Creato da annafontanetto il 09/03/2007

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TRE ARTISTI, UNA POETICA

Post n°4 pubblicato il 09 Marzo 2007 da annafontanetto
Foto di annafontanetto

Alla XII biennale di scultura di carrara sono state presentate tre opere in una stessa sala:

What does your soul look like

Gelateria

Melanconia

 Melanconia (2006) di Diego Morandini evoca il profilo di un uomo dall’espressione intensa, calma, riflessiva. La scultura si riduce a un piano bidimensionale, la terza dimensione è tutta interna all’opera stessa che riesce ad esternare una profondità sensibile, percettibile, attraverso le venature del granito, il movimento del colore blu e bianco e la forma dell’immagine. 

Gelateria (2006) di Luisa Protti è un gioco continuo di riflessi e trasparenze. nel lavoro si fondono le proprietà di riflessione dello specchio poliedirco e quelle di trasparenza e opacità del vetro che si riflette e viene riflesso a sua volta. L’interno dell’opera rispecchia se stesso all’infinito, l’esterno il circostante. Si guarda dentro e si guarda fuori, la perfetta unità del lavoro rende il movimento e lo sguardo un tutt’uno. La scultura si smaterializza in rimandi continui che pongono le stesse incognite, gli stessi problemi che ci pone la vita. così La scultura aderisce alla realtà e l’indagine avviene all’interno della scultura come all’interno della vita, nella parte più intima. 

What does your soul look like (2001) di Gianni Caravaggio risale alle fonti di energia prima. il lavoro rappresenta il moto dell’anima, lo sguardo e’ rivolto al microscopico e al particellare. La scultura esiste in un volume morbido, leggero ed è in armonica e costante trasformazione, respira, vive. 

UN FILO CONDUTTORE LEGA I TRE LAVORI: LA RICERCA DELL’INTIMO. GLI ARTISTI NON IMITANO LA REALTA’, NON LA DESCRIVONO, MA PROIETTANO UN MONDO INTERIORE NEL QUALE GLI ELEMENTI DEL MONDO ESTERNO SONO GIA’ ASSIMILATI E TRASCESI. e’ lavorando nell’intimità, nel profondo, che si raggiunge l’identità e quindi l’idea di universalità.

<<…più ci si addentra in profondità più possiamo avvicinarci gli uni agli altri… l’opera contiene questa capacità di identità… l’opera d’arte è la cassaforte dell’identità, non tanto di un’identità personale, quanto di un agglomerato di identità…>> (Luciano FABRO, 1990)

 
 
 
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