Affreschi Yin

Oh il cibo se era importante! Lavorarlo, insaporirlo, gustarlo, divorarlo e conoscerlo!

Osservare le verdure pulite, mangiarne il gambo fresco, dolce, dissetante.

La cucinatura poi apparteneva a mani esperte. Le mie potevano aiutare nel lavare stoviglie e nel  mettere ordine nei ripiani, fornendo così spazi utili   a chi cucinava con passione ed esperienza. Le  usavo anche per  rotolare , nel loro incavo, piccole palline di carne trita, con un piattino accanto dov’era depositata dell’acqua utile per inumidirle, affinchè  il trito scorresse morbido fra le mani,  in modo da poter creare minuziose sfere  che io  adagiavo in guantiere apposite, il cui numero elevato rese necessaria l’invenzione di giochi mentali per animare la ripetizione del gesto. Offrivo così materiale prezioso a chi di dovere per riempire timballi o arricchire spaghetti alla chitarra, doviziosamente accompagnati dal sugo di castrato.

Oh il castrato!

In quale efferrata orgia sadica era immersa la mente di chi ideò lo scempio di un giovane montone, non arrivato ancora ad essere tale, legandogli i testicoli fin da piccolo, non tanto per eliminarne gli afrori, quanto per convertirli nel sapore unico e irripetibile di una carne divenuta mitica, il cui odore profumava il mio risveglio domenicale?

Allora correvo in cucina dove in un piattino sistemavo i piccoli pezzi che mia madre, come ogni brava donna degna di questo nome, nascondeva nel sugo di cottura, lasciando a me il privilegio di scovarli e cibarmene. Preludio del pranzo, fresco sapore mattutino