasferito in via Butera, assumendo l’odierno aspetto. Durante la notte tra il 16 e il 17 aprile 1943 il palazzo venne danneggiato durante un bombardamento: crollarono la loggia, il porticato, tutta l’ala sud-ovest e la parete della torre ovest. La Sopraintendenza ai Monumenti affidò i lavori di recupero e restauro all’architetto Mario Guiotto (e successivamente all’architetto Armando Dillon), con destinazione dell’edificio a ‘Galleria d’Arte per le collezioni d’arte medievale.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 14/05/12 alle 19:28 via WEB
Antonino Leto nel 1880, dopo il soggiorno parigino che gli consentì di conoscere gli impressionisti, dai quali attinse esperienza, a causa della salute precaria ritornò a Palermo, ospite dei Florio nella Villa dell'Olivuzza, dove realizzò la decorazione per un salone. Per loro l'artista dipinse le "Saline di Trapani" (1881), immerse in un'atmosfera chiara e luminosa, memore della lezione impressionista, e "La pesca del tonno" (o "La mattanza"). Nel 1882 si stabilì a Capri, e lavorò con fede e passione, noncurante della malferma salute e continuò a partecipare con successo alle principali mostre nazionali ed estere. I luoghi del mare, i faraglioni, le grotte, le spiagge sui piccoli porti, i paesaggi incantati delle isole, sono i protagonisti dell’ultimo periodo di Leto che si svolge a Capri, dove egli si trasferisce definitivamente nel 1899.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 14/05/12 alle 18:31 via WEB
Rispetto alle principali correnti o scuole o manifestazioni di gusto della pittura ittaliana del seicento, Pietro Novelli non ha un uguale approdo caratterizzante e unitario. Come Antonello da Messina è espressione emblematica di genialità personale.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 14/05/12 alle 16:07 via WEB
Antonello da Messina, fece il suo apprendistato giovanile a Napoli presso Colantonio, l’artista della corte di Alfonso d’Aragona. In quello scorcio di quattrocento ha visto, studiato e impoarato a conoscere i pittori di Gand e di Bruges. Nella ricerca della rappresentazione dei particolari più infinitesimali della realtà, quella dei fiamminghi era di una plasticità ambigua, illusoria che non consentiva all’osservatore di sentirla propria, reale, viva. La pittura di Antonello, invece, rappresenta la realtà nella sua interezza, senza sotterfuggi, una realtà (quasi) carnale. L’osservatore attento avverte come propria la rappresentazione dell’immagine dipinta, in quanto essa è aderente alla realtà. Antonello da Messina è un pittore chiaro, semplice, intellettualmente onesto e irreprensibile. Ha uno sguardo rigoroso, e mai mentale. La sua pittura chiude ogni spazio all’ambiguità. La perfezione stilistica di Antonello fa i conti con una assoluta esattezza psicologica e formale, per cui quello che dipinge corrisponde in modo totale alla realtà.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 13/05/12 alle 16:09 via WEB
Pietro Novelli ha imparato l’arte del dipingere dal padre Pietro Antonio, anch’egli pittore e musicista. La sua pittura è stata parecchio influenzata dal pittore Anton van Dyck, che venne a Palermo tra il 1622 e il 1624. Nel 1633. Dopo un viaggio a Roma e a Napoli, mostrò di avere risentito di José de Ribera ed anche di Diego Rodríguez de Silva y Velázquez. Vigoroso nel tocco, Pietro Novelli è il maggiore pittore siciliano del 17° secolo.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 13/05/12 alle 12:23 via WEB
Selinunte, dal latino Selinus, fu una antica colonia di Megara Hyblaea sulla costa Sud-Orientale della Sicilia. Fu fondata intorno al 650 a.C. secondo Diodoro, intorno al 627 a.C. secondo Tucifife- La città fu in lotta costante con i vicini insediamenti dei Fenici e degli Elimi. Durante l’invasione della Sicilia da parte degli ateniesi (415-13) Selinunte cooperò validamente con Siracusa. Nel 409 la città fu distrutta da un poderoso esercito cartaginese.; pochi anni dopo gli antichi abitanti ritornarono ma vissero in completa dipendenza da Cartagine. Soffrirono molto durante la prima guerra punica, finché nel 250 fu nuovamente distrutta dai cartaginesi; un misero borgo sopravvisse però in epoca romana e bizantina fino all’827 d.C., quando vi si installarono gli arabi.
 

 
boscia.mara
boscia.mara il 01/05/12 alle 15:07 via WEB
Ciao Aldo, vedo che sei tornato :-))) Buona festa! Mariantonietta
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 01/05/12 alle 15:02 via WEB
La località di Agrigento fu già popolata nel periodo neolitico.
La necropoli attesta la presenza di Greci, tra i Siculi indigeni, già nel secolo 7° a.c., ma Agrigento fu fondata ufficialmente dagli abitanti di Gela già nel secolo 583-582 a.C. . Grande floridezza dette alla città la tirannide di Terone (488-472), ma pochi anni dopo essa cadde nell'orbita di Siracusa alla quale cercò invano nel 446 di ribellarsi. Agrigento cercò di seguire una linea politica indipendente da Siracusa, appoggiandosi a Cartagine (fine del 4° inizi del 3° secolo), ma ciò non valse che a inimicarla con Roma, che nel corso delle guerre puniche la prese e saccheggiò due volte, nel 262 e nel 210. La città fu conquistata dagli arabi nell'829 e da essi distrutta e riedificata più in alto. Fortezza importante, fu assediata più volte da Ruggero d'Altavilla, che se ne impadoronìnel 1086. La dominazione normanna vide un eccezionale sviluppo della città. In lotta contro la potente famiglia dei Chiaramonte, difese la sua prosperità commerciale e autonomia comunale mel 4° secolo, ottenendo da Federico II il riconoscimento delle suddette consuetudini nel 1302, e da Federico III nuovi privilegi nel 1366. Fu tra i centri che meno risentirono economicamente del malgoverno spagnolo e borbonico; rispose immediatamente con l'insurreziione al proclama che Giuseppe Garibaldi lanciò a Salemi il 15 marzo 1860.
Buona lettura a tutti i visitatori.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 21/04/12 alle 09:13 via WEB
I SEIMILA METRI QUADRATI DI MOSAICI.
La decorazione musiva, strettamente guidata da un filo teologico – dogmatico, si dispiega tra le navate, con profonda unità poetica anche se con una diversità stilistica che contrappone realismo analitico all’asciutta astrattezza di altre forme. Gli oltre seimila metri quadrati di mosaici, che narrano l’intero ciclo divino ed umano del Verbo, furono eseguiti, probabilmente, nel breve arco di due anni, affiancando al lavoro delle maestranze bizantine quelle di maestranze siciliane che già avevano maturato un loro linguaggio, sicuramente più realistico rispetto ai maestri di Bisanzio. Il grandioso dispiegarsi della narrazione musiva è composto da 130 quadri e da migliaia di decori e figure isolate che stagliandosi sull’oro del fondo creano una fantasmagoria inimmaginabile ed irreale che conduce, ineluttabilmente, gli occhi del visitatore al punto centrale e focale di essa: l’immenso Cristo Pantocreatore, severo e benedicente, che occupa l’intera superficie del catino absidale. Nello spazio ad essa sottostante, tra le molte figure di santi, ed apostoli, vi è anche, raffigurato San Tommaso Becket, vescovo di Canterbury. Questo “ritratto” è l’unico che si conosca eseguito a meno di una generazione dalla sua morte. Ad ispirarlo, infatti, fu, probabilmente, Giovanna d’Inghilterra, moglie di Guglielmo II, che lo aveva conosciuto alla corte del padre, Enrico II che, successivamente, di Becket, aveva voluto, per i motivi che ben conosciamo, l’atroce assassinio. Il grande arco del presbiterio segna l’avvio della narrazione che si svolge su due registri, ove le scene che si susseguono sviluppano il tema della salvezza universale che, a sua volta, è suddiviso in cinque parti: prologo, preparazione, realizzazione, continuazione ed epilogo.
 

 
Aldo.Arte.Sicilia
Aldo.Arte.Sicilia il 20/04/12 alle 23:37 via WEB
Il Duomo di Monreale faceva parte di un ampio complesso unitario che comprendeva anche il Palazzo Rerale, l’Episcopio e l’Abazia. Nel lato destro del presbiterio vi sono le tombe di Guglielmo I e Guglielmo II. La prima in marmo bianco istotiato è del 1575 ed ha una iscrizione celebrativa di Antonio Veneziano e lo stemma del committente, il Cardinale Torres. La tomba di Guglielmo II, morto nel 1189, semplice e maestosa è in prfido sopra una pedana in marmo grigio e nero.
 
 
 
 

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