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Citazioni nei Blog Amici: 17
 
 
 
 
 
 
 

REINCARNAZIONE .....

L’uomo intuisce lo scarto tra le aspirazioni eccessive del suo cuore e le forze e il tempo che ha a disposizione, la soluzione reincarnazionista sembra fornire una facile via di soluzione, in quanto la realizzazione si dispiega in un indefinito numero di esistenze. In realtà essa cela l’illusione di risolvere quantitativamente un problema che è di natura qualitativa:

una relazione di amore con la Persona assoluta ed infinita non si costruisce mediante degli sforzi umani, per quanto ripetuti e numerosi essi siano. Questa sarebbe la torre di Babele. Certamente lo sforzo, nel senso di un impegno decisivo e totale della libertà appartiene strutturalmente a questa relazione che – essendo relazione dialogica e personale – è incontro tra libertà, tra la libertà assoluta e quindi infinita di Dio e la libertà partecipata, limitata e fragile dell’uomo. Il dialogo tra persone presuppone che le persone si incontrino e si fronteggino – volto contro volto -, siano ciò distinte e l’unico modo per distinguersi realmente dalla Persona infinita è quella di esser posti nel limite. Il limite allora, la creaturalità, lungi dall’essere un handicap, risulta essere proprio il presupposto di possibilità di quella relazione d’amore che è la perfezione propria della persona umana; dove il corpo, oltre ad essere il garante del limite in quella situazionalità spazio-temporale che gli è propria essenzialmente, è anche lo strumento indispensabile della relazionalità umana. Per l’uomo il proprio corpo è la condizione del suo essere nel mondo e della sua apertuta al mondo e all’altro. Paradossalmente voler diventare Dio - il che può essere espresso in formule accattivanti, come il dissolversi nell’Uno-Tutto, il perdersi nell’armonia universale di tutte le cose, ecc. – inteso in senso stretto e proprio - vorrebbe dire voler cadere nel nulla, desiderare nihilisticamente l’estinzione di qualunque consistenza del proprio io e della propria identità personale. Nulla di fatto succederebbe in Dio che da sempre è e sempre sarà, mentre la mia vicenda sarebbe solo quella di un annientamento del mio essere e della mia coscienza di me… C’è da chiedersi se questo sia possibile non solo da un punto di vista metafisico, posto che l’appetito dell’essere è connaturato all’essere, ma anche da un punto di vista antropologico: si può dire di desiderare l’annientamento, ma come ammonisce Aristotele «non è necessario che tutto ciò che uno dice lo pensi anche»[19]. Altro invece è vivere la propria relazione con Dio come partecipazione a relazioni sussistenti in Dio stesso, che sono le divine persone della Trinità.

 
 
 
 
 
 
 

Ultimi Commenti

 
filtr
filtr il 30/05/08 alle 13:46 via WEB
cosi mi sembra di aver capito...e che e' liibero a scegliere e proporre chi....ciaoooooo...:)
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:54 via WEB
Questo comunque non impedisce alla regista di portare avanti una tesi molto precisa, coerente con tutta la sua filmografia (da Il più bel giorno della mia vita a La bestia nel cuore): non c’è nessun legame precostituito, nessuna responsabilità verso altre persone, nessun valore positivo che sia paragonabile alla passione, o che giustifichi la rinuncia ad essa.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:53 via WEB
Come in ogni storia passionale che si rispetti, questo amore improvviso e travolgente si fonda sul fascino del proibito e sull’attrazione fisica, e non tarderà a lasciare dietro di sé molte macerie: quelle dei legami istituzionali, della famiglia, dei figli. La Comencini non bara sulle conseguenze dell’adulterio, mostrandone i tristi dettagli pratici: ad esempio, una madre che deve dare la buonanotte ai suoi bambini per poi sgattaiolare fuori di casa e andare a dormire da un’altra parte, con un macigno nel cuore. E non è solo un problema di cultura patriarcale, visto che a Carlo, cacciato di casa da Elena, tocca la stessa sorte.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:53 via WEB
Quella “diversità” che fa scattare l’attrazione, infatti, non è il baricentro tematico del film, quanto l’occasione narrativa per introdurre la sua reale, indiscussa protagonista: e cioè la passione, la forza dirompente che scardina i rapporti consolidati e scombina le strade delle persone, aprendole a direzioni non previste.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:53 via WEB
Il film, invece, non percorre fino in fondo le provocazioni lanciate e anzi si arena subito in una palude di contraddizioni e di luoghi comuni, borghesi e limitati proprio come la realtà che vorrebbe criticare. A poco a poco, il razzismo e il rapporto con la diversità si fanno da parte per lasciare spazio al vero tema. Bastano i pochi passaggi che portano i due protagonisti dall’impacciato primo incontro alla camera da letto per farci capire che Nadine e Carlo potrebbero anche avere la pelle dello stesso colore, ma in fondo la storia cambierebbe poco.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:52 via WEB
L’idea di raccontare il razzismo dei quartieri alti, che si nasconde dietro apparenze liberali ma nasce da borghesissimi sensi di colpa (stile Indovina chi viene a cena), poteva essere originale e anche coraggiosa: l’ambientazione upper class avrebbe reso necessario, se non altro, creare conflitti più sottili di quello – abbastanza ovvio e ad elevato rischio pietismo - dato dalla differenza di status sociale (bianchi ricchi vs neri poveri). Non solo, infatti, i protagonisti della storia Carlo e Nadine appartengono entrambi alla Roma “bene”, nonostante la differenza di razza: addirittura, il bianco Carlo ha origini sociali più modeste della nera Nadine, nata e cresciuta in contesti privilegiati.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:52 via WEB
Fabio Volo, sempre credibile come “italiano medio”, interpreta Carlo, marito di Elena (una Ambra Angiolini troppo isterica), ragazza di buona famiglia che si lava la coscienza con un lavoro socialmente utile, vivendo di fatto immersa nel classismo dell’alta borghesia romana. Il tran tran di Carlo ed Elena è spezzato dalla frequentazione con una coppia di senegalesi, Nadine e Bertrand, caratterizzata da equilibri opposti: il marito è un convinto attivista pro Africa, la moglie non ne può più di assistere a conferenze e raccolte di fondi (anche perché il problema della fame lei non l’ha mai avuto, provenendo da una famiglia benestante).
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:51 via WEB
Perché è questo che Cristina Comencini mette in scena nel suo Bianco e nero, nonostante le buone intenzioni di partenza, senz’altro radicate nella conoscenza diretta di certi ambienti e dinamiche sociali. Ma infilare la tematica razziale nei dialoghi, nelle situazioni, negli oggetti, ribadirla sempre e ovunque con una schematicità quasi ridicola, non significa sviscerarla davvero, in profondità. Soprattutto se, come inequivocabilmente emerge dalla storia, l’interesse dell’autrice è rivolto ad altro.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:51 via WEB
Non è la prima volta che l’etichetta e i fondi del Ministero dei Beni Culturali sponsorizzano un film in cui la tematica etnica si rivela uno specchietto per le allodole. La lezione di Last Minute Marocco, la scorsa stagione, non è bastata: dopo aver nobilitato le allegre fumate di quattro ragazzini in vacanza, quest’anno il logo del Ministero dei Beni Culturali cerca di elevare a commedia sociologica un film che, in fondo, si limita a raccontare un dramma borghese. E cioè, per dirla breve, una banale storia di corna.
 
1carinodolce
1carinodolce il 28/05/08 alle 02:50 via WEB
Elena lavora in una associazione che si batte per i diritti dell’Africa, suo marito Carlo è tranquillamente indifferente alle grandi questioni umanitarie. Un giorno però incontra Nadine, splendida senegalese sposata con un attivista africano collega di Elena. "BIANCO E NERO (Chiara Toffoletto)"
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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