La Baccante

A te che non sei uno stupido...

Menippo. 

Ho sentito, Chirone, che tu pur essendo un dio hai desiderato morire.

Chirone. 

Quello che hai sentito è vero, Menippo, sono qui morto, come vedi, pur potendo essere immortale.

Menippo. 

Che è mai questo amore che ti prese per la morte, cosa inamabile per i più?

Chirone. 

Lo dico a te che non sei uno stupido. Ormai l'immortalità non era più piacevole.

Menippo. 

Non era piacevole vivendo vedere la luce?

Chirone. 

No, Menippo. Il piacevole io ritengo che sia una cosa varia e non uniforme. Io vivendo in eterno e godendo delle stesse cose, del sole, della luce, del cibo - le ore erano le stesse e tutti gli avvenimenti sempre gli stessi ciascuno in fila, come se l'uno seguise all'altro -, ne fui pieno; infatti il piacevole consisteva non nell'avere sempre le stesse cose, ma anche nel non parteciparne affatto.

Menippo. 

Dici bene, Chirone: e come va la tua condizione nell'Ade, da quando sei venuto per tua libera scelta?

Chirone. 

Non male, Menippo: infatti l'uguaglianza di condizione è molto democratica e non fa nessuna differenza essere alla luce o al buio; e d'altronde non è necessario come lassù avere sete o avere fame, ma siamo esenti da tutti questi fastidi.

Menippo. 

Bada, o Chirone, di non contraddirti e che il tuo ragionamento non ricada su se stesso.

Chirone. 

Che intendi dire?

Menippo. 

Che se la eterna monotonia e l'uguaglianza delle cose della vita ti ha nauseato, anche le cose di qui che sono uguali potrebbero ugualmente procurarti sazietà, e tu avrai bisogno di cercare un cambiamento anche da qui per un'altra vita, cosa che, credo, è impossibile.

Chirone. 

Che cosa si dovrebbe fare, Menippo?

Menippo. 

Quello che, credo, dicono, che chi ha senno accetti e si contenti di quello che ha e non giudichi insopportabile nulla di ciò che si ha.