ArteNet
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Illustrazione di Davide Bonazzi
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Mostra a Napoli |
Maria Paola Guidobaldi |
Rivista: N. 133-2009 mese: Gennaio-Febbraio |
Una documentazione archeologica straordinaria rende giustizia all’immagine di questa seconda vittima della catastrofe del 79 d.C. oscurata dalla fama invadente della vicina Pompei: ecco il quadro inatteso di una città che emerge da ricerche plurisecolari ottenute con scavi resi problematici dall’eccezionale consistenza dei depositi del Vesuvio... I siti archeologici vesuviani sono città intere, giunte fino a noi per effetto dell'eruzione del 79 d.C. con tutte le loro piccole e grandi strade, il patrimonio architettonico pubblico e privato, le pitture, i mosaici, gli arredi e le infinite e multiformi testimonianze della vita quotidiana non replicabili per quantità e qualità in qualsiasi altra zona archeologica del mondo, ove il tempo ha avuto modo di sgretolare le strutture originarie, o in altri casi di trasformarle, inglobarle e rifunzionalizzarle, spesso di distruggerle completamente. Gli scenari che gli scavi vesuviani, e in particolare quelli ercolanesi, hanno svelato sono invece quelli di una catastrofe appena avvenuta in una città fino a quel momento pullulante di vita: tetti scoperchiati, muri abbattuti, porte scardinate, suppellettile disseminata ovunque, tutto però in grande misura recuperabile, ricostruibile. Le altissime temperature sviluppate dal fenomeno vulcanico hanno inoltre determinato a Ercolano un fenomeno di conservazione assolutamente originale e in larga misura privo di confronti nella stessa Pompei, restituendoci, carbonizzati, tutti i materiali di natura organica: commestibili, papiri, stoffe, corde, tavolette cerate, elementi lignei appartenenti al mobilio o alle parti strutturali e architettoniche degli edifici, preziosissime fonti d'informazione per gli aspetti "minori" e quotidiani della civiltà romana. La particolare dinamica del seppellimento di Ercolano, diversa da quella di Pompei, è anche all'origine di una peculiare storia degli scavi. Gli immensi flussi piroclastici che in venti ore di attività del Vesuvio travolsero e sommersero Ercolano hanno infatti sigillato la città antica e i suoi abitanti entro lo scrigno mortale di un gigantesco deposito vulcanico, alto in media venti metri. Al di sopra dell'enorme interro dell'eruzione del 79 d.C. - al quale almeno nell'area della Villa dei Papiri si sovrappose anche la lava di un'eruzione del IX-X secolo - si sviluppò a partire dal medioevo l'abitato di Resìna (così si è chiamata fino al 1969 la moderna Ercolano - ndr), persa, se non la memoria, certamente la cognizione dell'esatta posizione topografica della città romana. […] Articolo su 10 pagine |
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Timidamente, mi affaccio alla rete con un blog creato per scambiare quattro chiacchiere con altri malati d'arte come me!
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Grazie ai visitatori e a coloro che vorranno dare significato ad ArteNet con i loro contributi personali.
Bologna, 27 luglio 2008
Margherita
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