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PENA DI MORTE

Legge costituzionale 2 ottobre 2007
Eliminata la pena di morte dalla Costituzione, il nuovo art.27

 


Entrano in vigore dal prossimo 25 ottobre, le modifiche apportate con la legge costituzionale 2 ottobre 2007 n. 1 all'art. 27 della Costituzione.

E' stato definitivamente abolito ogni riferimento alla possibilità di condannare a morte.

La Carta dei diritti fondamentali di Nizza del 7 dicembre 2000, stabilisce che nessuno può essere condannato alla pena di morte (art.2) e che nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte (art.19).

In effetti, in Italia, della eccezione al principio generale del rifiuto della pena di morte non ci si era mai avvalsi: nessuna condanna alla pena capitale è stata eseguita dopo l'entrata in vigore della Costituzione. L'ultima esecuzione, infatti, fu effettuata a Torino il 4 marzo del 1947.

L'art. 27 quarto comma della Costituzione recitava:

"Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra".

Diventa:

"Non è ammessa la pena di morte".


Legge costituzionale 2 ottobre 2007 n. 1

"Modifica all’articolo 27 della Costituzione, concernente l’abolizione della pena di morte"

 

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TEST AMMISSIONE A MEDICINA

Numero chiuso
La sentenza del Tar Bari sull'annullamento dei quiz di medicina

 


"Il fatto accertato che alcuni candidati (il 2 % del totale) con sofisticate strumentazioni avessero la possibilità, tramite telefono cellulare, di comunicare con l’esterno e conoscere le risposte ai quiz, non può far ritenere che questi stessi, a loro volta, divulgassero all’interno dell’aula le informazioni in loro possesso, ma, anzi, è verosimile che abbiano mantenuto uno stretto riserbo al riguardo onde evitare di essere scoperti.

Non siamo in presenza di un vizio radicale che inficia l’intera fase procedimentale di espletamento delle prove scritte, o addirittura dell’intero procedimento (come avviene ad es. nel caso di vizio di irregolare composizione della commissione, nel caso di generale e diffusa possibilità dei candidati di comunicare liberamente tra loro e con l’esterno o nel caso di predisposizione dei criteri di valutazione successivamente all’apertura delle busta contenenti le prove).

Il comportamento dei soggetti già identificati e di quelli ipoteticamente identificabili deve essere sanzionato con la esclusione dalla prova, ma il comportamento delittuoso di alcun candidati non è di per sé solo idoneo, nel caso in esame, ad inficiare l’intera procedura concorsuale.

E poi, non essendosi ancora concluse le indagini penali, l’annullamento delle selezioni sulle quali dette indagini sono incentrate, contrasta visibilmente con l’interesse pubblico all’ammissione ai corsi universitari dei candidati più capaci e meritevoli.

Soggetti allo stato non indagati che superassero legittimamente le nuove selezioni non potrebbero essere esclusi, nel caso di ipotetica successiva contestazione di reati, dalla frequentazione dei corsi universitari; mentre, al contrario, il mantenimento dei risultati delle prove scritte annullate con il decreto impugnato, consente all’Università, anche in tempi successivi, di intervenire efficacemente, escludendo eventuali ulteriori indagati ed ammettendone altri mediante scorrimento della graduatoria".


TAR Puglia, Bari, sezione terza

Sentenza 26 ottobre 2007 numero 2636

 

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Post N° 8

Post n°8 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 

A volte mi si chiede: ma un lavoratore può chiedere risarcimento per  danno Biologico Esistenziale al proprio datore di lavoro per mancato rispetto delle norme sulla tutela della salute e della sicurezza?

il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale.  Inoltre non sempre a rispondere in prima persona del danno alla salute del lavoratore è il datore di lavoro.  Esistono Enti preposti che attivano procedure di accertamento e liquidazione come l’INAIL (di cui ho discorso ampiamente nel post precedente), e che poi, nel caso sia accertata la responsabilità datoriale, si rifaranno economicamente su quest’ultimo.

Esperita tutta la procedura risarcitoria presso l’INAIL, e laddove non ci ritenessimo soddisfatti della eventuale offerta liquidativa, o addirittura laddove tale offerta non sia proprio contemplata, abbiamo la possibilità di adire il Giudice del lavoro competente per questo tipo di controversie (naturalmente per mezzo di un avvocato, e non più in via di tutela amministrativa)

A questo punto, siccome il risarcimento del danno biologico, morale, esistenziale non prescinde, da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo  del giudizio, sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio medesimo, a mio avviso, si deve necessariamente porre preliminare attenzione alla disamina di quelle che sono le categorie di danno di cui è questione, per individuarne la natura giuridica ed i connessi mezzi di prova necessari in un eventuale Giudizio.

Va anzidetto, che il danno biologicoinsieme al danno esistenziale (pur essendo due distinte figure di danno sia per natura che presupposti giuridici) vanno assimilati nella medesima sfera del danno “non patrimoniale”.  In generale il danno non patrimoniale ai fini della sua risarcibilità, non presuppone che sia causato da  un fatto illecito come reato, giacchè il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non patrimoniale ben può essere riferito, anche alle previsioni della Legge Fondamentale.  Tutto ciò, significa che la risarcibilità del danno non patrimoniale, è ravvisabile (a maggior ragione), nei casi di lesione dei valori della persona umana costituzionalmente protetti, ed è appunto il caso del “diritto alla salute”, tutelato dalla Costituzione quale fondamentale diritto dell’individuo e come interesse della collettività.

Per maggiore chiarezza espositiva, si procede alla distinzione di entrambe le figure di danno non patrimoniale:

·    Il danno biologico si configura come la lesione all'integrità psico-fisica secondo i canoni fissati dalla scienza medica.  Esso è comprensivo del danno biologico in senso stretto e del danno molare soggettivo tradizionalmente inteso (il cui ambito resta esclusivamente quello proprio della mera sofferenza psichica e del patema d'animo)

·    Il danno esistenziale, invece, lo si può definire come ogni pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini del soggetto e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita, diverse da quelle che avrebbe compiuto ove non si fosse verificato il fatto dannoso.

Data la diversa natura giuridica dei due danni, i mezzi probatori che utilizzeremmo in Giudizio saranno diversi l’uno per l’altro.  Mentre il danno biologico va risarcito sulla base di una valutazione medico-legale con riferimento a tabelle nazionali medico-legali, e con apprezzamento anche delle condizioni soggettive, e la determinazione risarcitoria del danno morale sarà essere effettuata dal giudice in via equitativa, anche se egli potrà legittimamente avere come base le tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico; la quantificazione del danno esistenziale, non sarà ancorata, a valutazioni tecniche basate su parametri e tabellazioni, bensì  dovrà essere capace di segnalare quelle interferenze comunque negative e pregiudizievoli in senso ampio; 
Un fatto-evento causato da terzi può rivelarsi dannoso quand'anche, non traducendosi nella concreta e materiale lesione dell'integrità fisio-psichica(danno biologico), sia tuttavia idoneo ad incidere sulle possibilità realizzative della persona umana(danno esistenziale): ad essere, dunque, leso dalla condotta in questione è il diritto allo svolgimento della personalità umana, considerato globalmente ex art. 2 Cost, o, se vogliamo, qualsiasi diritto comunque assistito da garanzia costituzionale.

In altre parole, il danno esistenziale ingloba tutti gli aspetti non biologici del danno.
In sostanza, per tutte quelle ripercussioni meramente esistenziali che non possono essere valutate dalla medicina - legale, perché non causanti una oggettiva menomazione funzionale tale da inquadrare l'esistenza di una patologia, sarà un efficace rimedio il ricorso al danno esistenziale.
E sembra possibile poter prospettare anche la risarcibilità per un danno esistenziale da reato.

A questo punto il riferimento alla violazione degli obblighi datoriali di cui alla normativa vigente in materia di sicurezza e diritto alla salute nel luogo di lavoro, sembra calzante.  Cioè, seppur non si configurasse un danno biologico (danno psico-fisico accertato da idonea valutazione medico legale) il lavoratore, potrebbe richiedere il risarcimento per danno esistenziale (mutamento delle condizioni preesistenti di vita, che andrà sempre dimostrato) per violazione degli obblighi normativi non solo costituzionalmente garantiti (ci riferiamo anche alla L.626/2004)

Rimando allora,  l’approfondimento della normativa sugli obblighi si sicurezza del datore di lavoro  al un link, da cui si potranno agevolmente evincere tutte le annesse violazioni: Legge 626/2004

a cura di Avv.Grazia Ferrara

 Arthur Schopenauer scriveva: "i nove decimi della nostra felicità si basano esclusivamente sulla salute", la quale "sta tanto al di sopra di tutti i beni esteriori che in verità un mendico sano è più felice di un re malato"

 

 
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Post N° 6

Post n°6 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 

COSA DEVE SAPERE IL LAVORATORE QUANDO SUBISCE UN INFORTUNIO O CONTRAE UNA MALATTIA PROFESSIONALE:

IL DATORE DI LAVORO DEVE PAGARE:
per intero la giornata in cui è avvenuto l’infortunio o si è manifestata la malattia professionale se quest’ultima ha causato assenza dal posto di lavoro; il 60% della retribuzione, salvo migliore trattamento previsto dal contratto di lavoro, per i successivi tre giorni di astensione dal lavoro. (
“indennità temporanea assoluta”).

L’INAIL DEVE PAGARE:
dal quarto giorno successivo a quello in cui è avvenuto l’infortunio o si è manifestata la malattia professionale fino alla guarigione clinica. (
“indennità temporanea assoluta”).

LE CURE sono fornite:
dal Servizio Sanitario Nazionale e dagli ambulatori dell’INAIL attivati da apposite convenzioni con le Regioni

SE L’INFORTUNIO O LA MALATTIA PROFESSIONALE
non sono stati denunciati subito: entro 3 anni dal giorno in cui è avvenuto l’infortunio o si è manifestata la malattia, il lavoratore può ottenere comunque
le prestazioni INAIL.

SE LA CAUSA DELL’INFERMITA’ E’ DUBBIA
una convenzione tra l’INAIL e l’INPS garantisce che il primo Ente che riceve il certificato medico relativo all’infortunio o alla malattia fornisce le prestazioni. Termine di prescrizione INAIL: 3 anni; termine di decadenza INPS: 1 anno.

IN CASO DI INFORTUNIO SUL LAVORO IL LAVORATORE DEVE:
• INFORMARE immediatamente il datore di lavoro
• PRESENTARE subito al datore di lavoro il primo certificato medico e, se le cure dovessero proseguire, il certificato compilato dal medico curante.
Il datore di lavoro invierà all’INAIL i certificati originali. In caso di ricovero, l’ospedale invierà copia dei certificati all’INAIL ed al datore di lavoro.

IN CASO DI MALATTIA PROFESSIONALE
Se il lavoratore svolge attività lavorativa deve:
• DENUNCIARE la malattia al datore di lavoro entro 15 giorni dal suo manifestarsi.
• PRESENTARE al datore di lavoro il primo certificato medico e, in caso di prosecuzione delle cure, il certificato compilato dal medico curante. Il datore di lavoro invierà all’INAIL i certificati originali. In caso di ricovero, l’ospedale invierà copia dei certificati all’INAIL ed al datore di lavoro.

Se il lavoratore NON svolge attività lavorativa
• PUO’ PRESENTARE direttamente all’INAIL domanda di riconoscimento della malattia professionale.

DALLA GUARIGIONE CLINICA ALL’ACCERTAMENTO DEL GRADO DI INABILITA’ PERMANENTE

DOPO LA GUARIGIONE L’INAIL:
invita il lavoratore infortunato a sottoporsi a visita medico-legale per accertare e quantificare il grado di inabilità permanente derivante dall’infortunio o dalla malattia professionale.

Per eventi antecedenti il 25 luglio 2000
SE IL GRADO D’INABILITA’ ACCERTATO E’ COMPRESO FRA L’11% ED IL 100%
il lavoratore ha diritto alla rendita INAIL (
“RENDITA DIRETTA PER INABILITA’ PERMANENTE”).
SE IL GRADO D’INABILITA’ ACCERTATO E’ INFERIORE ALL’11%
il lavoratore non ha diritto alla rendita INAIL. In caso di successivo aggravamento, il lavoratore può richiedere alla Sede INAIL di appartenenza la revisione del grado di inabilità, entro i seguenti termini:
• 10 anni dalla data di infortunio sul lavoro
• 15 anni dalla data di manifestazione della malattia professionale
• senza alcun limite di tempo in caso di silicosi ed asbestosi.

Per eventi a decorrere dal 25 luglio 2000
SE IL GRADO DI MENOMAZIONE DELL’INTEGRITA’ PSICOFISICA E’ INFERIORE AL 6%
• il lavoratore non ha diritto a nessun indennizzo (in caso di successivo aggravamento valgono le disposizioni relative alla disciplina precedente il 25.7.2000 sopra menzionate).
SE IL GRADO DI MENOMAZIONE E’ PARI O SUPERIORE AL 6% ED INFERIORE AL 16%
• il lavoratore ha diritto ad un indennizzo in capitale del solo danno biologico.
SE IL GRADO DI MENOMAZIONE E’ PARI O SUPERIORE AL 16%
• il lavoratore ha diritto ad una rendita, di cui una quota per danno biologico ed una quota aggiuntiva per le conseguenze patrimoniali della menomazione 
 

TABELLA INDENNIZZO
La “tabella indennizzo del danno biologico” segue i seguenti criteri di impostazione:
• AREDDITUALE, la menomazione in sé produce lo stesso pregiudizio alla salute per tutti gli essere umani.
• CRESCENTE al crescere della gravità della menomazione.
• VARIABILE in funzione dell’età (decresce al crescere dell’età) e del sesso (tiene conto della maggiore longevità femminile).
• UGUALE per i settori industria ed agricoltura.

La tabella indennizzo è strutturata secondo i seguenti criteri di applicazione:
• Fino al 5% è prevista la franchigia.
• Dal 6 al 15% è differenziata per sesso.
L’indennizzo in capitale è in funzione dell’età e del grado di menomazione.
• Dal 16 al 100% Indennizzo in rendita in funzione del grado di menomazione. La rendita vitalizia è calcolata come attualizzazione dell’indennizzo in capitale.

INDENNIZZO IN CAPITALE: PRECISAZIONI
L’indennizzo in capitale, previsto per i gradi di menomazione dal 6 al 15%, non ha nulla a che vedere con la liquidazione in capitale delle rendite dirette per inabilità permanente


 
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Post N° 5

Post n°5 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 

ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE: NON E' PIù REATO, MA IL CONIUGE CHE SI ALLONTANA SENZA GIUSTA CAUSA NE RISPONDE DINANZI AL GIUDECE PENALE PER VIOLAZIONE DELL'ART.570 CODICE PENALE.

"Art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare).

Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potesta' dei genitori o alla qualita' di coniuge, e' punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni."

I coniugi devono fissare l'indirizzo della vita familiare e quindi le scelte principali della famiglia di comune accordo.

L'art. 144 c.c. introduce un esplicito richiamo anche alla residenza anagrafica chiarendo che, analogamente alle scelte, deve essere concordata e stabilita da entrambi i coniugi.

L'obbligo di coabitazione potrà dirsi violato quando uno dei coniugi si sia del tutto rifiutato di fissare dall'inizio la residenza famigliare con l'altro o l'abbia successivamente abbandonata.

I casi di abbandono della residenza coniugale sono molteplici e le conseguenze che ne derivano possono spiegare diversi effetti, sia civili che penali.

Il caso più frequente è l'abbandono senza che vi sia una giusta causa.

Dal punto di vista civile, l'inesistenza di giusta causa, accompagnata dal rifiuto del coniuge di tornare nella residenza famigliare, permette all'altro coniuge di sospendere l'assistenza morale e materiale nei suoi confronti.

Ciò rappresenta l'unica eccezione alla regola generale che impone l'obbligo di contribuzione e assistenza continua ed ininterrotta in favore della famiglia e del coniuge.

Quanto alle conseguenze penali, si osserva che, con l'abbandono della casa coniugale, spesso si assiste alla cessazione o alla sostanziale attenuazione delle prestazioni materiali ed assistenziali in favore del coniuge e dei figli.

Verificandosi tale ipotesi sarà consentito al coniuge abbandonato rimettere il fatto davanti al giudice penale, sporgendo preventivamente una querela nei confronti dell'altro.

Con il deposito del ricorso per separazione dei coniugi in tribunale è pienamente legittimo l'abbandono della residenza da parte di un coniuge, fatto salvo, per il coniuge economicamente più forte, il dovere di continuare a prestare l'assistenza materiale e morale nei confronti dell'altro.

 
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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 
Tag: banca

COS'E' LA PORTABILITÀ
DEL MUTUO ?

Siamo abituati a parlare di portabilità in termini di mantenimento del numero di telefono, quando si passa da un gestore all'altro.

Ma la Legge n° 40 del 2 aprile 2007 (cosiddetta Legge Bersani) ha esteso il concetto anche ai mutui. Cosa significa?

Vuol dire che un mutuatario può trasferire il suo debito ad un'altra banca che gli propone condizioni migliori, riducendo al minimo costi e formalità.

NOTA: in termini giuridici ciò avviene appellandosi all'articolo 1202 del Codice Civile, che disciplina la "surrogazione per volontà del debitore".

Mediante tale dispositivo la nuova banca subentra nella garanzia ipotecaria già iscritta dal creditore originario. A seguito dell'atto di surrogazione ciò risulterà da un'annotazione a margine dell'ipoteca.


Così, mentre in passato la sostituzione di mutuo implicava la cancellazione della vecchia ipoteca e l'iscrizione di una nuova, quest'operazione può essere ora condotta mediante un unico atto di surrogazione, con conseguente consistente risparmio sui costi notarili.

A seguito della sua sottoscrizione la banca subentrante provvederà a saldare il vecchio debito residuo, sostituendosi al creditore originario nella relazione con il mutuatario.

Il debitore si troverà così a rimborsare la nuova banca, alle condizioni concordate con quest'ultima.

Se il contratto originario prevedeva la corresponsione di una penale di estinzione anticipata, questa andrà comunque riconosciuta al vecchio creditore, a compensazione della perdita dell'operazione.

In termini fiscali verranno conservati tutti i benefici goduti sul mutuo sostituito.

SUGGERIMENTO: a distanza di parecchio tempo dalla pubblicazione della Legge, gli istituti di credito non hanno ancora predisposto le bozze degli atti di surrogazione, necessari per acquisire il mutuo.

Probabilmente stanno effettuando approfondimenti sulla materia per non correre rischi.

Certo è che fino a quando le banche non metteranno a punto le procedure di surrogazione – e nessuno può imporgli scadenze trattandosi di una semplice opportunità commerciale – la portabilità resterà solo teoria.

In attesa che i primi istituti si organizzino al riguardo resta possibile realizzare la sostituzione di mutuo classica.

Riuscendo a far funzionare il meccanismo della cancellazione automatica, andato in vigore il 2 giugno 2007, il costo dell'operazione si avvicinerà a quello della "portabilità", differendo a quel punto solo per l'imposta sul mutuo, che andrà nuovamente pagata.

Nel caso della prima casa, risultando limitata allo 0,25%, ciò potrebbe risultare una spesa accettabile.


 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 

GIANNI MI CHIEDE: HO UNA LAVATRICE ANCORA IN GARANZIA CHE SI E' GUASTATA, RIPARATA DALLA CASA PRODUTTRICE E NUOVAMENTE RIGUASTATA.  NE POSSO CHIEDERE LA SOSTITUZIONE ? 

Quando facciamo compere purtroppo non sempre siamo soddisfatti dei prodotti acquistati e non sempre conosciamo i nostri diritti, allora conviene sapere quali sono le garanzie nel caso di beni difettosi o non conformi alle nostre aspettative.

Con la nuova normativa in materia, il consumatore potrebbe richiedere la risoluzione del contratto o la sostituzione del bene acquistato per il semplice fatto che lo stesso non ha le caratteristiche vantate nella pubblicità oppure perché non ha le caratteristiche che il consumatore poteva ragionevolmente aspettarsi nel momento della conclusione del contratto; il tutto a patto che tali rimedi siano possibili e/o non siano eccessivamente onerosi l' uno rispetto all' altro.


La riparazione o la sostituzione, inoltre, devono avvenire entro un congruo termine (non meglio specificato dalla legge, e che dovrà quindi essere valutato di volta in volta) dalla richiesta, e comunque non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore.


Qualora la riparazione o la sostituzione siano impossibili o eccessivamente onerosi, ovvero il venditore non vi ha provveduto nel "congruo termine", ovvero ancora la riparazione o la sostituzione abbiano arrecato "notevoli inconvenienti" al consumatore, quest' ultimo ha la possibilità di chiedere alternativamente la riduzione del prezzo pagato (con conseguente obbligo da parte del venditore di restituire le somme eccedenti), ovvero la risoluzione del contratto (con il conseguente obbligo da parte del venditore di restituire integralmente la somma pagata per l'acquisto).

La Legge prevede che il venditore, dopo che gli sia stata denunciata la "difformità" da parte del consumatore, possa offrire uno dei rimedi previsti (riparazione, sostituzione, riduzione del prezzo ovvero risoluzione del contratto); sempre che il consumatore/acquirente non abbia specificatamente richiesto l' attuazione di un determinato rimedio tra quelli previsti, nel qual caso il venditore è tenuto ad uniformarsi alla volontà manifestata dal consumatore. Il venditore, anche in questo caso, ha la possibilità di offrire un rimedio diverso, e, solo se il consumatore accetta, di metterlo in opera.


La Legge, pertanto, prevede una gradualità di rimedi offerti in favore del consumatore in caso si manifesti la c.d. "difformità", secondo la seguente scaletta:

- riparazione o sostituzione del bene difforme;
- riduzione del prezzo ovvero risoluzione del contratto.

Vi è un termine entro cui questi rimedi possono essere richiesti, un termine entro cui la "difformità" deve manifestarsi, e un termine entro cui deve essere denunciata.


La denuncia non è necessaria se il venditore riconosce la "difformità" o la ha occultata.


La Legge prevede che se le "difformità" si manifestino nel termine di SEI MESI dalla consegna del bene, le stesse sono ritenute preesistenti alla consegna del bene, fatta salva la prova contraria da parte del venditore. Il consumatore non ha, pertanto, l' obbligo di provare che la "difformità" fosse preesistente alla conclusione del contratto, mentre il venditore può sempre provare che la "difformità" lamentata sia sorta successivamente a quel momento.
L' onere della prova della preesistenza della "difformità" scatta a carico del consumatore/acquirente decorso il sesto mese dalla consegna del bene.

In ogni caso l' azione tesa a far valere i diritti garantiti dalla Legge in ordine alla "difformità" si prescrive (cioè non può più essere fatta valere) nel termine di VENTISEI MESI dalla consegna del bene.

Il mio consiglio pratico è quello di inoltrare la tua richiesta di sostituzione del bene difettoso direttamente alla sede legale della ditta produttrice del bene, a mezzo di lettera raccomandata, in cui espressamente richiedi la sostituzione del bene indicandone i motivi e tutto l'iter fin'ora accorso (cioè ad es. la già accorsa riparazione infruttuosa..ecc).

Nel caso in cui la ditta non accolga la tua istanza, e sempre che non siano ad oggi decorsi i termini di prescrizione, rivolgiti ad un legale che saprà bene come tutelare i tuoi diritti.

Purtroppo l'autotulela del consumatore è limitata, e finisce laddove comincia la tutela legale.

buona fortuna...

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 06 Dicembre 2007 da avvgraziaferrara
 
Tag: banca

AVETE INVESTITO MALE I VOSTRI RISPARMI ???
IN ALCUNI CASI E' POSSIBILE RAVVISARE ANCHE UNA RESPONSABILITA'  DELL'ISTITUTO DI CREDITO E DELLO STESSO AGENTE BANCARIO A CUI RICHIEDERE UN RISARCIMENTO DANNI
in vigore dal 14 novembre  2007 IL DECRETO LEGISLATIVO N°179/2007
 a tutela dei RISPARMIATORI E DEGLI INVESTITORI

che istituisce tra le altre cose 

  • Procedure di Conciliazione e Arbitrato
  • Sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori danneggiati
Si spera che questa nuova direttiva legislativa riesca a snellire e a condurre ad una più veloce risoluzione di controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori .
In ogni caso è bene conoscere quali sono gli obblighi a cui sono preposti gli intermediari creditizi

OBBLIGHI DI CORRETTEZZA a carico del finanziatore nella fase precontrattuale:

il finanziatore sarà tenuto:

a valutare il merito creditizio del consumatore al fine di contenere fenomeni di sovraindebitamento ed evitare pratiche di marketing aggressivo;

a prestare a favore del consumatorela consulenza e l’assistenza necessarie per la comprensione della documentazione (di trasparenza) e per la verifica dell’adeguatezza del contratto alle esigenze e alla situazione finanziaria del consumatore stesso;

qualora il contratto di finanziamento non si concluda o qualoraricevano già una remunerazione da parte del finanziatore;

E’ previsto il divieto per i mediatoridi percepire un compenso dal consumatore

Al fine di una maggiore tutela del consumatore si anticipa l’attuazione delle più significative novità della direttiva comunitaria riguardanti

COSTI CHIARI: il tasso annuo effettivo globale (TAEG)dovrà prevedere l’inclusione di tutti gli ulteriori onericonnessi al finanziamento sostenuti dal consumatore con la specificazione nel contratto delle singole vociche lo compongono;

PUBBLICITA’ TRASPARENTE: gli annunci pubblicitari dovranno avere un contenuto minimo più articolato rispetto a quello attuale ;

INTRODUZIONE DEL DIRITTO DI RECESSO al fine di consentire il ripensamento del consumatore (entro quattordici giorni dalla conclusione del contratto


 
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