in viaggio
ti domanderanno come si attraversa la vita. Rispondi: come un abisso, su una corda tesa: in bellezza, con cautela e oscillandoMarija Gimbutas è autrice di oltre 20 opere e 200 pubblicazioni su argomenti che spaziano dalla preistoria e mitologia dell'Europa Antica alle origini delle culture indoeuropee.
Nacque in Lituania, nel 1921, morì a Los Angeles nel 1994.
Studiò le culture del neolitico e dell'età del bronzo della "Vecchia Europa", un'espressione da lei introdotta. I lavori pubblicati tra il 1946 e il 1971 introdussero nuovi punti di vista nell'ambito della linguistica e dell'interpretazione della mitologia.
Marija Gimbutas giunse negli Stati Uniti come rifugiata dalla Lituania dopo aver conseguito un dottorato in archeologia in Germania, ma mai dimenticò le radici lituane. Iniziò all'Harvard University traducendo testi di archeologia dell'Europa orientale, e divenne assistente al Dipartimento di Antropologia.
Nel 1956, la Gimbutas introdusse la sua "Ipotesi Kurgan", che coniugava lo studio della cultura Kurgan con la linguistica al fine di risolvere alcuni problemi concernenti gli antichi popoli parlanti il proto-indo-europeo, che qualificò come genti "Kurgan". Questa ipotesi e il suo atteggiamento multidisciplinare ebbero un impatto significativo sull'indoeuropeistica.
In qualità di professore di archeologia alla UCLA University , Marija Gimbutas diresse i maggiori scavi dei siti del neolitico nell'Europa sud-orientale tra il 1967 e il 1980, grazie ai quali furono portati alla luce una gran quantità di manufatti artistici e di uso quotidiano risalenti ad un periodo precedente a quello che si riteneva a quel tempo l'inizio del neolitico in Europa.
Gimbutas si guadagnò una reputazione di specialista mondiale dell 'età del bronzo indoeuropea, nonché del folklore lituano e della preistoria dei balti e slavi, ma ottenne una fama inaspettata con Il linguaggio della Dea, che ispirò una mostra a Wiesbaden, ed il suo ultimo libro The Civilization of the Goddess (1991), che presentava una panoramica delle sue teorie circa le culture del neolitico in Europa: configurazioni architettoniche, strutture sociali, arte, religione e letteratura. Il libro discuteva le differenze tra gli elementi del sistema della "vecchia Europa", da lei considerato matriarcale e ginocentrico, e la cultura patriarcale portata dagli indoeuropei nell'età del bronzo. Secondo la Gimbutas, questi due sistemi si sarebbero fusi generando le società classica dell'Europa storica.
Nel suo lavoro reinterpretò la preistoria europea alla luce delle sue conoscenze in Linguistica, etnologia e storia delle religioni, proponendo così un quadro in contrasto con le tradizionali assunzioni circa l'inizio della civilità europea.
Joseph Campbell e Ashley Montagu ritennero paragonabile il contributo di Marija Gimbutas alla Stele di Rosetta e la decifrazione dei geroglifici egiziani. Campbell scrisse la prefazione ad una edizione del Il linguaggio della Dea , prima che la Gimbutas morisse, e spesso diceva di quanto profondamente si rammaricasse che le sue ricerche sulle culture del neolitico dell'Europa non fossero disponibili nel tempo in cui lui stava scrivendo The Masks of God. I suoi articoli sono archiviati insieme con quelli della Gimbutas alla "Joseph Campbell and Marija Gimbutas library", in California.
Per Maria era ovvio che ciascun aspetto della cultura della Vecchia Europa esprimesse un sofisticato simbolismo religioso. Pertanto si dedicò allo studio esaustivo dell'iconografia e del simbolismo del Neolitico al fine di scoprirne i significati sociali e mitologici. Per realizzare ciò fu necessario allargare gli orizzonti dell'archeologia descrittiva al fine di includere linguistica, mitologia, comparazione delle religioni e lo studio storiografico. Lei definì questo approccio interdisciplinare, archeomitologia.
L'interpretazione di Riane Eisler e di Marja Gimbutas rintraccia la cultura pacifica del culto della Dea madre nei simboli dell’antica Europa. Un materiale abbondante ma sul quale scarsa è stata invece l’attenzione ad esso dedicata. Le due studiose usano il termine gilania, coniato da Riane Eisler. E' una parola composta dalle radici greche della parola donna e uomo, unite dalla l come legame tra le due parti dell’umanità, per spiegare la struttura sociale ‘egualitaria’ di popolazioni matrifocali.
L'ipotesi Kurgan è quella che riceve maggiori consensi circa la diffusione delle lingue indoeuropee.
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"E' stato". http://www.silviolucchini.com
la foto è di proprietà di Silvio Lucchini e non può essere copiata o utilizzata senza il suo consenso.
Il magnifico progetto fotografico di Silvio si intitola “è stato”, scatti urbani, per lo più di sera, ambienti in costruzione, luce artificiale, assenza di esseri umani…continuo ad osservare queste foto affascinanti, bellissime…inquietanti.
Si sovrappongono le immagini di un altro progetto artistico, quello di ArsLab, installazioni d’arte interattive, e le immagini plasmate dalla lettura di libri, quelle rimaste impresse negli occhi attraverso la visione di film…..un futuro che è presente e nello stesso tempo già passato…dolente.
La mente spazia, attraverso reminiscenze di immagini, di fatti, di letture, di nozioni, di sogni.
La bomba al neutrone pare possa distruggere tutto ciò che è vivente ma lasciare intatti edifici ed infrastrutture, i luoghi avvolti nel silenzio, l’armonia dell’assenza, l'assenza dell’uomo.
Il Cacciatore di androidi, meravigliosa opera nata dalla grande inquietudine di P. Dick, divenne poi un film altrettanto bello, Blade Runner.
“Io ne ho viste cose che vuoi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhauser... e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. E' tempo di morire”.
Il viaggio di Frodo e la sconfitta di Sauron, scenari luminosi, bucolici, semplici e altri foschi, oscuri, fascinosi e ingannevoli.
L’assenza e la presenza.
Gli uomini traspaiono dietro le loro creazioni, oppure le opere dell’uomo una volta realizzate si svelano colme di vita propria e soprattutto autonoma?
Guardo e mi pare di esserci, sento però di essere spettatore, non protagonista…, questi luoghi, aree industriali, avvolte in un’algida bellezza, edifici bianchi, illuminati dalla fredda luce elettrica, spazi colmi di magnificenza, bellezza silenziosa, immota, oppure armonia allo stato puro…l’assenza dell’uomo è una ferita dolente oppure la somma armonia?
Gli escavatori, i lavori in corso, le auto in sosta, le rotonde in costruzione, le palizzate dei cantieri…tutto ciò denota l’incompletezza, l’assenza dell’uomo, eppure guardando questi scatti la completezza c’è, ed è assoluta….le cose esistono, hanno acquisito una vita propria, fanno mostra della propria bellezza, a tratti austera, a tratti essenziale, selvaggia in alcuni scorci, altera in altri, sentono, vibrano, gioiscono e si dolgono…..come gli androidi di blade runner…divenuti infine i veri umani, più umani degli umani che han perso la loro umanità barattata, moderni Faust, con i giocattoli tecnologici di cui ci si riempie la vita, in una frenesia dell'usa e getta sempre più veloce, per non correre il rischio di fermarsi ed accorgersi del vuoto che si ha dentro, incolmabile, abissale, disperante.
Le zone industriali di sera, quando non c’è più nessuno, gli edifici nitidi, squadrati, avvolti nella quiete della sera, assumono una bellezza assoluta, sono foto, non c’è audio, eppure guardando, senti il silenzio, lo percepisci, ne senti l’essenza, lo senti avvolgere ogni spazio, ne senti la pregnanza…hai la nitida certezza che qualunque passo umano in quel momento, in quel luogo, risuonerebbe come fuori luogo, inquietante, nemico….questo paesaggio vagamente lunare è perfetto così, la sua bellezza sublime è nell’assenza.
Guardare la città, è una città ben precisa, ma potrebbe essere qualunque città, qualunque area metropolitana, e scoprire di non conoscerla, non è così nelle mattine di corsa contro il tempo, non è così nelle sere di rientro spasmodico, non è così nelle notti di movida, eppure è sempre lei, sempre La Città, la stessa che viviamo ogni giorno, la stessa attraverso la quale ci muoviamo e che ci scorre accanto senza che ci si soffermi a guardarla davvero…. un limite moderno, non c’è tempo mai per nulla, le cose, le persone, tutto rimane ignoto, non conosciamo mai nulla davvero, non abbiamo tempo di fermarci a vedere, guardiamo senza vedere realmente … e abbiamo perso il senso della meraviglia, della fiaba, dell’immaginario…dell’anima e dell’immensità di un istante….e poi…una foto, uno scatto e rimembriamo quasi nostalgicamente che lo sguardo è lo specchio dell’anima, sentiamo gli infiniti orizzonti che ci appartengono, le silenti potenzialità inespresse ridestarsi, la forza evocativa..la magia attraverso la visione, l’immagine dell’anima che l’uomo sta perdendo… O forse solo dimenticando di avere?
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Linda niñita quedada así, sentada en la orilla del mar
y las manos llenas de perlas
el sol en tu frente y en la sonrisa
blanca orquidea, alma y paloma
y la alegría, tú cantas consuelo,
tú cantas esperanza, tú cantas remedios,
espera que un día yo pueda decirte:
"te quiero pequeña, chiquita, preciosa, hermosa.....
falsa solo in parte
e il giusto e l'ingiusto si mischiano
e coloro che rispetti possono deluderti,
coloro che disprezzi possono commuoverti
nella tua fredda stanza
guardi le stelle
che tremano d'amore e di speranza...
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La gentilezza nelle parole crea confidenza, la gentilezza nei pensieri crea profondità, la gentilezza nel dare crea amore.
Inviato da: tigerag
il 24/12/2009 alle 20:51
Inviato da: miladylady
il 03/12/2009 alle 01:05
Inviato da: tigerag
il 02/12/2009 alle 19:53
Inviato da: miladylady
il 24/11/2009 alle 15:55
Inviato da: marieelenoire1
il 24/11/2009 alle 14:35