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Post n°505 pubblicato il 30 Gennaio 2010 da Margherita2411
 

Grazie a Beppe per il suo tragicomico racconto!  

E' una bellissima mattina di marzo.

L'aria frizzantina, il sole che inizia appena a scaldare i gradini della sacra istituzione e i suoi ospiti che cominciano ad accalcarvisi, il profumo della primavera che permea di sè ogni piccolo spazio della città che prende da esso un'energia insolita, tutto fa da splendida cornice all'emozione nuova e tuttavia già provata che mi accingo a vivere, con l'ansia sudata di uno scolaretto al primo esame.

Un'ora, un'ora circa prima del fatidico "scranck" con cui l'occhiuta e vigile guardiana libera solitamente le pesanti catene poste a tutela della greve cancellata che si oppone fra noi e il tempio della burocrazia assolutrice, padrona del timbro che da solo, unico, ha il potere di liberarti dalle angosce di misero inadempiente fiscale, un'ora prima dunque mi ritrovo, io indegno e anonimo delegato, in mezzo ad una moltitudine di artigiani, disoccupati, di braccianti irregolari, di sottoccupati, di quiescenti bisognosi e domestiche inviperite, pronto più che mai a sfidare le maestranze nella periodica competizione della vita, quella che ognuno di noi vorrebbe avere l'occasione almeno una volta di vivere per poterla raccontare ai nipoti e a me tocca in benigna sorte la bellezza di una volta all'anno: la lotta per la punzonatura favorevole nella consegna del 730 della madre.

Un'espressione di meraviglia mista a gioia tradisce lo sguardo di almeno cento persone assiepate sul primo gradino al vedere le occhiaie della guardiana ingrandirsi per l'avvicinamento al portone e subito un brivido percorre le duecento persone attardate sul secondo e terzo gradino, sorprese mentre ancora discutono sull'ora esatta senza avvedersi che è già scoccata e intanto le centoventi del quarto, nelle quali mi ritrovo mio malgrado, cominciano a pressare incalzate dalle quasi duecento del quinto, i cui visi rivelano evidenti segni di alterazione e qualche goccia di sangue e di sudore prende già a mescolarsi rendendo scivolosa l'angusta piattaforma in cemento progettata per sostenere una densità di dieci persone per metro quadro.

Cigola il portone e quasi simultaneamente con uno scrocco secco le due catene si sciolgono d'incanto e mentre un urto impressionante travolge due commessi, rassegnati e indolenti, risalgo con metodo studiato alcune posizioni approfittando delle incertezze e delle evidenti menomazioni fisiche di un gruppetto che mi precede; scivolo sul lato destro dell'androne bypassando altri commessi che cercano di indirizzare la folla per lo più incerta sulla loro destinazione e infilo rapido uno dopo l'altro almeno cinquanta fra badanti e badati, arrivando allo sportellone intermedio già in evidente vantaggio rispetto al gradino che mi ospitava all'esterno.

Maurits Cornelis Escher Allo sportellone generale, rubando sapientemente il tempo alle domestiche delle assicurazioni, giro veloce sulla destra attraversando la zona proibita delle colonne emettitrici di tickets per la dichiarazione di previdenza e noto che qualcuno già mi controlla, spazientito dall'azzardo delle mie manovre, e vorrebbe segnalare all'autorità locale l'irregolarità del mio incedere.

Incurante arrivo, ancora in buona forma, alle prime rampe delle scale B antistanti i quattro ascensori dove la folla si immette sperando in una salita comoda e prioritaria e, mollando ogni indugio, di spinta sull'esterna, inizia la mia rincorsa a quattro a quattro verso l'ambìta chiocciola del 4° piano.

Un rumoroso malumore pervade gli astanti agli ascensori nel vedere che decine di arditi innescano con le sole forze residue dell'animo, perchè le gambe non li sostengono, una gagliarda sfida su per le scale e già il nervosismo rischia di alzarsi su livelli imprevedibili presagendo situazioni fuori controllo.

Gian Lorenzo BerniniBen otto concorrenti vengono sfilati sulla prima rampa, sempre sull'esterna; se qualcuno venisse passato sullo scorrimano le conseguenze sarebbero spiacevolissime, con rischio elevato di infarto ma anche di omicidio perchè quasi tutte le zanette hanno anima puntuta d'acciaio rivestita di avorio, regalo di Natale molto di moda di figli e badanti.

Alla girata del primo piano, e poi dei successivi, è d'obbligo per chi ingaggia la corsa a piedi premere tutti e quattro i pulsanti degli ascensori, in modo da fermare le corse ai piani e guadagnare altro vantaggio.

Decine e decine di quiescenti vengono superati nelle rampe successive; qualcuno impreca, qualcuno rallenta e si rassegna,  qualcun altro muore.
Ma qualcuno ancora resiste, seppur destinato ad essere risucchiato nel finale, e si adombra su di lui il sospetto di una invalidità fasulla, di una pensione precoce sfuggita alle rigide leggi del ministero.

Il piede raggiunge finalmente il tanto agognato piano finale e mentre vi si posa trionfante, la mano stacca come fosse il biglietto della lotteria il sospiratissimo numero uno dalla chiocciolina, nella quale  un programma di software avanzato restituisce allo strappo dei primi cinque numeri una deliziosa melodia, e barcollando mi accascio nella prima fila con la soddisfazione di chi ha compiuto qualcosa di veramente grande per esserne fiero davanti ai figli.

Alcuni intanto arrivano sulle mani, altri in ginocchio e il primo ascensore riversa sul piano una dozzina di massaie inferocite che mi avvicinano con fare minaccioso e pronte alla denuncia ed io, con calma inusitata e nascondendo con molto fair play le duecento pulsazioni del mio cuore affaticato ma consapevolmente vincitore, decido con fare segnatamente magnanimo di scambiare il mio numero col numero due per riportare serenità all'ambiente.

Le massaie commentano fra loro che ci sono ancora dei bravi giovani, per fortuna.

Ci vediamo l'anno prossimo.

 
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Bologna, 27 luglio 2008

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