Creato da righe_di_vita il 01/04/2007

Titoli di coda

Per entrare sotto la pelle, penetrare emozioni con il linguaggio delle immagini adattando le semplici parole!

 

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Post N° 428

Post n°428 pubblicato il 07 Novembre 2008 da fionamay10
 

 
Racconti di pioviggine
che disegna il movimento dell'aria :
(matita fionamay per Alex)

Commenti al Post:
fast_web65
fast_web65 il 08/11/08 alle 23:11 via WEB
Da bambini tutto va bene tranne andare a scuola e studiare. Con qualsiasi tempo l’unica cosa che interessa è giocare. Oggi piove a dirotto mentre preparo la cartella con i libri di testo, il diario già “stropicciato” dopo solo un mese di scuola e i fogli per il compito in classe di matematica. Come odio la matematica io credo nessuno. La seconda elementare è dura e ancora di più lo è la professoressa, una donna rigida e poco propensa al sorriso. Allora decido: oggi non vado! Sono fortunato, gli orari di mia madre quest’anno non coincidono con i miei quindi mi tocca andare a scuola da solo, nessun controllo e io “marino”! Piove a dirotto! Non ho mai visto tanta acqua tutta insieme, certo è anche vero che non sono mai stato per strada con il tempo brutto. Sono due ore che cerco di trovare un posto dove passare il tempo fino all’ora del rientro. L’ora in cui esco da scuola. Ancora non so che mia madre, proprio a causa della pioggia che ha causato il ritardo dei mezzi ha pensato bene di tornare a casa e quindi di andare ad aspettarmi all’uscita. Non lo so e gironzolo sotto i portici di via Po. Fa un freddo cane, la cartella mi pesa ma almeno mi sono salvato da un altro quattro in matematica. Finalmente arriva la mezza. Cavolo sono in ritardo ma che importa tanto mia madre non c’è e alla nonna posso raccontare una palla, lei mi crede a prescindere. E piove sempre di più mentre mi avvicino a casa. Fradicio infilo le chiavi nella toppa. Strano, non è chiusa con le solite tre mandate, eppure l’ho chiusa, ne sono sicuro. Muovo la testa per togliermi tra i capelli i goccioloni di pioggia, ed entro in casa! Che spavento!!! Mia madre è davanti a me minacciosa e terribilmente incazzata. Una fila di domande e poi parte la compilation di schiaffoni che se non altro mi asciugano meglio di un phon. Azzardo delle scuse, ma non ci crede. L’avventura, la prima, sotto la pioggia si conclude con un raffreddore che mi tiene a letto una settimana, e non mi dispiace. L’unico svantaggio è che mia madre da ieri ha cambiato turno al lavoro così non mi perde di vista. Ho fatto un affare!!!
 
Loris_700
Loris_700 il 08/11/08 alle 23:16 via WEB
Un disegno perfetto per questo periodo. Non mi piace molto quando piove, mi mette tristezza non so cosa fare e mi isola dal mondo. ciao Loris
 
fionamay10
fionamay10 il 09/11/08 alle 17:36 via WEB
Guardo su.
Verso la collina che è avvolta in una coltre di nuvole di pioggia. Ed è come se non ci fosse più un prima, un durante e un dopo. Semplicemente non esiste più termine di tempo, esiste solo questo ovale di vetro dal quale escono volti rigati di pioggia.
Romeo non ci verrebbe mai qui, nemmeno trascinandolo. Lo so. Questo luogo di pioggia non gli piacerebbe per la stessa ragione per cui piace a me.
Il suo sottile istinto di cane non potrebbe sopportarne....cosa? La consistenza di anime del passato che non smettono di vivere? I fantasmi? Il ghiaino umido e gelato che impiastriccia le mie scarpe e il mio cuore?
E il gelo non fa bene al cuore delle piante, diceva mia madre sotto Natale. E un nuovo Natale senza lei sta arrivando. Mi passo la lingua nella bocca riarsa. Sono stordita. Conosco questo stato: è perchè non fumo una sigaretta da parecchio tempo. E' perchè in questo volteggiare di pioviggine intorno ai loro volti c'è una totale assenza di tempo, di luogo, di ragione, di senso di me.
Lassù. Verso la collina.
 
PrincipeDistratto
PrincipeDistratto il 09/11/08 alle 17:44 via WEB
Dovrei essere molto arrabbiato con i giorni di pioggia. Arrabbiato e con la paura addosso che mi fa controllare i livelli dei fiumi, soprattutto quello secondario, affluente del Po , più piccolo ma non meno pericoloso quando si scatenano i nubifragi. Come sette anni fa. Una settimana di ansia e oppressi da quella insistente pioggia, che alzava i livelli, ponti impraticabili per l’acqua che li ricopriva per poi scivolare dall’altra parte non meno impetuoso. In una notte si risolse tutto, preoccupazioni e problemi affogati dentro enormi quantità di acqua che entrava dappertutto, prima dal giardino e poi sulle scale fino ad arrivare in cantina e poi in casa. Un disastro. Noi, io mio figlio, che allora aveva nove anni e mia moglie al piano superiore con la speranza che non arrivasse fino al primo piano. Dalle finestre guardavo la gente che cercava di scappare alla furia. Uomini della protezione civile ribaltati dalle barche mentre cercavano di salvare chi incoscientemente era rimasto sul ponte per osservare il movimento dell’acqua. Finita la sfuriata del fiume si contarono feriti e danni. La cantina allagata e utensili che galleggiavano liberi e da buttare. L’appartamento era una piscina. Avevamo freddo e mio figlio uscì con un esclamazione che ci fece sorridere, nonostante tutto <Papà, è peggio di quella volta che si è rotta la lavatrice!!!> Si era decisamente peggio, ma stavamo bene e questo era importante. Il resto si ricostruisce poco alla volta, e l’abbiamo fatto a costo di sacrifici. Dovrei odiare la pioggia, ho un sacco di motivi per farlo ma il ricordo che mi è rimasto impresso e che mi da quel senso di leggerezza, di vittoria è stato che il giorno dopo l’inondazione nevicò!
 
gilda_la_bomba
gilda_la_bomba il 09/11/08 alle 18:27 via WEB
In una notte di pioggia c'era una signora di colore, al lato della strada, il temporale era tremendo. La sua auto era in panne ed aveva disperatamente bisogno di aiuto. Completamente inzuppata cominciò a fare segnali alle auto che passavano. Un giovane bianco, come se non conoscesse i conflitti razziali che laceravano gli Stati Uniti negli anni '60, si fermò per aiutarla. Il ragazzo la portò in un luogo protetto, le procurò un meccanico e chiamò un taxi per lei. La donna sembrava avere davvero molta fretta, ma riuscì ad annotarsi l'indirizzo del suo soccorritore e a ringraziarlo. Passati sette giorni, bussarono alla porta del ragazzo. Con sua grande sorpresa era un corriere che gli consegnò un enorme pacco contenente una grande TV a colori, accompagnata da un biglietto che diceva: "Molte grazie per avermi aiutata in quella strada quella notte. La pioggia aveva inzuppato i miei vestiti come il mio spirito e in quel momento è apparso Lei. Grazie a Lei sono riuscita ad arrivare al capezzale di mio marito moribondo poco prima che se ne andasse. Dio la benedica per avermi aiutato. Sinceramente, Mrs. King Cole"
 
mille_giorni54
mille_giorni54 il 09/11/08 alle 22:51 via WEB
La pioggia che ho dentro da tempo che mi bagna lavandomi delle impurità della vita, che sono tante dopo che ho conosciuto la purezza di occhi umidi di commozione quando salti sul treno per andare là dove mi aspetta altra pioggia. Irrefrenabile di lacrime che non so più piangere, non ne ho più. E poi il deserto su cui infrangere le tue ossa protette dall’ombrello dell’indifferenza. Sono racconti i miei simili a tanti altri. Si infilano nelle pozzanghere del cuore, quelle lasciate negli anni dallo scorrere del tempo. Tempo che aiuta i più deboli a non soffrire e ammazza i forti che non vogliono separarsi dalle gocce sui vetri di una macchina in una sera d’estate. Oppure fuori dalla finestra cordicelle di me e di te scendere lentamente per unirsi sul marmo del davanzale e scorrere ancora fino alla terra. Terra fragile e pastosa insieme che proprio la pioggia rende densa e ricopre senza pietà quella parte di me che non riesce a risollevarsi più. Amo questi istanti che mi regala la pioggia, perché sono irrimediabilmente miei, confusi di sogni e realtà e vivo ancora così, senza difesa e senza ombrelli. Mi piace la pioggia. E tutto mi porta là dove sei tu.
 
Survivor60
Survivor60 il 10/11/08 alle 18:55 via WEB
Può succedere di tutto in un giorno di pioggia. Anche credere che non esista nulla di buono tra gli uomini e poi dopo un minuto cambiare idea e ritrovarti salvato dalla melma in cui ti eri ficcato. Un ragazzo che si appresta a coronare il suo sogno di indipendenza, l’appuntamento sotto questo cielo grigio pieno di nuvole minacciose in questo giorno di fine settembre. Entusiasta dentro i suoi venticinque anni, dopo una vita fatta di lavoro nei campi e le mani screpolate dal sole e dalla fatica ecco l’occasione: un piccolo bar! Finalmente il sogno che prende corpo, vita. Ci sono gli aspetti finanziari da espletare e controllare, ma è quasi certo che sarà suo. Alle dieci davanti al piccolo bar con il venditore. Trotterella felice pensando già al nome che darà al suo locale, dovrà essere magnetico, speciale. I soldi? Già non c’è problema, la banca avrà incassato l’assegno fatto da suo padre come anticipo, il resto a saldo con il lavoro. Perché lavorerò come un matto, pensa mentre sta piovigginando. Ma è troppo felice per accorgersene! Ma la sua gioia viene subito cancellata dalla faccia arrabbiata del venditore : l’assegno risulta a vuoto!! Allibito non capisce e l’altro minaccioso gli da un giorno di tempo per sistemare la faccenda e poi darà tutto in mano alla banca e saranno cavoli per tutti. Telefona a suo padre che a suo volta chiama il direttore della banca. Lui uomo duro e forte che non ha mai avuto problemi nemmeno per una bolletta della luce si ritrova ad aver paura, il protesto, l’agente giustiziario e quant’altro entrerebbe nella sua vita sconvolgendola. Il ragazzo è disperato, non trova un amico disposto ad aiutarlo. Sono nove miseri milioni che possono distruggerlo e lo sa e poi c’è la sua famiglia. Non è colpa sua ma si sente responsabile. Intanto la pioggia è sempre più violenta e gli cade addosso appesantendo sempre di più il suo cuore angosciato. Non ce la farà, non c’è nessuno disposto ad aiutarlo. L’ultima porta a cui ha bussato nessuno ha risposto. Ormai si era sparsa la voce in paese del suo bisogno. Si ritrova davanti alla banca, pochi sportelli per un paese così piccolo bastano. Le lacrime si mescolano alla pioggia. E’ bagnato fradicio, i capelli impregnati d’acqua fanno scendere giù sulla fronte goccioline che si mescolano alle lacrime. Almeno nessuno potrà dire che l’hanno visto piangere. Quando ecco il direttore, lo chiama dentro gli uffici a quell’ora già chiusi. La conosce l’onestà del ragazzo e della sua famiglia, di suo padre che ha costruito il locale della banca, dei suoi affari che hanno dato lustro al nome del paese, della sua generosità. Il direttore lo sa che non può essere altro che un disguido. Il ragazzo disperato ascolta le sue parole, ha freddo, la pioggia gli è entrata nelle ossa. Ma adesso ha il cuore caldo di speranza. Ci saranno i novemilioni sul conto per l’indomani mattina. E’ tutto sistemato. Esce dall’ufficio giurando che avrebbe ringraziato il direttore in qualche modo. Quel ragazzo ha realizzato il suo sogno e non ha ancora smesso di ringraziare quell’uomo che adesso è anziano, quasi irriconoscibile dall’uomo di allora. E ha visto tanta pioggia cadere. Sembra una favola, vero? Per fortuna è realtà.
 
Gloriana66
Gloriana66 il 10/11/08 alle 22:46 via WEB
Piove molto meno qui dove abito adesso. Certo non ci sono i pozzangheroni e la foschia della mia città, nonostante ciò tutto questo mi manca. Le giornate di pioggia insistente, quella che batte sui vetri aspettando l’ora d’uscita di mio figlio da scuola. Le luci al neon accese che sanno tanto di complicità con i colleghi e guardi fuori, la mole con il cappello di nebbia e lontano, verso le montagne le nuvole che disegnano archi minacciosi pronte ad avvolgere la città. Non sono mai stata molto capace di “scrivere” i miei sentimenti, provo a lasciarmi trasportare ascoltando le mie giornate di pioggia che sono un ricordo bellissimo amplificato dalla lontananza. Una città nel cuore, con gli ombrelli aperti che ti urtano sulla testa, quelle scuse sussurrate a mezza voce e le auto che passano veloci sulla strada alzando tsunami verso le gambe dei pedoni. Ecco, assurdo ma mi manca tutto questo, la quotidianità vissuta in casa mia con mio figlio e il suo impermeabile corto con il cappuccio, le galosce che sono ancora impacchettate in solaio. Non vedo l’ora di riaprire il mio ombrello dove è inciso il nome della
 
dark_voyager
dark_voyager il 11/11/08 alle 17:54 via WEB
Non amo molto la pioggia, mi mette troppa tristezza, mi sembra che tutto prenda sfumature metalliche, fredde. La trovo ostile. Quella pioggia che, seppur necessaria, ha un che di terribilmente inesorabile. E le persone si chiudono ancor di più dentro al loro mondo, sotto i parapioggia gocciolanti, come fossero scudi. Ma che bello quando si è in due a stringersi sotto la pioggia. E quando sento le gocce picchiettare sul tetto, sui vetri, con quel loro ritmo a tratti sballato, ed io al riparo, al sicuro, al caldo.
 
righe_di_vita
righe_di_vita il 13/11/08 alle 17:07 via WEB
La nostalgia delle grandi piogge in montagna, quando bambino me ne stavo chiuso in casa vicino al camino e sento ancora l’odore di polenta e vedo ancora il grande paiolo di rame che pendeva giù dalla catena che si riscaldava quando sotto il fuoco scaldava muri e cuori. E mia madre seduta al tavolo di cucina, sulla sedia impagliata che ormai stava perdendo la bellezza di un tempo e il grande lenzuolo bianco steso sul tavolo e lei con un lembo fra le dita a testa china si era fissata di dare al lenzuolo un po’ di colore con un ricamo di cesti e rose rosse. Pioveva a dirotto e a me sembrava non dovesse finire mai. Fuori dalla finestra la mia palla colorata galleggiava dentro la pozzanghera che sempre si riempiva nei giorni di pioggia. Il cane steso accanto a me uggiolava incomprensibili malinconie, forse, pensavo, anche lui ha dei ricordi da sopportare. La cosa positiva era che saltavo la scuola per comprensibili disagi per arrivare in paese, ma dopo un giorno mi stancavo di casa e cucito di mamma. Sono soltanto gocce del mio passato ma sono anche quelle che scivolano ancora sui vetri della mia anima e insieme al ricordo di mio padre che tornava fradicio dopo aver steso inutili teloni sul pezzo di orto stemperano la mia malinconia su questo foglio.
 
anagoor.ma
anagoor.ma il 13/11/08 alle 18:04 via WEB
Sto bene nelle mie giornate di pioggia, quelle che ho dentro i cunicoli dell’anima, che attraversano fiumi e cadono fino al mare, pungolando le palpebre nei ricordi e nelle passioni future. La mia pioggia non mi bagna mai, se mai inumidisce gli occhi a strati, come quando ordini un cocktail al bar e ti presentano un bicchiere colorato, ecco è il momento che le pieghe di una bocca affrontino la penosità di una risata, che è sconforto è sofferenza. Ma c’è anche il blu sopra la pioggia che non mi bagna, mi scalda, mi dice affronta l’insidia di un pensiero perché lo sai quando ritrovi l’ombrello di tua madre, quello verde, piccolo perché così non pesa e la vedi sulla porta di casa, l’ombrello asciutto e lei fradicia che si scrolla il soprabito se no sporca il pavimento. A quello ci pensano le zattere di mio padre, piedi lunghi e fangosi dopo un giorno a cercare i funghi. Non mi separo dalla mia pioggia che è anche due occhi splendidi che mi guardano ancora, che mi chiedono come sto, alle due di notte dopo una crisi. Sto bene amore. Sto bene in quell’amore che sento e voglio in tutti i giorni bagnati di stelle!!
 
Mariluci17
Mariluci17 il 18/11/08 alle 18:07 via WEB
Oggi lo è una giornata di pioggia. Ho rallentato il mio ritmo, vado adagio dentro pensieri di altre piogge. Mi piace ma il ricordo si associa sempre a quel giorno di febbraio, tanti anni fa. Quanti ne sono passati e quanta acqua sotto e sopra i ponti eppure non mi sembra vero, è incredibilmente così vicina quella pioggia che mi bagnava il viso già umido, seduta sulla pietra e pregavo che fosse un sogno. Terribile, ma un sogno, e che mi sarei risvegliata, asciutta e contenta di aver superato la notte. La sua ultima notte fatta di gocce di parole dentro gli occhi sanguinanti. Non riesco a disfarmi di quest’idea di pioggia, giornate grigie di nuvole dove vedo i suoi occhi. Chiusi. La spalla di mio fratello era troppo alta per me in quel momento piccola, fragile e spaventata. Le sue spalle che diventavano quelle di mio padre, e ripensavo a quando tornava a casa dal lavoro e mi lanciavo nelle sue braccia forti. Piove dietro i vetri di una canzone. Piove dentro i miei pensieri. Sotto, in strada è un ondeggiare di ombrelli. Il mio è invisibile e mi difende dalla pioggia acida e cattiva della vita.
 
simonaG.70
simonaG.70 il 21/11/08 alle 18:38 via WEB
Racconta una leggenda, ormai persa nei meandri della memoria di un avo che l’ha tramandata in tutta la sua forza e concentrazione, annaspando fra ricordi e aggiunte personali per renderla più affascinante di una roccia plasmata dalla pioggia. Si dice che la figlia di un nobile, conte per essere precisi, di questo villaggio fra le campagne e le colline del Monferrato si sia invaghita del figlio di un mezzadro. Lei non è bella come si legge nelle favole, anzi, è alta si ma con un corpo poco appariscente e un viso rigido, inespressivo come una pietra. Lui invece è bello, muscoloso per i lavori nei campi e nel vigneto di proprietà della famiglia di lei, ignorante ma con la voglia di imparare, sapere conoscere. Fulgenzio è il suo nome. Un carattere solare, allegro, pronto al sorriso! E che sorriso, pensa ogni volta che la contessina Bianca lo incontra nelle stanze del castello, dove lui porta il vino novello o la frutta appena raccolta. L’incontro tra i due è fatale. Fulgenzio si sente attratto da quella donna poco avvenente ma con un intelligenza che lo sconvolge, lo lascia a bocca aperta ogni volta lei gli parla di viaggi, grandi città e carrozze senza cavalli. Un colpo di fulmine tra i due contrastato ovviamente dalle rispettive famiglie. Allorchè un giorno di violenti temporali i due vengono divisi brutalmente durante l’unico bacio che riescono a scambiarsi. Bianca venne rinchiusa in un ala del castello al fine si dimenticasse del bel contadino. Di Fulgenzio non si hanno tracce. C’è chi dice sia stato trasferito , c’è chi dice che l’abbiamo mandato a fare il soldato lontano dal villaggio. Ma Fulgenzio non è mai andato via dal castello. L’impietosità del tempo lo vuole morto e sepolto sotto una delle pietre che circondano il castello. La pioggia amica di Bianca non smette di scendere dal cielo per consolare la povera Bianca che tutti i giorni si affaccia al balcone della sua camera, proprio lì dove a pochi metri più in basso c’è la tomba nascosta di Fulgenzio. E dai oggi dai domani quella roccia cominciò a trasformarsi sotto i colpi insistenti delle gocce di pioggia, finchè ne composero un volto. Dapprima gli occhi, poi il naso e infine la bocca in quel sorriso che non poteva confondere. Bianca aveva ritrovato il suo amore. Chiese così allo spirito delle nuvole di essere trasformata in pietra, così da porte stare accanto per sempre al suo Fulgenzio. Lo spirito delle nuvole l’accontentò. Bianca divenne una roccia, vicino a quella dove l’anima del suo amato l’attendeva. Il villaggio fu sepolto dall’acqua. Giorni e mesi di pioggia continua lo cancellarono dalle mappe. Ora c’è una collina e sopra essa due rocce enormi e chi passa di là per una passeggiata nel bosco non può fare a meno di vedere i contorni di due visi. Due bocche unite in un bacio di pioggia.
 
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