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Un blog creato da mariposa.blanca il 17/04/2008

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ANDREA PAZIENZA

Solo a quest'ora di notte/mi viene in mente che la tua faccia/risponde ad una geometria particolare/e ne ho così chiara negli occhi la costruzione/che disegnarla sarebbe un gioco da ragazzi/domani, avrò già dimenticato/queste meravigliose intuizioni. (Le straordinarie avventure di Pentothal, Andrea Pazienza)

 

MILO MANARA

 

GUIDO CREPAX

[...] Ancora un pò di tempo e dentro questo tempo andare:/lungo quanto qualche respiro, forse, forse per qualche era/ancora un po' d'audacia/e di paura,/Talismano e Tragedia occorrono (Enis Batur, Imago mundi)

 

THE KISS - RABI KHAN

 

VERRANNO A CHIEDERTI DEL NOSTRO AMORE

Quando in anticipo sul tuo stupore
verranno a chiederti del nostro amore
a quella gente consumata nel farsi dar retta
un amore così lungo, tu non darglielo in fretta
non spalancare le labbra ad un ingorgo di parole
le tue labbra così frenate nelle fantasie dell'amore
dopo l'amore così sicure a rifugiarsi nei "sempre"
nell'ipocrisia dei "mai"
non sono riuscito a cambiarti
non mi hai cambiato lo sai.
E dietro ai microfoni porteranno uno specchio
per farti più bella e pensarmi già vecchio
tu regalagli un trucco che con me non portavi
e loro si stupiranno che tu non mi bastavi,
digli pure che il potere io l'ho scagliato dalle mani
dove l'amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni
per ritornare dopo l'amore alle carenze dell'amore
era facile ormai
non sei riuscita a cambiarmi
non ti ho cambiata lo sai.
Digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre
come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre
i tuoi occhi come vuoti a rendere per chi ti ha dato lavoro
i tuoi occhi assunti da tre anni
i tuoi occhi per loro,
ormai buoni per setacciare spiagge con la scusa del corallo
o per buttarsi in un cinema con una pietra al collo
e troppo stanchi per non vergognarsi
di confessarlo nei miei
proprio identici ai tuoi
sono riusciti a cambiarci
ci son riusciti lo sai.
Ma senza che gli altri ne sappiano niente
dimmi senza un programma dimmi come ci si sente
continuerai ad ammirarti tanto da volerti portare al dito
farai l'amore per amore o per avercelo garantito,
andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori
o con un Casanova che ti promette di presentarti ai genitori
o resterai più semplicemente
dove un attimo vale un altro
senza chiederti come mai,
continuerai a farti scegliere
o finalmente sceglierai.

(Fabrizio De Andrè, Storia di un impiegato,1973)

 

 

 

« Dalla conciliazione alla...Ti ti ti ti »

Baciami ancora, forestiero

Post n°60 pubblicato il 09 Ottobre 2008 da mariposa.blanca
 
Foto di mariposa.blanca

Non sono Pasolini che chiede spiegazioni, non sono Ginsberg espulso da Cuba, non sono una checca mascherata da poeta, non ho bisogno di maschere. Ecco la mia faccia, parlo per la mia diversità, difendo quello che sono, e non sono tanto strano.

Con queste parole si apre il manifesto di Pedro Lemebel, l’intellettuale che ha fatto scoprire al mondo un nuovo Cile, allegro e cattivo, colorato eppure denso di ombre. Un Cile “altro” che Lemebel racconta,  demolendo e ricostruendo instancabilmente la realtà del nostro tempo, attraverso occhi variopinti di artista. Poeta e scrittore, performer e icona dell’attivismo gay, Lemebel - provocatore per scelta e per politica – ha fatto del travestimento il suo personale strumento di lotta durante la dittatura di Pinochet, della letteratura la sua voce, dei libri –  come egli stesso spiega – “un sottile confine territoriale dove esercitare la politica corrosiva di una scrittura costantemente a rischio”.

Nato negli anni  Cinquanta da una modesta famiglia di Santiago del Cile, povera al punto che in casa “non c’era nemmeno un libro, e se entrava un giornale, era avvolto intorno alla carne: carta macchiata di sangue”, Pedro Lemebel si avvia presto lungo la strada dell’arte e della letteratura. Nel 1987  fonda, assieme a Francisco Casas, “Yeguas del Apocalipsis”, collettivo che si batte per la difesa del diritto alla vita, alla libertà sessuale e alla memoria  tramite l’allestimento di eventi pubblici ad alto grado di contaminazione artistica. Una lingua sovversiva, quella di Lemebel, che sceglie di parlare attraverso trasformismi, video, fotografie, istallazioni. Una lingua tanto più felice e feconda quando sceglie di esprimersi lungo il canale della letteratura.

La prima sfida di Lemebel-scrittore, “Ho paura torero”, è una rivoluzione nella rivoluzione, un canto tenero e sovversivo, che restituisce visibilità al Cile nascosto, chiamando a sé, in piena luce, l’omosessuale, la prostituta, il diverso, e lasciando che siano loro a parlare, a raccontarsi, tra le righe di una penna irridente e barocca. Con “Baciami ancora forestiero”, pubblicato in Italia da MarcosYMarcos, Lemebel torna a sorprenderci, a emozionarci con la sua capacità di toccare corde dissonanti e trasformarle in qualcosa di completamente nuovo. Vicende di strada, testimonianze politiche, lettere d’amore. Cronache piumate che, sul filo dell’assurdo, traghettano il lettore in un luogo lontano, sino a condurlo in quell’“angolo che nessuno vede”.

 
 
 
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ANTONIO CANOVA

 

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.

Eugenio Montale, Satura 1971

 

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GIANLORENZO BERNINI

 

IMAGO MUNDI

Se non è bastato questo corpo
un altro corpo devo aggiungere a me.
Nuove ottave per la mia voce,
una nuova lente per il mio occhio,
per il fiore sparso di sangue
nella gabbia toracica
una specie di linfa mai provata,
svegliandomi un mattino
il punto focale, carato, luce che troverò cambiati.
Questa matita non temperata,
questo volto non toccato,
questa vita non ancora cominciata.
(Enis Batur)

 

FLOR GARDUñO - POEMA DE LUZ NATURAL

 
 
 

LE NUVOLE

Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono lì tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.

Fabrizio De Andrè, Le nuvole (1990)

 
 
 
 

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