Ci sono giorni in cui ti senti imbrigliato, incatenato alla tua vita e gli anelli chiusi dentro un lucchetto d'acciaio ti spolpano i polsi e le dita nel tentativo di districarti, liberarti dalla morsa.
Giorni in cui pensi di perdere tempo in cose che non portano alla serenità, si certo, ti ammansiscono il portafoglio ma poi torni a casa e sei comunque solo.
Giorni che ricordo come pesanti, inaccettabili nelle lunghe ore di riunioni e parole, tante, inutili spesso senza senso. Demagogia pura che cavalca la retorica dell'imprenditore tutto d'un pezzo. E i pezzettini che nessuno raccoglie a meno che non sia io stesso a piegare la schiena per ricomporre quello che veramente vorrei essere vivere.
Poi uno squarcio nel cielo, quell'azzurro strano, che non conosco, io, abituato a luci artificiali davanti al computer o nelle sale dove il vociare degli astanti diventava fastidioso, stanco e represso nel mio voler volare a tutti i costi.
E lo squarcio sta là, sopra la mia testa che inventa mille colori per farsi notare, per ricordarmi che c'è un mondo intorno fatto di sensazioni e musica. Un mondo fatto di due occhi che ti puntano e si chiedono se è il caso di perderci un po' di tempo!
E timido fuori dal mio ambiente, cammino spiazzato sotto questo cielo così azzurro da abbagliarmi, da costringermi alle lenti scure. Lenti che coprono il mio sguardo stupito di fronte a questi occhi che profumano di caldarroste e funghi. Occhi che hanno dentro la magia di un bosco, muschio odoroso di versi e fotografie che parlano di quello che lei sa vedere.
E riscopri il mondo speciale in cui infilare i tuoi pensieri come perle nel filo del cuore. E riscopri che in fondo c'è qualcosa di più oltre i muri di una ditta per cui vale la pena di rischiare e puntare il massimo.
E adesso, si, banalmente mi piace ascoltare il rumore di un silenzio che è musica. La sua.