Creato da: giancla56 il 27/11/2004
Una bacheca, appunto. Un posto dove attaccare foglietti, post-it, annotazioni. Dove appendere pensieri, foto, emozioni, immagini, riflessioni, sfoghi, sentimenti,sorrisi, incazzature e pianti. Ma non una bacheca privata, solo mia. Anche di quelli che, se vorranno, potranno usarla.

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leggi e legalità: diamo i numeri? massì.

Post n°721 pubblicato il 29 Settembre 2005 da giancla56
Foto di giancla56

L’Italia paradiso di illegalità. I radicali sanno combatterla.

• da Il Riformista del 28 settembre 2005, pag. 2

di Michele Ainis (*)

C'è una ferita alla legalità in Italia? I radicali lo sostengono da tempo; ma lo sostengono, e lo documentano, varie altre fonti. Secondo Transparency International il grado di legalità in Italia è appena un gradino sopra la Nigeria, e però l'ultimo in Europa. Cresce l'evasione fiscale: l'Istat la misura al 7,1% del pil, che in soldoni significa 200 miliardi di euro scuciti dalle casse dello Stato. Nel Mezzogiorno un lavoratore su 4 è in nero, e in generale il lavoro sommerso tocca ormai quota 3,5 milioni di persone. La pirateria informatica copre il 75% del software con cui girano i nostri computer (la media europea è del 35%). Negli ultimi 4 anni le truffe hanno raggiunto il picco (+69%), e in questa cifra c'è di tutto: dalle cure dimagranti al prefisso 709, dai viaggi «tutto compreso» ai trucchetti delle assicurazioni o delle banche. Nelle spiagge del Lazio si registra un abuso edilizio ogni 1.000 metri. A Catanzaro si è concluso con una promozione in massa l'esame d'avvocato dove 2.585 candidati avevano copiato pari pari lo stesso compitino. Legambiente ha appena denunziato un'impennata della caccia di frodo: viene allegramente praticata in 11 parchi nazionali, dall'Abruzzo al Friuli, tanto solo un bracconiere su 20 ne paga poi le conseguenze. 

 Del resto la giustizia negata costituisce l'altra faccia della legalità negata. È un fenomeno che conosciamo tutti, e al quale ci siamo ormai ampiamente rassegnati. Ma sta di fatto che su un milione e mezzo di furti che ogni anno si registrano in Italia, c'è un colpevole con nome e cognome soltanto nel 3% dei casi; il restante 97% descrive altrettanti delitti senza castigo, come avrebbe detto Dostoevskij. E sta di fatto inoltre che la durata media dei nostri processi è di 116 mesi (lo standard europeo è 69 mesi), col corollario che per riscuotere un assegno a vuoto in Italia servono 630 giorni (negli Usa 49); che per sfrattare un inquilino di giorni ne passano 645 (contro i 181 della Francia); che ci tocca aspettare un lustro (per la precisione: 1.867 giorni) per vederci riconosciuti i danni d'un incidente stradale, e non meno di 6 anni per una disputa ereditaria. Quando va bene, dato che a Torino il giudizio per un'eredità si è trascinato per 44 anni (dal 1958 al 2002). E sta di fatto infine che nel solo 1998 i reati prescritti sono stati 130.000: un'amnistia di fatto, anch'essa frutto della nostra lentezza giudiziaria. 

 Non c'è allora da sorprendersi se il Rapporto Eurispes 2003 attesta che oltre la metà degli italiani (il 53,9%) non crede più nella giustizia, e ancora di meno (il 37,6%) nel Parlamento. Anche perché la malapianta dell'illegalità non cresce solo al di fuori del Palazzo, della cittadella del potere. Viceversa in Italia la legge viene elusa perfino da chi dovrebbe farla rispettare. Ancora qualche dato, qualche esempio: 4 comuni su 10 non rispettano le quote di accesso al lavoro per le persone handicappate. A 15 anni di distanza dal varo della normativa che garantisce il diritto d'accesso verso gli atti delle amministrazioni pubbliche, 7 enti locali su 8 risultano tutt'oggi inadempienti. Il 6 giugno scorso il ministro Pisanu ha varato per decreto una serie di misure contro le violenze negli stadi; ma in agosto, quando è iniziato il campionato, la stragrande maggioranza degli stadi era ancora fuorilegge. Insomma in Italia la legge non si applica bensì piuttosto si disapplica, oppure si proroga, si deroga, si deforma con interpretazioni «creative» che in sostanza aggirano le maglie della legge e ne violentano la lettera. Nei massimari di giurisprudenza capita perfino d'incontrare la figura dell'interpretazione «abrogatrice»: come a dire, da qualche parte c'è una legge, il Parlamento non l'ha mai cancellata, ma un giudice o un'amministrazione la fanno sparire con un gioco di prestigio. E qui ogni riferimento alle due norme che puniscono la propaganda astensionistica nelle consultazioni referendarie non è affatto casuale. 

 E c'è poi un paradosso, anche se il paradosso è tale solo in apparenza. Perché questa diffusa inosservanza delle regole - da parte dei cittadini così come da parte di chi ha la responsabilità di farle rispettare - si verifica proprio mentre le regole sono un fiume in piena, al punto che nessuno sa con precisione a quanto ammonti il numero degli atti legislativi che abbiamo sul groppone: la stima più attendibile li misura in 50.000, ma c'è anche chi raddoppia o triplica questa cifra già di per sé considerevole. Eppure in tale giungla s'annidano all'incirca 35.000 tipi di reato, con la conseguenza che ciascuno di noi corre il rischio d'essere inquisito per infrazioni delle quali non sospetta neppure l'esistenza. Eppure nel diritto edificato dalla patria del diritto trovano ancora posto fossili risalenti all'Ottocento, o altrimenti norme bislacche come quella che regola la costituzione di pegno sui prosciutti (legge n. 401 del 1985), o la lunghezza massima delle banane e dei cetrioli (stabilita da due provvedimenti adottati rispettivamente nel 1994 e nel 1988). 

 Ecco, questa è una delle tante promesse tradite dal governo Berlusconi, che a suo tempo aveva solennemente garantito la semplificazione del troppo diritto che ci invade (punto 3 delle «Cinque grandi missioni per cambiare l'Italia»). Ma sta di fatto che la legge «annuale» di semplificazione è latitante da 2 anni, e insieme ad essa la speranza di sfoltire il bosco delle leggi, di tagliarvi i rami secchi,dato che le Camere v'impegnano lo 0,02% del loro tempo di lavoro. Eppure le ore di seduta che si tengono a Montecitorio e a palazzo Madama non sono affatto inferiori alla media delle altre assemblee legislative dell'Unione europea. Il guaio è che questo tempo viene trascorso per lo più approvando discipline settoriali, localistiche, di finanziamento verso enti, eventi ed accidenti; e infatti tali leggi coprono il 78,9% della produzione normativa. La più insospettabile? Quella sul «gozzo endemico», pubblicata il 20 aprile. Ora aspettiamo la legge sulla gobba. La più logorroica? L'ultima finanziaria, che inanella 593 commi in un solo articolo di legge: un vero e proprio record del mondo, tanto che la stessa finanziaria, a mo' di rimedio, è arrivata ad inventarsi (al comma 168) un «Commissario straordinario per la vigilanza sul comma». 

 C'è sempre una vittima, anzi una doppia vittima, quando l'illegalità si trasforma da eccezione in regola. In primo luogo l'idea di libertà. Come diceva Montesquieu, non c'è libertà al di fuori della legge. E argomentava con queste parole la sua massima (libro XI, capitolo III, dell'Esprit des lois): «La libertà è il diritto di fare tutto quello che le leggi permettono; se un cittadino potesse fare quello che esse proibiscono, non vi sarebbe più libertà, perché tutti gli altri avrebbero del pari questo potere». In secondo luogo ne rimane vittima l'eguaglianza, o per meglio dire la giustizia. Questo perché se il diritto si trasforma in giungla, chi ci rimette sono i deboli. «Le grida son tante!» - esclama un personaggio di Manzoni - «e il dottore non è un'oca: qualcosa che faccia al caso mio saprà trovare». E infatti le nostre normative sono sempre più spietate con i deboli, e viceversa cieche con i forti. Succede così che a Como un barbone sorpreso a rovistare tra i rifiuti sia stato denunziato per furto di cosa pubblica. Che un addetto ai bagagli di Linate venga condannato a 7 mesi di galera per aver rubato tre pezzi di formaggio. Che nel luglio scorso al tribunale di Macerata una nonnina di 98 anni si sia vista rinviare il processo al 2010. Che a Milano un marocchino venga processato per una truffa da 28 centesimi, impegnando per mesi magistrati, cancellieri, traduttori. 

 Ecco perché c'è bisogno di chi si faccia sentinella della legalità: la lotta per la legalità è una lotta per la libertà e per la giustizia, ed è quindi fra gli obiettivi più alti che una forza politica possa darsi.

(*) Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico - Università di Teramo.

via Notizie Radicali.

 
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