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Il Settimo Sigillo (Det Sjunde Inseglet)

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« Il settimo sigilloIncontro con la morte »

Il settimo sigillo _ critica cinematografica _ trama

Post n°3 pubblicato il 19 Luglio 2006 da lavariantediluneburg
 
Tag: Bergman




Il Settimo Sigillo

Attenzione: questa sezione rivela, del tutto o in parte, la trama dell'opera.



"E quando l'agnello aprì il settimo sigillo, si fece nel cielo un silenzio di circa mezz'ora. E vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio, e furon loro date sette trombe… E il primo angelo diede fiato alla tromba, e ne venne grandine e fuoco misto a sangue e furono gettati sopra la terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi fu arsa, e fu arsa tutta l'erba verdeggiante. E il secondo angelo diede fiato alla tromba e una specie di grande montagna di fuoco ardente fu gettata dal mare, e la terza parte del mare diventò sangue… E il terzo angelo diede fiato alla sua tromba. E dal cielo cadde una stella grande, ardente come la fiaccola… La stella si chiamava Assenzio…"

Apocalisse di Giovanni (8, 1-11)
(*)



La citazione dell'Apocalisse di Giovanni (8, 1-11) è ricavata dalla sceneggiatura de Il settimo sigillo, il noto film di Ingmar Bergman del 1956. Il testo è stato tradotto in italiano da Alberto Criscuolo, che si è basato sull'originale dattiloscritto. Questa versione è stata pubblicata nel 1994 presso la casa editrice Iperborea di Milano. Le uniche traduzioni precedentemente in circolazione della sceneggiatura de Il settimo sigillo erano in lingua inglese. Scrive Alberto Criscuolo nella nota che segue la traduzione: " Perché il titolo Il settimo sigillo? A cosa vuole alludere? Si sente all'inizio del film una voce fuori campo che legge dei versi dell'Apocalisse di San Giovanni, ventisettesimo ed ultimo tra gli scritti del Nuovo Testamento: "Il libro scritto di dentro e di fuori e sigillato con sette sigilli" (Cap. V). Il libro consisteva in fogli di pergamena avvolti l'uno dopo l'altro intorno a un bastoncino e sigillati, in modo che non fossero letti. E' il libro che contiene l'avvenire e che sarà letto dall'Agnello, cioè Cristo, "un agnello con sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio spediti per tutta la terra". Le corna significano l'onnipotenza, gli occhi l'onniscienza, gli spiriti gli esecutori dei suoi ordini. Il primo sigillo rivela la conquista, il secondo la guerra, il terzo la fame, il quarto la morte, il quinto i martiri, il sesto gli sconvolgimenti universali, il settimo il tragico finale della visione apocalittica. "E quando l'Agnello aprì il settimo sigillo, si fece nel cielo un silenzio di circa mezz'ora": l'uomo viene a conoscenza dei misteri della vita in questa mezz'ora? Allo stesso modo, il cavaliere che procrastina la morte sfidandola a scacchi, per un'ultima azione che abbia un senso", riesce a dare un significato alla sua esistenza?" (I. Bergman, Il settimo sigillo, tad. It. di Alberto Criscuolo, Milano, 1999, V ed., p. 87).
Le ragioni della citazione dell'Apocalisse da parte di Bergman risiedono probabilmente nella memoria degli sconvolgimenti verificatisi durante l'ultimo conflitto mondiale, e in particolare nel ricordo del disastro atomico di Hiroshima e Nagasaki. Ma a nostra volta possiamo chiederci quali siano le ragioni che hanno determinato questo rinnovato interesse nei confronti de Il settimo sigillo. Una possibile risposta risiede nel fatto che la paura delle scadenze millenaristiche, da considerarsi tutt'altro che consegnata al passato, continua ad affascinare i contemporanei, attraendo a sé una schiera di sempre nuove persone pronte ad interpretare i "segni dei tempi". Basti per tutti l'esempio di come, qualche anno fa, si sia attirata l'attenzione sulla circostanza che il disastro di Chernobyl poteva essere letto in chiave millenaristico-apocalittica, in quanto il nome della località avrebbe in lingua russa il significato di "assenzio".
Supposte o reali, le suggestioni che possono dunque avere suggerito un revival dell'opera di Bergman potrebbero essere numerose, e nella nota di Alberto Criscuolo si avverte la curiosità di chi s'interroga sul significato profondo del film, a partire da qualche intuizione del regista intorno alla parabola delle vicende umane ed al significato dell'esistenza.

Siamo presumibilmente nel XIV secolo, Antonius Block sta ritornando col suo scudiero dalla crociata in Terra Santa ed incontra un personaggio alquanto misterioso: ha il volto estremamente pallido ed è vestito di un mantello e di un cappuccio scuri. "Chi sei?", gli chiede il cavaliere. E il personaggio risponde: "Sono la morte." La Morte è venuta a prendere il cavaliere, ma in cambio di una partita a scacchi questi riesce ad ottenere una dilazione al compimento del suo destino. La Morte giocherà come le si addice con i pezzi neri, e perciò il cavaliere avrà il vantaggio della mossa.
La partita incomincia: dopo aver spostato il primo pezzo, i due si lasciano ed il cavaliere raggiunge il suo scudiero. Entrambi riprendono il cammino verso casa, ma sul percorso li attende l'epidemia della peste. Passano davanti a un carrozzone di attori girovaghi e, mentre gli occupanti si risvegliano dal sonno, i due proseguono senza badare loro per la propria strada. Si tratta di due uomini, di una donna e un bambino: Skat, Jof, sua moglie Mia e il loro figlio, Mikael, il cui nome richiama quello dell'Arcangelo Michele, ed un altro passo dell'Apocalisse di Giovanni (12, 7). Mia e Jof discutono del futuro del loro figlio: "Voglio che Mikael abbia una vita migliore della nostra", dice la donna. E Jof le assicura: " Mikael diventerà un grande acrobata, o un giocoliere che riuscirà a fare il numero più incredibile … Far rimanere una palla immobile in aria." Intanto, il cavaliere ed il suo scudiero hanno raggiunto una chiesa dove incontrano un pittore che sta affrescando una Danza Macabra.

Bisogna qui osservare un anacronismo. In realtà, il soggetto della Danza Macabra è posteriore di qualche decennio alla diffusione in Europa della peste nera. Esso si afferma intorno al XV secolo e deve la propria origine alla rappresentazione dei Misteri religiosi messi in scena davanti alle chiese. L'aggettivo di macabra attribuito alla Danza della Morte è invece da ricercare in una poesia del 1376, composta da Jean de Lèvre dopo l'epidemia di peste che aveva imperversato a Parigi due anni prima: "Je fis de Macabré la danse…", scrive l'autore scampato miracolosamente alla malattia. E Macabré è forse il nome proprio di qualche poeta o attore. Il soggetto della Danza Macabra che è legato al pensiero apocalittico-millenaristico era comunque malvisto dalle autorità dell'epoca, in quanto rifletteva il pensiero secondo cui davanti alla morte tutti gli uomini tornavano ad essere uguali.

Nella chiesa dove il pittore affresca la Danza Macabra, Antonius Block si apparta vicino ad un confessionale. Indotto a credere di parlare con un prete, chi ne ascolta i più intimi segreti dell'anima è invece la Morte, che riesce così a farsi dire quale sarà la sua strategia di gioco. I pezzi degli scacchi rappresentano l'immagine di una società tradizionale, o più estensivamente l'immagine di un mondo, dove luce e tenebra, il bianco e il nero della scacchiera, corrispondono alla duplice condizione dell'Essere nello stato di manifestazione e di non manifestazione: Arjuna e Krishna, l'io e il Sé, il mortale e l'immortale.
Le moderne regole degli scacchi sono state fissate intorno al XV secolo. Nonostante la partita di Antonius Block con la Morte si svolga nel XIV secolo, si tratta di una partita interamente moderna in cui si sentono vagamente riecheggiare alcuni motivi che sono propri dell'esistenzialismo di Heidegger: " Voglio parlarti il più sinceramente possibile, ma il mio cuore è vuoto - dice il cavaliere alla Morte - Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura. Per la mia indifferenza verso il prossimo mi sono isolato dalla compagnia umana. Ora vivo in un mondo di fantasmi, rinchiuso nei miei sogni e nelle mie fantasie." Lo stesso problema religioso assume un significato esistenzialistico, e la dimensione di Dio a cui si riferisce Antonius Block più che religiosa è ontologica: " E' così crudelmente impensabile percepire Dio con i propri sensi? Perché deve nascondersi in una nebbia di mezze promesse e di miracoli che nessuno ha visto?" - dice il cavaliere, che prima di morie vuole delle "garanzie", dalla Morte. E così prosegue: " Perché non posso uccidere Dio in me stesso? Perché continua a vivere in me in questo modo doloroso e umiliante, anche se io lo maledico e voglio strapparlo dal mio cuore? E perché, nonostante tutto, continua ad essere una realtà illusoria da cui non riesco a liberarmi … Io voglio sapere. Non credere. Non supporre. Voglio sapere. Voglio che Dio mi tenda la mano, che mi sveli il suo volto, mi parli … Lo chiamo nelle tenebre, ma a volte è come se non esistesse. " " Forse non esiste" , gli replica la Morte. E il cavaliere risponde: " Allora la vita è un assurdo errore. Nessuno può vivere con la Morte davanti agli occhi sapendo che tutto è nulla." E il cavaliere non manca neppure di far riferimento al tema dell' "esistenza inautentica": " La mia vita è stata vuota, l'ho passata ad andare a caccia, a viaggiare, a parlare a vanvera di cose insignificanti. Lo dico senza amarezza né rimorso, perché so che la vita della maggior parte della gente è così." Ma ora Antonius Block vuole compiere "un'ultima azione che abbia un senso": la sua partita a scacchi con la Morte.
Fuori dalla chiesa, s'imbatte in alcuni soldati che mettono in ceppi una strega. Riprende il cammino e, giunto nei pressi di un gruppo di abitazioni, il suo scudiero s'incammina alla ricerca di un pozzo dove rifornirsi d'acqua. In una delle case incontra Raval, che sta derubando una povera vedova. Lo scudiero lo riconosce: è lo stesso uomo che diversi anni prima aveva indotto il suo padrone ad abbracciare la causa della crociata. Lo mette in fuga e quindi invita la vedova ad unirsi a lui ed al cavaliere. Nelle vicinanze di una locanda, Skat, Mia e Jof stanno rappresentando una commedia. L'argomento riguarda l'infedeltà di una donna e la gelosia del marito. Ben preso la farsa si trasforma però in un episodio "reale", con Skat che prende la fuga con la moglie del fabbro Plog. Si tratta di una commedia nella commedia e ancora una volta, come nel caso degli scacchi o della Danza Macabra nei Misteri, di una rappresentazione simbolica: il teatro è un'immagine del mondo che a sua volta è un'immagine della manifestazione dell'Essere.
La commedia inscenata dagli attori girovaghi cessa bruscamente all'apparire di una processione di flagellanti che annunciano con la loro presenza l'arrivo dell'epidemia pestilenziale. Nella vicina locanda, il cavaliere chiacchiera col suo scudiero, il fabbro Plog va alla ricerca di sua moglie, ed altri ospiti discorrono sul Giudizio Universale e sui segni che ne costituiscono l'annunzio. Fa la sua comparsa anche Raval che istiga il fabbro contro Jof, mentre a non molta distanza dalla locanda il cavaliere si trova presso il carrozzone degli attori e parla con Mia. Sopraggiunto Jof, il cavaliere propone loro di attraversare la foresta durante la notte, viaggiando in direzione opposta al percorso lungo il quale si sta diffondendo la peste. Il cavaliere riprende la partita a scacchi con la Morte.
A sera, gli attori, Antonius Block ed il suo scudiero si riuniscono alla locanda, dove si aggrega a loro anche Plog. Calata la notte, s'inoltrano nella foresta ed incontrano un corteo di soldati che conducono al rogo la strega veduta il giorno innanzi dal cavaliere davanti alla chiesa. Al limite della foresta, la compagnia incontra anche Skat e la moglie del fabbro, che subito si avventa contro il rivale. Questi, per salvarsi, finge il suicidio con un pugnale da scena. Lascia che tutti si allontanino e quindi si arrampica su di un albero per riposarsi un poco. Risvegliato dal rumore di una sega, si accorge di essere al cospetto della Morte, che sta tagliando l'albero su cui si era rifugiato: il suo tempo è scaduto.
Segue l'incontro con Raval. Colpito dal morbo pestilenziale, giace pure lui nei pressi di un albero abbattuto. Intanto, il cavaliere riprende la sua partita a scacchi con la Morte, che improvvisamente si rende manifesta anche a Jof. Questi allora prende con sé la moglie ed il figlioletto, e si allontana dal gruppo fuori dalla foresta. Accortosi della loro partenza Antonius Block può finalmente perdere la partita: è riuscito ad ingannare la Morte per il tempo sufficiente a permettere la salvezza dei due attori e del piccolo Mikael.
L'indomani Antonius Block raggiungerà il proprio castello dove ritrova la sua sposa, oramai invecchiata. Il loro destino e il destino dei suoi amici si compie. Lontano, Jof racconta alla moglie di avere avuto una visione: la Morte trascina con sé in una danza il cavaliere, lo scudiero Plog sua moglie e tutti gli altri, e in fondo al corteo c'è Skat, il giullare, "la pioggia cade sui loro volti e lava le loro guance dal sale delle lacrime."
Jof e Mia sono salvi e forse, un giorno, Mikael potrà fermare il tempo, sconfiggere il serpente antico e contemplare l'Essere nella sua fissità eterna, come una palla immobile nell'aria.
(**)

(*) "Det Sjunde Inseglet" di Ingmar Bergman.Svezia 1956
(**) Gianfranco Massetti su activitaly.it





Il cavaliere Antonius Blok torna dalla crociata col suo scudiero. È stanco e deluso, demotivato e silenzioso. Viaggiando verso casa incontra una famiglia di saltimbanchi, madre, padre e un bambino, ingenui e puliti. Incontra un maniscalco vessato da una moglie irrequieta, incontra una donna silenziosa e sofferente. Soprattutto incontra la morte, che vuole prenderlo. Il cavaliere le chiede tempo, dice di non essere pronto, la morte non glielo concede, allora il cavaliere la sfida al gioco degli scacchi.

Rimarrà in vita finché durerà la partita, anche se si conosce già il vincitore: la morte appunto. Nel frattempo lo scudiero, personalità ribelle e intelligente, assiste ai riti e alle terribili superstizioni di quel momento storico (tredicesimo secolo): le donne messe al rogo perché accusate di stregoneria, le processioni di fedeli terrorizzati dal clero.

Alla fine la morte vorebbe ghermire tutti quanti, ma il cavaliere riesce a salvare la famiglia di saltimbanchi. Nell'ultima scena vediamo tutta la compagnia che cammina dietro la morte, in controluce su una collina. Un vero caposaldo di rappresentazione epica e di irrinunciabile calligrafia cinematografica.

Il paesaggio, la morte, la storia, le battaglie perdute, il mito, l'esistenza di Dio, la paura che tutto finirà, la sensazione che "dopo" tutto sarà annullato. Bergman riusciva ad affrontare un tema così serio, dunque molto pericoloso, ricorrendo a qualche richiamo ironico contrapposto allo stile alto della tragedia, che bene aderisce alla storia, con tanto di ricerca linguistica che richiami la poesia solenne di quel tempo... "Il sole percorre il suo alto arco nel cielo e io, Antonius Blok, gioco a scacchi con la morte...".

Nel complesso dell'opera del regista questo film, insieme al Posto delle fragole, va considerato qualcosa più del cinema: un'opera d'arte generale del Novecento.
(***)

(***) www.mymovies.it

(*) "Det Sjunde Inseglet" di Ingmar Bergman.Svezia 1956.
(**) Gianfranco Massetti su activitaly.it
(***) www.mymovies.it

 
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