Otto marzo, festa delle donne.
Una festa attorno alla quale orbitano atteggiamenti incoerenti e un eccesso di parole non sempre appropriate. Mi sento molto distante dalle "celebrazioni di un giorno" che troppo facilmente diventano fenomeni di consumismo…
La mimosa, la cena con le amiche forse nel locale dove si esibiscono nello strip maschile (tanto per sentirsi più alla pari), gli auguri fra donne che magari sfodererebbero le loro armi più affilate contro LA antagonista.
O da parte di uomini che un attimo dopo sprofonderanno nel loro maschilismo di sempre.
Io credo nel rispetto.
Le donne fanno e danno tanto. I loro carichi di lavoro spesso vengono svalutati da uno sguardo disattento che di colpo si riacutizza, quando le parti si invertono e quegli stessi pesi ricadono sulle spalle dei compagni.
Sono fatti di infiniti “piccoli” gesti di quotidianità. Che sembrano dovuti. Che sfiancano. Che se compiuti nell’interezza del rituale, giorno dopo giorno, ora dopo ora, sovrapposti alle fatiche del turno di lavoro, concorrono a frantumare quell’intesa dei "primi tempi", della cui mancanza inevitabilmente ci si lamenta con gran lutto. Per poi, a volte, cercare consolazione altrove..
Le donne meritano rispetto. (E non solo per un giorno.)
E lo devono. Perchè, se esiste una guerra dei sessi, uomini e donne restano Persone prima che antagonisti.
Arrivando in ufficio questa mattina ho trovato la stanza inondata di sole e sulla scrivania un ramo di mimosa ed un cioccolatino. Nessun biglietto..
Un augurio che nel suo silenzio di parole, orfano di compiacimento nel suo offrirsi nudo e anonimo, ha solleticato la mia tenerezza.
Ma proprio oggi, nonostante la mimosa che occhieggia solare sulla mia scrivania, il pensiero corre dolente a tutte le donne violate.
A quelle degli stupri etnici, alle donne abusate per sfregio o per la foia nata dal mix di alcool, noia, droghe e delirio di onnipotenza… A quelle che di tutto ciò porteranno per sempre segni visibili ed invisibili..
A quelle uccise per aver provato a dire “no”, perseguitate da un ex compagno che non accetta la fine di un percorso comune, o da un uomo che troppo ha promesso ed ora, invece di mantenere la parola, pensa solo a liberarsi dell’improvviso indesiderato ingombro.
Penso alle donne che si fingono cieche per non vedere un tradimento. A quelle che, invece, aprono le braccia al perdono. A quelle che piangono in silenzio; alle madri che vedono i figli morire di droga, di violenza, di malattia, di sabato sera; alle vedove delle morti bianche..
A quelle che partoriscono, con sofferenza, figli della fame e della povertà e cullano gli occhi spenti delle loro creature contro un seno giovane e già avvizzito, vuoto di latte e di speranza.
A quelle che se il capo allunga la mano o fa dipendere il futuro di una carriera da una “certa disponibilità” devono tenersi dentro vergogna e umiliazione perché se parli …”be’ un po’ l’avrà anche provocato”…
A quelle che “se vuoi dei figli non puoi lavorare”.
Penso alle prostitute per forza e per necessità; a quelle che, affrancatesi dal “protettore”, tornano a farlo in proprio perché si guadagna bene e a quelle che .. “purchè ci sia un papi da spremere, sono giovane e voglio vivere adesso”..
Penso a quelle che, per inseguire un sogno di giovinezza o un modello di venustà, si offrono in sacrificio sull’altare della chirurgia plastica, uscendone a volte plasmate come nel peggior incubo del dottor Frankenstein..
L’elenco è lungo. A guardarsi attorno si incrociano infiniti passi di donne, ognuna per la sua strada coi suoi sogni, la sua voglia di vivere, con determinazione o stanchezza, più spesso in una oceanica normalità…
A tutte auguro di trovare il giusto riconoscimento e di restare Donne.
Ma il mio augurio va anche agli uomini distratti e pigri, affinchè si ricordino che dietro le donne che hanno accanto c’è un’intera esistenza di cui spesso sono all’oscuro.. e che forse varrebbe la pena di esplorare con spirito nuovo e solidale..