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Creato da gp720 il 15/12/2007
I regni rinascimentali
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Post N° 12
Aleramo può essere considerato il vero ed effettivo fondatore delle dinastie aleramiche. Egli godeva di grande prestigio sia presso i re d'Italia Ugo di Provenza, Lotario II e Berengario II, sia alla corte dell'imperatore Ottone I, come dimostrato da diverse donazioni di terre, che si aggiunsero ai beni che già possedeva nel Vercellese e in Lombardia, e dal titolo di marchese assegnatogli da Berengario II. Nel 967 Ottone di Sassonia gli donò un vasto territorio fra l'Orba e il Tanaro, che a sud raggiungeva le vicinanze di Savona. Questo territorio, boscoso e incolto, era stato devastato nel corso del secolo precedente da incursioni brigantesche, provenienti, o comunque favorite dai cosiddetti "saraceni" di Frassineto. Questo territorio fu chiamato "Vasto" o "Guasto" e molti successori di Aleramo si chiamarono appunto "marchesi del Vasto". Per alcuni secoli, secondo Riccardo Musso, il toponimo restò in uso per il territorio montuoso compreso fra Dego, Montenotte, Carcare e Cairo. In altri luoghi prevalse invece il toponimo equivalente "Langhe" (vulgariter enim loca deserta Langae dicuntur secondo il Lunig). Non era un territorio omogeneo, si trattava piuttosto di varie corti sparse sulle boscose ed incolte colline del Piemonte meridionale.
La marca, di cui Aleramo era marchese, si estendeva approssimativamente dal basso Vercellese al Savonese, l'area costiera fra Finale e Cogoleto. Entro quest'area si trovavano però nuclei urbani, come Savona o Acqui, guidati dal loro vescovo e dotati di grande autonomia, riconosciuta dagli stessi imperatori. Al momento dell'investitura di Aleramo il resto del Piemonte e della Liguria Occidentale risultava diviso in due grandi marche: a nord quella di Ivrea e a sud, fra Torino e Ventimiglia, quella del marchese di Torino Arduino Glabrione.
I domini di Aleramo rimasero proprietà parzialmente indivisa fra i discendenti dei suoi due figli Ottone e Anselmo per quasi un secolo, come dimostrano gli accordi che Savona continuò a rinnovare con tutti i rami della famiglia sino al 1085. La separazione patrimoniale fra i due rami aleramici, già avviata nei primi decenni del secolo XI, si concluse in concomitanza con l'estinzione della discendenza maschile dei marchesi di Torino. Dato che due figlie di Olderico Manfredi II, Berta e Adelaide, avevano sposato rispettivamente Tete (il padre di Bonifacio del Vasto) e Enrico di Monferrato, dopo la morte di Adelaide il territorio dei marchesi aleramici poté estendersi lungo il Po a tutto il basso Piemonte, scontrandosi però con le ambizioni dei Savoia (Umberto conte di Moriana) e il desiderio di autonomia del vescovo di Torino Mainardo. Agli inizi del secolo XII, quindi, i marchesi di Monferrato si trovarono ad avere il controllo della fascia di territorio settentrionale, adiacente al Po (il basso Monferrato) fra Chivasso e Casale, mentre Bonifacio del Vasto aveva aggiunto ai domini di origine aleramica nelle Langhe e nel Savonese ampi territori fra Alba, Saluzzo e Albenga. La definizione degli ambiti di potere di Bonifacio e Umberto di Moriana si stabilì lungo un confine situato fra Staffarda e Carmagnola, lungo la linea del Po.
L'ampio dominio di Bonifacio, "il più famoso marchese d'Italia", secondo il cronista Goffredo Malaterra, fu suddiviso fra i suoi sette figli dando origine a un gran numero di linee dinastiche: i marchesi di Saluzzo, quelli di Busca e Lancia, quelli di Ceva e Clavesana, quelli di Savona e quelli di Incisa.
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Inviato da: giovanni
il 02/12/2009 alle 15:43
Inviato da: Anonimo
il 23/03/2008 alle 15:31