Creato da almares il 04/01/2009

Anima...

“Tu l’abisso tra ciò che mi sento e ciò che stavo diventando. Prima di come sono adesso non ti avrei mai visto. Tu sei l’incontro fra me e noi. Forse in qualche modo ti aspetto. In qualche mondo ti ho aspettato. Ti aspetterò”

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Post n°25 pubblicato il 30 Aprile 2010 da almares

Le cicatrici sono il segno che e' stata dura.....



il sorriso il segno che ce l'hai fatta....

 
 
 

Sulla strada....

Post n°24 pubblicato il 28 Aprile 2010 da almares

Ricerco l’Anima, la vita nascosta come un bimbo sotto al letto. Afferro la sua profondità, il suo entusiasmo, l’emozione e custodisco questo come un oggetto di carta. Dal vento, dall’acqua, dalle pressioni. Dare. Sempre pronta a dare per chi ha il coraggio e la forza di riprendere la ricerca. Per un ideale o per un sogno. Ma solo per chi ha il coraggio di prendersi la responsabilità che nasce da un sogno. Soffrire? Non vorrei nulla senza sofferenza...... Da questo nasce l'amore per la vita per tutte le cose che la rendono bella, che alimentano la voglia di fare, di vivere.

La via d’uscita

L’amore sopra tutto, amore per se stessi, amore per chi ci ama. Senza questo non cambia nulla. Se vuoi cambiare il mondo cambia te stesso. Sicuramente cambierai le persone vicine che a loro volta cambieranno le persone vicine, che cambieranno…

Così cambia il mondo.

Eri nel posto giusto.

E lo sentivi.

 
 
 

Quando....

Post n°23 pubblicato il 24 Aprile 2010 da almares

Sono stata troppo a lungo una nomade autosufficiente.
 Mi piacerebbe che mi mancasse un pezzo. per andarlo a cercare altrove. per voltare le spalle a me stessa e mettermi a cercare quello che non mi posso concedere.

E invece mi sono data mezzi di sussistenza per poter andare avanti da sola, inciampando talvolta,  ma rialzandomi sempre. Incurante dell'accettazione degli altri;
perché gli altri che voglio intorno a me sanno premiare la mia accettazione.

Vorrei accettare il fatto che qualcuno possa avere un pezzo pregiato di me, e volermelo regalare.
Che mi regalassero una versione più aggiornata di me, una versione platinata, migliore, perché il modello base ce l'ho già.


Pensieri riflessi dentro uno specchio... senza immagine....

Quando non ho paura, allora mi piaccio
Quando rido mi piaccio, ma non capita spesso
Quando amo a più non posso, allora sì che mi piaccio
quando amo davvero, quando amo davvero
così come è capace uno di questa terra
uno vivo, vivo, uno vivo qui adesso
nel lato storto del mondo

Debbo trovare la mia pace......

 
 
 

Nella mia solitudine

Post n°22 pubblicato il 23 Aprile 2010 da almares

Entro piano nella casa del folle;
non apro le persiane, non tolgo la polvere.
Arrivo alla sua camera che ancora dorme
nel mattino troppa aria per occhi
di dolente marrone pallido. Guardo
la nuca rigida e il corpo che non sente
neppure il pigiama.
Mi siedo accanto e gli porto l'asfalto
ripulendolo dal rumore, dall'odore del mese,
dal peso della gente.

Cerco di non affollarlo di niente;
il suo corpo vuoto è una stanza: sogni
vi soffiano dentro bolle di vecchio dolore.
La ragione cos'è? Arrivo qui e mi stendo
al piede del suo letto come a una pianta
ed entra dentro di me, dal folle, quasi
fune elettrica, una bianca, stanca,
atroce vitalità.
 Amica mia... amica di sempre.... hai ripreso la mia mano....sei tornata a farmi compagnia....

 
 
 

..........

Post n°21 pubblicato il 17 Aprile 2010 da almares

Lui sapeva ascoltare. Aveva un terreno di conquista sconosciuto a tutti, l’oscuro atteggiamento di chi vuole possedere e, insieme, non trova pienezza in nessun possesso. Era l'abile liutaio dell’Anima, sapeva toccarne  le corde e farne uscire i pensieri, come succo d'uva; era attento e paziente come un ramaiolo che raccoglie pezzetti e li raduna in fascine. Non si aspettava l’ascolto degli altri, lo accettava, ma il suo era già sufficiente a  levigare un cuore, a togliere la ruggine dal ferro, a riempire le pause.
Così meditò su come stavano a guardarsi l'uno di fronte all'altra, senza nessun pudore, abituati a dividere tutto, a conoscersi in tutto e non averne paura, a non avere paura della pelle, né dell’Anima nuda, anche quando l’Anima nuda fa male.
Aveva il profumo dei giorni, ed era stato la carne, la sua carne d’amore.
 
Lui sapeva pensare: scagliava i suoi occhi su ogni parte del mondo e riusciva a guardarlo ovunque senza abbassare mai lo sguardo, come una sfida, per esplorare cieli e aprirne  finestre d’un colpo, con la forza del suo interrogarsi.
E glieli diceva tutti, i suoi pensieri, perché si fidava, come ci si fida dei fogli di un diario dove annoti i segreti e sai che li custodisce. Questo li rassicurava, perché questo li univa, e li faceva forti e pari.  Ma, il cuore, si sa, non ha bisogno di apprendere, per crescere.
Così meditò su come gli leggeva il giornale, a letto, la domenica mattina, battendo con la matita per richiamare la sua attenzione, a come gli sfiorava la mano, quando camminavano tra la folla, in modo lieve, quasi per caso, ma era un caso voluto, desiderato, abilmente creato, meravigliosamente timido.
Aveva le mani grandi, e nelle mani, le chiavi del destino, e, in quelle mani, si imparavano cose che altrove non si imparano.
 
 Lui sapeva parlare: metteva in fila parole che erano macigni, ma sapeva pronunciarle con una lievità che le rendeva di seta, forse per la sua voce, mai monocorde, mai troppo cristallina, e mai troppo ruvida.
Parlavano di tutto e non erano d’accordo quasi su nulla e questo poteva sembrare estenuante, invece non li stancava. Era caldo di abbracci all’occorrenza: spalle larghe su cui piangere e dita di lino per asciugare  lacrime, disegnare sorrisi, riparare un dolore; borbottava amabilmente qualcosa, si lamentava con schiettezza e, spesso, mostrava una vena di paterna indulgenza.
Gli aveva provocato grandi sofferenze, ma non ne sentiva mai il peso, né la colpa, né la responsabilità. Ignaro come i bimbi, che fanno male, ma è per gioco.
Così meditò sulla sua aria da guerriero, fiero di aver sempre lottato contro qualcosa, contro qualcuno, contro la vita, come per rendere un po’ di dolore; sulla sua ironia, sul suo orrore per la menzogna, sul suo entusiasmo, sulla sua curiosità per qualsiasi minuscola cosa, sulla cocciutaggine, sugli occhi vispi e indiscreti, sulle mani frenetiche, sull’assoluta mancanza di pudore e sul pudore più totale, sul suo sguardo di animale selvatico, di disarmante tenerezza.
Aveva la vanità di un uomo, ma anche la paura di un bambino: stringere forte le mani era il suo modo di vincere la guerra, abbandonandosi tutto d’un fiato, mai a piccoli sorsi.
 
 Lui sapeva fare l’amore: Il desiderio nasceva nel pensiero, valicava coraggioso un numero inesatto di sussurri per disarmare pudiche resistenze. Ma era facile vincerle, giacché era impossibile  difendersi dalla sua bocca, con quella, sapeva baciare la vita, baciarla davvero, e tutto esplodeva come un grido, in un secondo.
Aveva chiarezza e commozione, dentro la pace dentro il furore dentro la voglia dentro la nostalgia dentro il tempo dentro il mondo che si perdeva,  perché tutto era niente e l’eterno insieme, e non c’era scontro al mondo più bello, non c’era suono al mondo più bello.
Cosi meditò sulla sfrontatezza e sulle parole impronunciabili, che lui invece pronunciava come rime, sulla sua fame d'amore, sull’esigenza, sul vigore, sull’urgenza, sulla pace impetuosa che donava e riceveva dall’altro corpo, con uguale passione, con la identica precisa corrispondenza; sul sorriso che si disegnava sul rogo della loro faccia, sui gemiti, la saliva, i movimenti alternanti come schiuma di mare, il mondo che si rivelava ad ogni carezza, le parole all’orecchio, i morsi all’orecchio, i baci all’orecchio, la dolcezza all’orecchio, sugli occhi aperti sulla pelle nuda, sull’emozione addosso a un’emozione, in due, eppure avvinghiati, sul piacere che sopraggiunge improvviso:  un silenzio poderoso al centro di un boato, bello e prezioso come un segreto.
 
Gli aveva dato tutto, aveva ricevuto tutto, tutto il bene, tutto il meglio e tutto quanto c’è tra il bene e il meglio.
Gli aveva restituito tutto, aveva riavuto tutto, tutto quello che c'è tra il nulla e il tutto.

 
 
 

 

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