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Il gioco del bandito

Post n°16 pubblicato il 08 Novembre 2012 da Mr_Winston_Wolf

Avevo appena compiuto nove anni e come tutte le domeniche d'estate andai a trovare mia cugina in campagna; mi avevano regalato una pistola giocattolo ed io, con un fazzoletto sul viso ed il cinturone legato in vita, mi sentivo un vero bandito, come quelli dei film western.

Lei aveva tredici anni e per me era la ragazza più bella e dolce del mondo; assieme giocavamo a palla, nascondino e a tutti quei giochi che i bambini di allora giocavano nei caldi ed assolati pomeriggi d'estate; quel giorno io ero fierissimo della mia nuova pistola e come arrivai corsi subito a fargliela vedere.

I suoi genitori avevano una legnaia, appartata in un angolo del giardino; era il nostro nascondiglio preferito e faceva da sfondo a tutti i nostri giochi; quel giorno lei era lì che mi aspettava, indossava uno di quei vestitini leggeri estivi, un paio di sandali ed aveva i capelli biondi raccolti in una treccia.

Arrivai di corsa, con il fazzoletto sul volto gridando "mani in alto, sono un bandito" e lei sorridendo alzò lentamente le mani in segno di resa.

Non so dire per quanto tempo fissai quello sguardo dolce, divertito ma con una luce che non avevo mai visto brillargli dentro ed a un certo punto lei abbasso gli occhi e si mise in ginocchio di fronte a me supplicando: "pietà signor bandito, non mi faccia del male, sono povera, non ho niente" e così dicendo mise le mani dietro la schiena.

Sorpreso ed imbarazzato di trovarmela così inerme ai miei piedi, esitai qualche momento ma lei, senza togliere gli occhi dal pavimento ed alzando lievemente i polsi disse a voce bassa: "ora mi devi legare".

Presi un pezzo di corda che era appeso li e cominciai a girarglielo attorno ai polsi; il cuore mi scoppiava, le mani mi tremavano, sentivo il volto caldo e lo stomaco in subbuglio.

Non sapevo cosa fare, ero li, in piedi dietro di lei con la mia pistola giocattolo in mano che fissavo il suo capo reclinato in avanti e la sua coda di capelli biondi che le copriva a malapena il collo.

Girò la testa verso di me e con un sorriso complice e rassicurante mi disse che da qualche parte aveva addosso delle monete d'oro, stava a me trovarle, ma attento: "se mi tocchi chiedo aiuto".

 

Feci quello che i banditi fanno alla tv; mi tolsi il fazzoletto dal collo e glielo legai stretto dietro la nuca, imbavagliandola mentre lei mimava l'impossibilità di muoversi e mugolava come se non potesse assolutamente parlare.

In quel momento mi resi conto del silenzio che c'era tutt'intorno; non un alito di vento, solo le voci lontane dei nostri parenti che parlavano animatamente; la cosa mi tranquillizzò poiché se erano così lontani non ci avrebbero potuto scoprire.

Cominciai quindi a perquisirla, dapprima come avevo visto nei film, battendo con le mani ai lati del suo busto, poi, vincendo la vergogna, cominciai a toccarla davanti; dalle spalle scesi giù fino ad incontrare il suo seno: era piccolo, ma il solo toccare quel morbido accenno di rigonfiamento sotto il vestito mi fece esplodere dentro una sensazione talmente intensa da darmi quasi la nausea.

Rimasi con le mani appoggiate ai suoi capezzoli che inaspettatamente sentivo da sopra il vestito; il mio respiro era affannoso ed anche il suo si era fatto pesante, irregolare quando le sentii dire sottovoce: "cerca bene, dappertutto, sotto i vestiti"   "si" risposi io.

Come ipnotizzato da quelle parole le alzai la gonna e le misi le mani nelle mutandine, dietro, toccavo e strizzavo quelle natiche calde e cedevoli provando delle scariche elettriche che mi intontivano: "no, fai più piano" mi disse con gli occhi chiusi ed io per un attimo mi fermai.

Ero li immobile, inginocchiato davanti a lei, con le mani appoggiate sul suo didietro quando lei si sporse in avanti appoggiando la testa sulla mia spalla; non mi guardava ma muovendo lievemente la testa mi accarezzava la guancia con i capelli.

Spostai una mano e piano piano la feci passare sotto l'elastico delle mutandine, davanti; il suo corpo ebbe un lieve sobbalzo, per un attimo si irrigidì ma poi sospirò e si abbandonò di nuovo sulla spalla.

Non potevo vederla in faccia, ma immaginavo la sua espressione quando la punta delle mie dita incontrarono quella leggera peluria che ricopriva il suo sesso; sfiorarla era una sensazione nuova, gradevole ed il suo ansimare sempre più forte e ritmico mi tranquillizzava.

Scesi piano fino alle cosce che aveva leggermente allargato per facilitarmi e vi passai un dito in mezzo; quella sensazione di bollore e di umido mi sorprese e mi gratificò; lei girò la testa e mi sussurrò nell'orecchio: "si".

Non capivo cosa stesse succedendo, continuavo a passare il dito tra quei lembi di carne umida e calda mentre lei, sempre più appoggiata a me, si muoveva e respirava sempre più freneticamente porgendosi e ritraendosi con un ritmo sempre più intenso e veloce.

Ero imbarazzato, fremente, sconvolto ma sapevo dentro di me che quello che stava succedendo era una cosa grande, unica, irripetibile: stavo facendo una cosa da grande e mi piaceva; lei strisciava forsennatamente il suo volto contro il mio, con gli occhi chiusi fino a che le nostre bocche non si incontrarono.

Stette li qualche secondo spingendo le sue labbra contro le mie; attraverso il fazzoletto percepivo comunque una sensazione forte e piacevole; aveva ancora gli occhi chiusi e quando li riaprì e mi fissò vidi uno sguardo di una dolcezza infinita, appagato, sereno.

Ora era ferma, il respiro era più lungo e regolare, appoggiò la fronte contro la mia e i nostri occhi rimasero per un po' vicini; ogni tanto li strizzava un pochino e da sotto il fazzoletto intuivo in sorriso tenero e dolce, di gratitudine e complicità.

Si rimise dritta e io capii che il gioco era finito; era stato bellissimo, intenso, quasi da far male

Le tolsi il bavaglio e le diedi un piccolo bacio sulla bocca, sorrise ancora, poi la slegai; i miei movimenti erano più tranquilli, fluidi precisi.

Ci alzammo in piedi e lei mi fece una carezza sulla guancia, si rimise a posto le mutandine e il vestito poi mi prese per mano ed uscimmo dalla legnaia per andare in casa a fare merenda; fu lungo la stradina che, senza guardarmi in faccia ma stringendomi un po' di più la mano mi chiese: "domenica giochiamo ancora?"

 

 

 
 
 
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