Quando hai il coraggio
di tenere tutte le finestre spalancate,
che sembrano occhi grandi come piatti da portata,
ti accorgi che su qualche davanzale esterno,
dipinto di bianco,
si è posato un velo di fuliggine.
E la notte non è mai buia abbastanza
per nascondere le creature
e grossi cumuli di cenere informi
di un grigio biancastro alla luce lunare.
Grigio come ali di tarme.
Grigio come legno bruciato.
Perchè è tutto quello che c'è sempre stato.
E il vento che soffia,
dal drappo sfilacciato dell'orizzonte laggiù,
ti investe come uno stivale pesante
che strappa, spiegazza, imbratta, calpesta.
Quel vento così familiare
che adesso ha solo l'odore del metallo di un pugnale.
E lì, davanti alla finestra di fuliggine,
con i piedi intorpiditi,
puoi inveire o strepitare.
Ma il suono della bocca è solo silenzio.
Oppure è il verso notturno di una civetta,
così simile al lamento di una donna.
(Post N° 899 del 23 aprile 2007 di Fionamay10)