Alexander Landau

LA PRIMA VOLTA


       
Pensi di farci l’abitudine, pensi che ormai ne hai visti tanti. Addirittura con una occhiata sai riconoscere in anticipo la donna o l’uomo che entro pochi giorni moriranno, quasi come fa un medico. Ma ogni volta resti senza parole, ogni volta non ci sono parole adeguate, poco si può dire per consolare e vale di più un abbraccio, se si ha la fortuna di poterlo dare o di poterlo ricevere. La prima volta che si perde una persona cara, che ci è sempre stata, che era già lì prima che noi nascessimo e che pensavamo ci sarebbe stata per sempre… questa prima volta è la più difficile, la più incomprensibile, la più spiazzante. Ad un certo punto, spesso improvvisamente, nel corpo della persona che muore succede qualcosa di incontrollabile, insanabile, un guasto, una disfunzione che si espande di ora in ora e che blocca tutto, disattiva, arresta, ferma, disinserisce. Nel corso dell’espandersi della disfunzione l’organismo lotta con ogni mezzo per contrastarla, nel tentativo di restare in vita e questo è spesso un momento nobile ma anche di grande sofferenza per colui che sta morendo e per coloro che assistono impotenti all’ultima battaglia della nostra esistenza. Ma nel momento in cui subentra la morte il viso si rilassa, i lamenti di dolore terminano, gli occhi fissi nel vuoto si chiudono, le membra si rilassano, tutto il corpo si abbandona e diviene morbido. Sembra che stia dormendo, dice sempre qualcuno… ed infatti dorme, un eterno riposo dove non esiste più la sofferenza, la malattia, dove non esiste niente come niente esisteva prima che nascessimo. Tutto torna come prima, la nostra fine è uguale al nostro principio, il percorso è finito, il cerchio si è chiuso. La non esistenza non è terribile come ci hanno insegnato, essa fa parte della vita e della natura. Cosa c’è di terribile allora nella morte… ovvia la risposta: Non vedremo più quella persona, non la sentiremo parlare, non potremo abbracciarla, non potremo dirgli che qualche volta ci rompe le scatole, non ascolteremo più un suo consiglio…. Non è così, non è vero, ci hanno insegnato una cosa sbagliata. Se abbiamo un amico lontano, che non vediamo da cinque, dieci anni, ma sappiamo che da qualche parte vive le gioie e i dolori di tutti i giorni, noi pensiamo a quell’amico e pur non vedendolo sentiamo la sua voce dentro noi, ricordiamo con piacere i momenti vissuti con lui, parliamo con lui mentalmente e ci immaginiamo le sue risposte. Una persona cara che muore è come un amico lontano, è una persona che continua a vivere in coloro che la ricordano, che l’hanno amata, conosciuta, desiderata, compresa. La persona scomparsa la vedremo in noi, la vedremo ogni giorno per tutto il tempo che vogliamo, sentiremo dentro di noi la sua voce continuare a darci un consiglio od a romperci le scatole, a coccolarci od a farci la predica. Gli oggetti della persona che muore divengono preziosi, essi contengono l’energia della persona scomparsa. Le opere a qualsiasi titolo, che noi lasciamo ci permettono di continuare a vivere. Ma soprattutto noi tutti viviamo nei nostri figli e nei figli dei nostri figli. La realtà che nessuno sospetta è che in verità non moriamo mai, la natura è perfetta e non contempla la sparizione ma la trasformazione. Tutto cambia continuamente, niente resta uguale nel tempo, ognuno di noi vive continue trasformazioni ogni giorno. Costruiamo la nostra persona e il nostro carattere sia nel cercare di comprendere la vita ma soprattutto nel tentativo di comprendere la morte. La morte fa parte della vita, come la vita della morte. Gli animali non si addolorano per la morte di un loro simile, non perché non siano sensibili, non perché non siano abbastanza intelligenti. La natura gli ha resi migliori di noi, più adatti alla vita, la natura gli ha dotati della capacità di percepire con chiarezza la realtà delle cose e ha scritto in loro una verità per noi umani ancora ignota: Nessuno muore mai, nessuno ci lascia davvero, in realtà chi muore ci resta sempre vicino, per sempre….