C'è un angolo, laggiù, in fondo al paese, che è stato sempre il mio nascondiglio segreto. Una piccola insenatura fra pietre e una vecchia casa in rovina.
Scappavo giù per la montagna quando da bambino combinavo qualche guaio, mi rintanavo dentro la bicocca abbandonata e stavo lì in attesa che la buriana passasse.
L'avevo ripulita alla meglio, il tetto praticamente non esisteva più. i muri scrostati che puzzavano di muffa, un piccolo quadro del Sacro Cuore era appeso dove , presumo c'era stato il letto.
Il pavimento era di pietra, accanto al muro, vicino alla'ingresso ormai privo di porta, avevo trovato un materasso. Grigio, sporco, così tanto che quando lo toccai con il bastone tre topi uscirono come spinti dalle molle arrugginite.
Uno spavento! Raccoglievo ogn sorta di insetti e animaletti, ma topi mai. Forse il mio rancore era dovuto a quella volta che cercando in un tubo di ferro, che avevo trovato in giardino, per prendere una serpe, venni pizzicato da un ratto. Ricordo ancora il viso pallido di mia madre e il dolore al dito lancinante, come avessi mille cerini accesi dentro le falangi. Una corsa all'ospedale risolse.
Nel mio rifugio maleodorante avevo portato un "platò", l'avevo svuotato della verdura e capovolto, nella mia casetta, fungeva da tavolino.
Quanti spaventi dentro la mia casa. Aspettavo anche delle ore, più passava il tempo e più mio padre si sarebbe calmato. Spesso lo sentivo urlare il mio nome, mi guardavo bene dal rispondere.
Domenica scorsa sono ridisceso per la valle, volevo rivedere la mia tana.
E' sempre là. Sempre più disastrata, si è fermata la neve sugli strati del muro e del pavimento. Non c'è più il materasso, nemmeno il mio "tavolino". Resiste l'odore di muffa che è sempre più intensa, forte da sconquassare le narici. Entro coprendomi la bocca con il fazzoletto.
Ripenso ai miei "vecchi", agli zii a cui rubavo le galline e poi le liberavo intorno al mio rifugio. Rivedo quel bambino con i capelli diritti come spaghetti prima della cottura.
Lo vedo saltare fra gli alberi, modellare pezzetti di legno con il coltellino trovato per i boschi.
Lo rivedo seduto impaurito in un angolo del rifugio a pensare:
"Quando sarò grande ve la farò pagare a tutti!!-
Sento i profumi della mia montagna ancora intirizziti dal freddo. In lontananza un camino spande il suo fumo nero.
Mi prende quel piccolo tremore, ma so che non è il freddo. E' l'idea di rivedere mio padre scendere per un pezzetto in quel sentiero che porta al mio nascondiglio. Poi cambiava idea e mi lasciava con il solito "tanto ti acciuffo prima o poi"!
Mio padre e mia madre sono l'unico legame con le mie radici. Non ho fratelli e mi spiace adesso, pensandoci mi fa male.
Respiro profondamente e risalgo verso casa.
Con le mani in tasca e la mia vita appesa con un grande chiodo sulle cime imbiancate delle mie montagne. Insieme a tanti altri chiodi, qualcuno ancora fisso, altri che hanno lasciato l'impronta ingiallita della cornice in un angolo d'immenso.
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il 09/02/2016 alle 20:48
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il 16/08/2015 alle 23:00
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