Un blog creato da Antologia1 il 25/11/2007

Best of Web

Greatest hits

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

AREA PERSONALE

 
 
 
 
 
 
 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Agosto 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
      1 2 3 4
5 6 7 8 9 10 11
12 13 14 15 16 17 18
19 20 21 22 23 24 25
26 27 28 29 30 31  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

FACEBOOK

 
 
 
 
 
 
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 17
 
 
 
 
 
 
 

REINCARNAZIONE .....

L’uomo intuisce lo scarto tra le aspirazioni eccessive del suo cuore e le forze e il tempo che ha a disposizione, la soluzione reincarnazionista sembra fornire una facile via di soluzione, in quanto la realizzazione si dispiega in un indefinito numero di esistenze. In realtà essa cela l’illusione di risolvere quantitativamente un problema che è di natura qualitativa:

una relazione di amore con la Persona assoluta ed infinita non si costruisce mediante degli sforzi umani, per quanto ripetuti e numerosi essi siano. Questa sarebbe la torre di Babele. Certamente lo sforzo, nel senso di un impegno decisivo e totale della libertà appartiene strutturalmente a questa relazione che – essendo relazione dialogica e personale – è incontro tra libertà, tra la libertà assoluta e quindi infinita di Dio e la libertà partecipata, limitata e fragile dell’uomo. Il dialogo tra persone presuppone che le persone si incontrino e si fronteggino – volto contro volto -, siano ciò distinte e l’unico modo per distinguersi realmente dalla Persona infinita è quella di esser posti nel limite. Il limite allora, la creaturalità, lungi dall’essere un handicap, risulta essere proprio il presupposto di possibilità di quella relazione d’amore che è la perfezione propria della persona umana; dove il corpo, oltre ad essere il garante del limite in quella situazionalità spazio-temporale che gli è propria essenzialmente, è anche lo strumento indispensabile della relazionalità umana. Per l’uomo il proprio corpo è la condizione del suo essere nel mondo e della sua apertuta al mondo e all’altro. Paradossalmente voler diventare Dio - il che può essere espresso in formule accattivanti, come il dissolversi nell’Uno-Tutto, il perdersi nell’armonia universale di tutte le cose, ecc. – inteso in senso stretto e proprio - vorrebbe dire voler cadere nel nulla, desiderare nihilisticamente l’estinzione di qualunque consistenza del proprio io e della propria identità personale. Nulla di fatto succederebbe in Dio che da sempre è e sempre sarà, mentre la mia vicenda sarebbe solo quella di un annientamento del mio essere e della mia coscienza di me… C’è da chiedersi se questo sia possibile non solo da un punto di vista metafisico, posto che l’appetito dell’essere è connaturato all’essere, ma anche da un punto di vista antropologico: si può dire di desiderare l’annientamento, ma come ammonisce Aristotele «non è necessario che tutto ciò che uno dice lo pensi anche»[19]. Altro invece è vivere la propria relazione con Dio come partecipazione a relazioni sussistenti in Dio stesso, che sono le divine persone della Trinità.

 
 
 
 
 
 
 

 

 
« Messaggio #167Messaggio #169 »

Post N° 168

Post n°168 pubblicato il 22 Marzo 2008 da Antologia1


Chi esalta la civiltà Maya in realtà rinnega l’Occidente

di Massimo Introvigne

(il Giornale 8 gennaio 2007)

 

La polemica avviata da Stefano Zecchi sul film Apocalypto è troppo importante per lasciarla cadere. Sono assolutamente d’accordo con Zecchi quando sostiene che chi lascia circolare la pornografia più cruda in televisione, al cinema e dai giornalai, a portata di ogni ragazzino, non ha poi titolo a lamentarsi della violenza al cinema. Anzi, la violenza può avere un valore pedagogico per mostrare che le guerre e le civiltà antiche erano fatte di crudeltà e di sangue - molto sangue - e non si riducono alle statue belle, lisce e pulite che ammiriamo nei musei. 

C'è tuttavia un giudizio di Zecchi che mi lascia perplesso, ed è quando definisce il film di Mel Gibson «essenzialmente idiota» perché presenta i maya come «un’accozzaglia di maniaci assassini e violentatori», invitando a leggersi piuttosto i libri di William Prescott. Ora, i due classici di Prescott - La conquista del Messico e La conquista del Perù - sono stati scritti nel 1843 e nel 1847. Prescott era un avvocato di scarso successo che diventò un autore di successo di divulgazione storica. Ma ha compilato le sue opere a partire da una letteratura inglese nata con evidenti finalità di propaganda antispagnola. Puritano di Salem - la città del Massachusetts famosa per la caccia alle streghe - era anche un fanatico anticattolico. La sua tesi era che la Spagna e la Chiesa avessero distrutto civiltà ammirevoli per pura sete di conquista e di potere.

Oggi tutti riconoscono ai libri di Prescott l’eleganza letteraria, ma nessuno pensa più che si tratti di opere storiche. Del resto centosessanta anni fa, quando scriveva, lo studio scientifico dei maya e degli aztechi era appena agli inizi. Si pensava che le descrizioni che gli spagnoli avevano fatto di queste civiltà - in particolare l’insistenza sul sacrificio umano - fossero opere di propaganda. Oggi la ricerca archeologica e l’antropologia che si sporca le mani sul terreno - da non confondere con quella teorica, che è semplicemente un’arma impropria del relativismo e dell’anticolonialismo - hanno dimostrato che i resoconti spagnoli erano sostanzialmente fedeli. 

Molti antropologi sono insorti contro Apocalypto non perché negano che il sacrificio umano fosse al centro della civiltà maya - sanno benissimo che era così - ma perché pensano, in nome del relativismo, che non abbiamo nessun diritto di giudicare altre culture.

Così l’antropologa Traci Ardren chiama il film «razzista» e sostiene che «dal punto di vista dei maya, il sacrificio umano era una profonda esperienza spirituale».

Ma forse non da quello delle vittime.

Il problema è importante, perché i sacrifici umani ci sono ancora. Per chiunque legga L’ultima notte, il testo consegnato ai terroristi dell’11 settembre dal loro capo Mohammed Atta, è evidente che l’attentato per Al Qaida era «una profonda esperienza spirituale»: mentre per noi è un vero sacrificio umano, di vittime innocenti a un’ideologia criminale. Ricordate? Il problema lo pose allora Silvio Berlusconi, che si fece aggredire da mezza Europa dichiarando che la nostra civiltà occidentale era superiore al tipo di islam che si era manifestato in quei terroristi. Oggi Gibson sostiene, forse brutalmente, che una cultura che rifiuta il sacrificio umano è superiore a una che ne fa il centro della sua stessa esistenza. Vietando relativisticamente questo tipo di giudizi, e insistendo che tutte le culture sono di ugual valore, si fa forse dell’antropologia politicamente corretta, ma si scardinano le radici stesse dell’Occidente. 

     

La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/Antologia/trackback.php?msg=4342936

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
Nessun trackback

 
Commenti al Post:
Nessun commento
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 
 
 
 
 
 
 

ULTIME VISITE AL BLOG

andreaboniottojoeblack1963GiuseppeLivioL2semprepazzaDIAMANTE.ARCOBALENObal_zacazzonzomenevogiuliocrugliano32brunagaglianostrong_passionpsicologiaforensemafesigiuunamamma1donatella.mussoniAresmorelli
 
 
 
 
 
 
 

ULTIMI COMMENTI

 
 
 
 
 
 
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
I commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
 
 
 
 
 
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963