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« La regola del cartellino.Filosofia metropolitana. »

Il bullismo non esiste.

Post n°3587 pubblicato il 27 Maggio 2007 da Le.Arabe.Felici

I giornalisti di oggi sono la vergogna dei maestri di ieri. I giornalisti di oggi creano le notizie, non le commentano. I giornalisti di oggi creano le mode, coniano dei neologismi che diventano delle etichette il cui significato, che dovrebbe sortire l'effetto del dileggio, in realtà diventa aggettivo dalla matrice positiva. I giornalisti di oggi questo lo sanno, ed instillano nei lettori preoccupanti desideri di emulare quello che una notizia apparentemente deprecabile narra con spietato calcolo.
Facciamo un passo indietro. Il termine "bullo", nella sua accezione verista e pasoliniana, figlia di quella Roma di un tempo da cui proveniamo, vestiva l'individuo che veloce di mano e con il coltello, aveva comunque una sua etica ed un rispetto quasi sacrale per l'avversario. Il Bullo frequentava le osterie, giocava a zecchinetta, e prima della "zaccagnata" intimava all'avversario di tirare fuori la lama. L'avversario era sempre di livello e, comunque, mai chi non si potesse difendere o risultasse una "mozzarella". Per quelli venivano riservate le buffe "abbottate". Il bullo non era un vigliacco. Se attaccava l'indifeso, il pavido o il timido era automaticamente un "infame". Il bullo di quartiere era rispettato, manteneva una sorta di ordine non scritto ed aveva vita breve, ma lo sapeva. In questa accezione storica, il bullo ha avuto ed ha una valenza positiva. Non un prepotente, ma un personaggio da storia d'amore e de cortelli, il protettore del suo quartiere. Il giovane che legge oggi sul giornale atti di bullismo, che si palesano in una serie di stronzate sciocche ed azioni completamente e risibilmente grottesche, crede che per fregiarsi di tale titolo sia sufficiente picchiare un indifeso o fotografare una professoressa o insultare un professore sperduto. I giornali, la televisione, la stampa hanno coniato il termine "bullismo" per battezzare un fenomeno che con il bullismo non c'entra un cazzo, e causando, ciò che si desidera e si vuole, una spirale di emulazione pericolosa e preoccupante. Non ritenete che sarebbe stato molto più attinente scrivere titoli più corretti del tipo "Bambino vigliacco picchia handicappato" o "Povero pipparolo filma le cosce dell'insegnante", "Gruppo di decerebrati piscialletto picchiano un loro coetaneo" o "Imbecille frustrato filma la compagna durante una fellatio"? Ovvio, sarebbe stata una notizia certa. Ma avrebbe avuto il contraltare di non scatenare il fenomeno di imitazione tra gli adolescenti: ognuno aspira a diventare bullo, nessuno aspira a diventare vigliacco. E le notizie, con il tempo, sarebbero terminate. Quando andavamo a scuola noi, chi si comportava in quel modo si ritrovava nel corridoio, durante la ricreazione, con le insegnanti di sostegno. Era visto come un povero reietto, e deriso, non imitato, umiliato se vogliamo nella sua condizione di prepotente senza cervello. Ora, invece, diventa un leader, grazie alle cariche di onoreficenza che gli vengono tagliate e cucite addosso per merito di giornalisti che godono nel creare dei casi, chiamandoli con un nome che non c'entra un cazzo. Complimenti.

 
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Not.Found il 27/05/07 alle 19:27 via WEB
...sulla scia del bullo romano a Napoli esisteva il Guappo o uomo d'onore, affiliato alla Camorra e che grosso modo aveva le stesse peculiarità, si faceva rispettare e portava rispetto, i quartieri erano tranquilli sotto la sua supervisione, gli indifesi o quelli che subivano torti avevano il giusto riscatto grazie a loro, un'immagine di certo romantica di una figura ormai estinta anche perchè la Camorra ed i suoi affiliati si è evoluta in qualcosa di veramente terribile, senza più regole senza più onore...in merito al potere dell'informazione(distorta) che ormai abbonda tra i media, dove la notizia che fa clamore ci viene perpetuamente riproposta in tutte le salse, non fa altro che contribuire in modo pesante alla confusione delle idee e al disorientamento morale, creando miti e leggende, su individui che non sono degni della minima attenzione.
La professione di giornalista è un ruolo estremamente delicato, che conferisce una grande responsabilità a chi la esercita, per tale motivo il compito di questi professionisti dovrebbe essere quello di permettere ai cittadini di formarsi libere opinioni su ciò che accade vicino a loro e in ogni parte del mondo e questo attraverso un’informazione corretta ed obiettiva. Peccato che questa cosa è ormai diventata merce rara.
 
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