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Charles Bukowski: la pioggia


 La pioggia.Un’orchestra sinfonica. Scoppia un temporale, stanno suonando un’ouverture di Wagner la gente lascia i posti sotto gli alberi e si precipita nel padiglione le donne ridendo, gli uomini ostentatamente calmi, sigarette bagnate che si buttano via, Wagner continua a suonare, e poi sono tutti al coperto. Vengono persino gli uccelli dagli alberi ed entrano nel padiglione e poi c’è la Rapsodia Ungherese n. 2 di Lizst, e piove ancora, ma guarda, un uomo seduto sotto la pioggia in ascolto. Il pubblico lo nota. Si voltano a guardare. L’orchestra bada agli affari suoi. L’uomo siede nella notte nella pioggia, in ascolto. Deve avere qualcosa che non va, no? È venuto a sentire la musica.…Anche ai nostri giorni, nonostante molti di noi ne conoscano suoi segreti, sentiamo la pioggia scrosciare come se volesse fare un reset completo fuori e dentro di noi, ripulire l’anima da impurità accumulate nel tempo. La immaginiamo compagna della nostalgia, di un dolce desiderio di intimità che rende l’atmosfera languida e sensuale. Il suo odore, inconfondibile quando bagna l'erba, la terra e che riconduce all’ozono il cui odore somiglia a quello del fieno appena tagliato, è spesso amalgamato a ricordi e/o stati d’animo che ci fanno rivivere momenti quasi dimenticati. Tutto questo si concretizza in un senso di dolce smarrimento dell’anima, sguardi persi nel vuoto dell’orizzonte di fronte a noi.Nella poesia di Bukowski il temporale, per la maggior parte della gente, viene visto come un momento da cui rifuggire per motivi del tutto scontati nella loro evidente natura: ci si bagna, una sensazione che può provocare parecchio disagio. Ed ecco che gli amanti dello spettacolo musicale, alle prime avvisaglie di pioggia si recano solleciti nell’interno del teatro per godere delle note di un concerto. Eppure un uomo solitario, all'esterno, vive il meraviglioso spettacolo della pioggia proprio come altri stanno godendo, nel teatro, della sinfonia di Wagner... a seguire una delle sinfonie di Lizts. È, la figura dell’uomo solitario, una fusione intima con madre natura, dunque niente di anormale, paradossale, eccentrico, nonostante perplessità di spettatori che lo  osservano.… … Siamo e viviamo, certo che si, l’autunno immersi nel suo caratteristico clima, i suoi odori, pigmenti luminosi delle piante che lentamente sbiadiscono, montagne le cui cime iniziano a colorarsi di bianco… L’autunno nel pieno del suo fascino: come riascoltare più volte, in giornate impregnate di lieve foschia e una leggera pioggia, il celebre Singing in the rain di Gene Kelly… Tanti poeti hanno esaltato l’autunno secondo proprie sensibilità, Bukowski lo ha fatto a modo suo e, per me, ha creato un’opera d’arte semplice, efficace e di pregio, attinente certe sfumature di stati d’animo e momenti di quella stagione cui, spesso, non si dà giusto risalto.… …In particolare il secondo brano cui fa riferimento Bukowski, la Rapsodia ungherese n. 2, è estremamente piacevole per l’ascolto, coinvolge intimamente gli astanti soprattutto per il suo effetto melodioso a tratti fluido, in altri serrato e vibrante di quel ritmo musicale. Intriga molto, in particolare, la geniale intuizione del compositore in cui il pianoforte – strumento musicale che preferisco più di tutti gli altri - riproduce fedelmente le sonorità di due strumenti tipici delle piccole orchestre zigane itineranti: il violino e il cimbalom.