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Tempo di saldi: tutti pazzi per lo shopping!

Post n°21 pubblicato il 28 Luglio 2010 da benessere4u

 

Articolo della Dott.ssa Iazzolino pubblicato su Benessere4u.it, il social network su salute e benessere psicologico.

         

Sono partiti ormai da quasi un mese i saldi estivi. La CONFCOMMERCIO cerca di monitorarne l’andamento e le stime forniscono dati oscillati tra le città ed i vari momenti.
Indipendentemente dalle possibilità economiche, l’istinto ad uscire, passeggiare sbirciando le vetrine coinvolge molte persone.

Indipendentemente dalle possibilità economiche, l’istinto ad uscire, passeggiare sbirciando le vetrine coinvolge molte persone.

I primi giorni di luglio, con un calendario specifico per ogni città, sono iniziati i SALDI!

I saldi rappresentano un momento particolare nel quale, alla luce dell’avvicinarsi della fine della stagione (estiva come invernale), i negozianti abbassano i prezzi applicando percentuali variabili di sconto.

Ed ecco che per gli appassionati dello shopping si attiva una vera e propria spinta all’acquisto. Questa spinta, generalmente presente anche negli altri periodi dell’anno, di fronte ai prezzi più bassi, riesce ad “abbattere” l’ostacolo dei sensi di colpa psicologici e oggettivamente economici dovuti all’acquisto.

Ma di cosa stiamo parlando?

La parola inglese “shopping” è utilizzata per indicare l'andare in giro per negozi per fare degli acquisti.

Nel fare shopping però si và oltre il momento dell’acquisto; si intende infatti anche il momento dell’osservazione delle vetrine, del camminare pensare e guardare a cosa poter comprare  e sperimentare in quel momento un senso di leggerezza e di gioia.

Mi sento giù di morale e mi viene una gran voglia di fare acquisti … vuol dire che soffro della sindrome dello shopping compulsivo?

No! Quando lo shopping è diventato l’ambito nel quale ha trovato spazio di manifestazione un vero e proprio disturbo ossessivo - compulsivo allora possiamo parlare di comportamento legato alla sindrome da acquisto compulsivo.

Denominato sindrome da acquisto compulsivo, shopping-dipendenza, “shopaholism”  o oniomaniam, tale disturbo si manifesta con un desiderio compulsivo di fare acquisti.

Il collega Davide Algeri e, lo scorso settembre 2009 su questo sito, nel parlarci dello shopping compulsivo ha definito il disturbo ossessivo compulsivo indicandone alcune caratteristiche nel: “Piacere che in seguito si trasforma in sentimenti di colpa e vergogna, generando uno stato di tensione crescente, in cui l'unico modo per alleviarla diventa soddisfare l'impulso irrefrenabile ad acquistare oggetti il più delle volte inutilizzati”.

Tralasciando le situazioni diagnosticabili come connesse alla sindrome ci chiediamo:

Cosa ci avvicina allo shopping?

Cosa ne otteniamo?

Psicologicamente possiamo motivare tale spinta allo shopping, con la naturale necessità insita in ognuno di noi, di trovare compensazione a livello affettivo.

Nel fare shopping possiamo donarci una carezza che ci permetta di sentirci più sereni, portando l’attenzione verso il nostro bisogno che potrà essere compensato; pensiamo a noi stessi.

La compensazione che fa’ da sottofondo allo shopping, si può legare sia all’esigenza di riempire dei vuoti che di trovare un modo/oggetto alternativo che farà le veci di qualcuno che a livello emotivo non c’è più.

Possiamo quindi affermare che lo stato emotivo che viviamo possa influenzare/trovare risvolto, nelle attività di shopping.

Il polo positivo o negativo di tale spinta che accompagna l’acquisto, non è definibile aprioristicamente.

Può infatti capitare di vivere un momento di felicità ed avere voglia e piacere nel passeggiare e fare shopping; al polo opposto possiamo essere animati dal bisogno di migliorare il proprio stato emotivo negativo e compensare una mancanza o un’assenza facendo acquisti (riuscendo in quel momento a sperimentare un senso di spensieratezza).

Come dicevo prima, l’attività dello shopping può rappresentare un momento di attenzione e di ascolto rivolto a sé.

Le abitudini nel fare acquisti, risentono anche dei cambiamenti e delle esperienze proprie della vita personale.

Le neo mamme ad esempio, completamente proiettate verso il proprio bambino, anche se prima della gravidanza erano delle “sostenitrici e praticanti dello sport dello shopping”, subito dopo la nascita del nascituro, devolvono completamente le loro necessità verso il piccolo.

Questo ci segnala come, il momento di vita particolare, carico a livello affettivo, trova risvolto nel fare shopping.

Quando il bisogno di sentirsi coccolate, di sentire i propri bisogni tornare a farsi sentire, ed il bimbo sentono che abbia raggiunto un maggior livello di autonomia, lo shopping sarà di nuovo un momento anche per le proprie esigenze.

Il mondo dello shopping è legato a quello della psicologia. Sia rispetto ad una forte matrice psicologica relativa alla spinta verso lo shopping, che rispetto al supporto degli studi psicologici finalizzati ad analizzare il comportamento del consumatore (come poter distribuire i prodotti? Cosa attira l’attenzione? In quale orario trasmettere un determinato spot pubblicitario?).

In conclusione, il momento dello shopping può rappresentare un momento di cura e attenzione verso di sé. Pertanto, tenendo ben presente le proprie possibilità economiche, può essere un momento per ascoltarsi e coccolarsi.

Bibliografia

www.wikipedia.it

www.confcommercio.it

http://dipendenza.opsonline.it/psicologia-19153-shopping-compulsivo-on-line.html

 
 
 

Salute e benessere con le classi di esercizi di bioenergetica

Post n°20 pubblicato il 13 Luglio 2010 da benessere4u

Articolo a cura del Dott. Viola, pubblicato su b4u, il social network su salute e benessere psicologico.

 

Salute e benessere con le classi di esercizi di bioenergetica

 

 

Obiettivo
dell'articolo è promuovere una conoscenza sui benefici degli esercizi di
bioenergetica.  

Le classi di esercizi
di bioenergetica sono state ideate per favorire il benessere
psico-corporeo della persona in termini di aumento del livello di
energia, di sblocco emotivo e di miglioramento del contatto con se
stessi e con gli altri. Il lavoro sul corpo include sia esercizi
costituiti da una serie di tecniche respiratorie e posturali, di
movimenti espressivi e di momenti di raccoglimento e di rilassamento,
sia procedimenti di manipolazione, costituiti da massaggio, pressione
equilibrata e leggeri contatti per rilassare i muscoli irrigiditi.

Salute e benessere con le classi di esercizi di bioenergetica

 

 

Introduzione all’Analisi Bioenergetica

 

La bioenergetica è un modo di comprendere la personalità sulla base dei processi energetici dell’individuo: più energia una persona ha e più è viva. Potenziando quindi i processi energetici di una persona, in particolare il respiro e il movimento, migliorano anche tutte le sue funzioni. Infatti, un pensiero basilare in bioenergetica è che il corpo e la mente sono funzionalmente identici, cioè quello che accade nella mente riflette quello che succede nel corpo e viceversa. In altre parole, l’organismo funziona come un’unica totalità dove mente e corpo si influenzano vicendevolmente. Molte persone non sono consapevoli del fatto che i loro problemi si manifestano nel corpo fino a quando questo non viene direttamente espresso con l’instaurarsi di malattie croniche. Nel lavoro con il corpo bisogna tenere presente che ogni restrizione della respirazione è sia il risultato che la causa d’ansia e ogni restrizione del movimento è sia il risultato che la causa di difficoltà emotive. Poiché la persona è il corpo, ogni aumento del contatto con il proprio corpo produrrà un miglioramento dell’immagine di sé, delle relazioni sociali, del pensiero, delle emozioni e della gioia e del piacere di vivere. La bioenergetica è anche una forma di terapia che combina il lavoro con il corpo e con la mente per aiutare a risolvere i problemi emotivi. L’approccio terapeutico comprende alcune tecniche corporee specifiche che tengono contro dei blocchi della respirazione, del movimento, del contatto e dell’autoespressione.

 

Respiro e movimento

 

Il modo di respirare degli adulti tende ad essere disturbato da tensioni muscolari croniche che ne alterano e ne limitano la portata. Tali tensioni sono il risultato di conflitti emotivi formatesi nel corso dello sviluppo, rappresentando la controparte fisica di problematiche emotive. Attraverso le tensioni, i conflitti si strutturano nel corpo sottoforma di restrizioni del respiro e limitazione della motilità. Solo sciogliendo queste tensioni e risolvendo i conflitti, ci può essere un miglioramento significativo della personalità. La profondità del respiro ha infatti effetto sull’intensità della sensazione: trattenendo il respiro possiamo ridurre la sensazione mentre l’attivazione del respiro fa emergere sentimenti repressi.

 

Grounding

 

Il concetto di grounding assume un ruolo centrale nell’analisi bioenergetica; si tratta del contatto tra i piedi e il terreno che implica una corrente di eccitazione che scorre attraverso il corpo. Il grounding è il radicamento dell’individuo con la realtà della sua esistenza: significa sapere chi siamo, dove siamo e cosa vogliamo.

 

Autoespressione e contatto

 

Se una persona è bloccata nella capacità di esprimere ciò che sente ridurrà la sensibilità e la vitalità del proprio corpo, con una riduzione nella capacità di agire in modo funzionale rispetto a una determinata situazione e nella possibilità di sperimentare il contatto con sé stessi. Essere in contatto significa essere consapevoli di ciò che accade dentro di noi e intorno a noi.

 

Le classi di esercizi di bioenergetica

 

Le classi di esercizi di bioenergetica sono state ideate per favorire il benessere psico-corporeo della persona in termini di aumento del livello di energia, di sblocco emotivo e di miglioramento del contatto con se stessi e con gli altri. Il lavoro sul corpo include sia esercizi costituiti da una serie di tecniche respiratorie e posturali, di movimenti espressivi e di momenti di raccoglimento e di rilassamento, sia procedimenti di manipolazione, costituiti da massaggio, pressione equilibrata e leggeri contatti per rilassare i muscoli irrigiditi. Non sono l’intervento terapeutico ma hanno come finalità la promozione del benessere fisico e mentale.

Una classe di esercizi di bioenergetica può avere generalmente da 4 a 20 partecipanti e viene guidata da una persona che ha completato almeno una formazione biennale nella conduzione di classi di esercizi.

La classe di esercizi di bioenergetica segue le seguenti fasi:

 

 

  1. Prima fase: Ascolto di se stessi, mobilizzazione delle articolazioni, lavoro sulle contrazioni.

La prima fase ha come obiettivo incrementare la consapevolezza dei partecipanti, la presenza a se stessi e il grounding.

  1. Seconda fase: Respiro nel torace, coinvolgimento delle spalle, del torace e delle braccia.

La seconda fase è dedicata a fornire un miglior livello energetico, proseguendo con lo scioglimento delle tensioni.

  1. Terza fase: Lavoro sull’autoaffermazione.

La terza fase è dedicata all’esplorazione dell’assertività, della sessualità, dell’abbandono e dell’aggressività.

  1. Quarta fase: Rilassamento e raccolta delle sensazioni, con esercizi che si svolgono da sdraiati.

  2. Quinta fase: Ritorno in piedi come ritorno alla realtà presente: “Io sono qui, io sono sui miei piedi”.

 

Gli esercizi proposti durante una classe possono aiutare ad acquisire una maggiore padronanza di se stessi:

 

  1. aumentando lo stato di vitalità del proprio corpo;

  2. radicandosi saldamente nelle gambe e nel corpo;

  3. rendendo più profonda la respirazione;

  4. aumentando l’autoconsapevolezza;

  5. aumentando le possibilità di espressione.

 

In tutte le classi di esercizi si inizia con una serie di movimenti attivi e poi di massaggi per favorire il rilassamento e il contatto. Con gli esercizi di bioenergetica si possono risolvere molti problemi di postura: la postura corporea e la deambulazione diviene più coordinata, gli occhi più vivi e presenti e il volto più disteso e rilassato.

 

 

Conclusioni

 

Obiettivo fondamentale dall’analisi bioenergetica è ripristinare un miglior contatto e adattamento dell’individuo con la propria realtà interna ed esterna e integrare l’io con il corpo al fine di un soddisfacente raggiungimento del piacere.

La bioenergetica è dunque un processo di apertura alla vita, sia in chiave psicologica che fisica. Ogni cambiamento agisce simultaneamente sia a livello somatico, attraverso un aumento del respiro, della motilità, della coordinazione del movimento, sia a livello psichico con la riorganizzazione del pensiero, degli atteggiamenti e della gestione delle emozioni.

Il processo bioenergetico può essere quindi classificato in due fasi principali:

 

  1. portare attenzione sul corpo attraverso la respirazione e il mettersi in contatto con le sensazioni ed emozioni;

  2. prendere coscienza dei blocchi, del loro scioglimento e permettersi l’espressione del vissuto emozionale.

 

Con la bioenergetica si cerca di favorire la resa al corpo, ritrovare e ristabilire l’armonia tra un modo interiore ed esteriore, raggiungere l’autoaccettazione, il possesso della propria vita, l’autoespressione e l’autenticità.

 

 

 

Bibliografia

 

 

Maria Stallone Alborghetti, Bioenergetica per tutti. Prevenzione e benessere, Universo Editoriale.

Alexander Lowen, Espansione e integrazione del corpo in bioenergetica, Astrolabio.

Alexander Lowen, La spiritualità del corpo. L’armonia del corpo e della mente con la bioenergetica, Astrolabio.

Alexander Lowen, Arrendersi al corpo. Il processo dell’analisi bioenergetica, Astrolabio.

Alexander Lowen, Bioenergetica, Feltrinelli.

Vittoria Benedetta Tallini, Cos’è la bioenergetica, Giunti.

 
 
 

L'infertilità psicogena nella coppia

Articolo della Dott.ssa Ameruoso pubblicato su Benessere4u.it, il Social Network su Psicologia, Salute e Benessere.


L'infertilità psicogena nella coppia

L’infertilità psicogena è divenuta una problematica molto diffusa ed è attualmente considerata una concausa della carente espansione demografica.
La fertilità è la capacità degli esseri viventi di riprodursi, di generare individui normali e dotati di caratteristiche peculiari della specie di appartenenza. La mancanza o la perdita di tale funzionalità, porta ad una condizione di sterilità (O.M.S., l’A.F.S.).
La sterilità fisiologica si differenzia, dalla infertilità relativa al partner in cui non vi è riscontro di cause organiche anche se, tale condizione, persiste nel tempo. Può capitare che, se i due coniugi si separano, costituendo così due nuovi nuclei familiari, tale problematica viene meno.

La sterilità e l’infertilità sono dovute a cause differenti: la prima è sintomatica, la seconda è asintomatica da un punto di vista medico.
Uno dei fattori determinanti è l’età: sia nella donna che nell’uomo a determinare la capacità di concepire è il tempo.

Tanto la volontà di avere un figlio si manifesta tardivamente, tanto minore sarà la possibilità di portare a termine questo progetto. In Europa, l’età del primo concepimento si è innalzata. L’incremento di un progressivo calo delle nascite nel nostro paese, ha fatto pensare che ciò derivasse da un fattore legato all’aumento dell’infertilità e della sterilità.
I dati ISTAT italiani considerano, esclusivamente, gli indici di natalità e di fecondità senza un’analisi precisa dell’incapacità al concepimento: le nascite per 100 abitanti (indice di natalità) sono passati da 29,4 negli anni 1930-1932, a 10,2 nel periodo 1984-1986, così come la fecondità totale, cioè i nati vivi per 100 donne in età riproduttiva, sono passati da 94,3 (1930-1932), al 41 (1984-86). La variazione attuale (in incremento) è dovuta principalmente a malattie infettive presenti prevalentemente nel terzo mondo.
In questo contesto, però, è difficile stabilire la percentuale di “responsabilità” in quanto i fattori contribuenti al manifestarsi di questa problematica, sono diversi.
In circa il 50% degli altri casi, il portatore di infertilità è l’uomo.
Alcuni studi, che vertono sulla produzione di un contraccettivo maschile che non inibisca il desiderio, hanno accennato all’ipotesi, secondo la quale, una sostanza proteica prodotta dal testicolo e chiamata “inibina”, possa bloccare la produzione di spermatozoi. Questa proteina regola la produzione di FSH grazie ad un meccanismo di feedback sull’ipotalamo e sulla ghiandola pituitaria, da essa stessa attivato. Di fatto però, le cause organiche che contribuiscono o determinano la sterilità, sono differenti: il fattore stress psichico e/o mentale ha un importante ruolo sulla risposta fisiologica ormonale.
In conseguenza di ciò, nella donna, l’innalzamento di prolattina e la riduzione dell’LH causano l’anovulazione, ipogonadismo ed amenorrea, mentre, nell’uomo, l’ipogonadismo con un conseguente abbassamento dei livelli di testosterone e gonadotropine.
Anche il tabagismo e l’abuso di sostanze alcoliche, sono determinanti nella riduzione della attività nemaspermica nell’uomo mentre, nella donna, si verifica un effetto antiestrogeno.
Inoltre, alcune esperienze fortemente stressogene quali l’isolamento, la prigionia, l’internamento in campi di concentramento o di guerra, come la storia ed anche la letteratura psicoanalitica testimoniano, comportano una condizione di azoospermia o oligospermia nella condizione fisica maschile.
L’ infertilità invece, è primaria se, dopo un anno (o più) di tentativi di concepimento, non c’è stato alcun esito positivo. E’ secondaria se insorge dopo una gravidanza coronata da successo.
Secondo la Bydlowski, i fattori che ostacolano la procreazione, sono da attribuire ad un’organizzazione inconscia difensiva contro tale eventualità: post- traumatica, nevrotica, come conseguenza di disturbi del comportamento alimentare o di perturbazioni dell’immagine corporea.
L’evento traumatico (un aborto spontaneo o provocato, una morte fetale, una gravidanza extrauterina) o una fantasia legata ad un vissuto interiore, determinato ad una esperienza (uno stupro, la morte della partoriente o quella del bambino) raccontata da altre donne all’interno della famiglia stessa (per es. madre, nonna, zia), sono sufficienti a definire la rinuncia alla maternità.
Gli aspetti nevrotici dell’infertilità sono invece, effetto di un meccanismo d’inibizione alla procreazione conseguentemente ad una fissazione in una fase specifica dello sviluppo psico-affettivo. Inoltre, una relazione fortemente conflittuale tra madre e figlia comporta, come conseguenza inconscia, il “rifiuto” di concepire.
Anche il disturbo alimentare (anoressia, bulimia), preesistente alla scoperta dell’infertilità, che implica una distorsione dell’immagine corporea rappresentata mentalmente, ostacola la capacità di generare.
Con questi presupposti, la possibilità di rendere concreto sul piano biologico e di realtà, la manifestazione del proprio funzionamento fisiologico, viene a perdersi.
Spesso e volentieri, le coppie, sane dal punto di vista organico, restano sconcertate di fronte all’incapacità di attribuire una spiegazione tangibile a questa problematica.
Freud, a proposito della generatività, si riferisce al concetto di “volontà dell’individuo di sopravvivere alla morte”. Il proprio figlio, cioè, viene vissuto come proiezione narcisistica di sé ma anche, come attestazione del proprio funzionamento fisiologico e biologico che permette la continuità della specie.
Nel contesto sociale, il figlio dà conferma della propria identità sessuale.
La fase della “generatività” di cui parla Erikson, si manifesta attraverso la nascita e la crescita dei figli.
L’essere umano si contraddistingue infatti, dalle altre specie poiché, la sua capacità fecondante, è contraddistinta da una forte connotazione psicologica ed assume anche un profondo significato sociale. Con la maturità sessuale (evento puberale) emerge la fantasia riguardo alla procreazione. Questa capacità, principalmente legata al proprio genitore durante l’infanzia diviene, in seguito, una consapevolezza ed un desiderio dell’adolescente sessualmente maturo. È proprio durante tale periodo che l’individuo ottiene ulteriori conferme della propria identità di genere (maschio e femmina) e il ruolo (maschile e femminile).
Il desiderio di un figlio e la successiva realizzazione, sul piano di realtà, di questa iniziale fantasia, diviene in età adulta, una conferma della propria capacità rigenerativa ridefinendo la propria identità di genere. Questo vale sia per la donna che per l’uomo.
La gravidanza quindi, assume una sorta di segnale di prestigio.
Il bambino rappresenta la continuità, il significato dell’esistenza umana ma, nel caso in cui vi è impossibilità a concepire, viene a mancare.
È importante che la coppia elabori sul piano personale le componenti emotive legate al lutto della infertilità, concedendosi un’ulteriore e significativa possibilità di vivere la splendida esperienza legata alla genitorialità.


Riferimenti bibliografici

Ameruoso E. (2006). L’esperienza adolescenziale in coppie portatrici di infertilità psicogena: un’ipotesi di ricerca. II Scuola di Specializzazione dell’Università “La Sapienza”. Roma: Tesi di Specializzazione.
Ammanniti M. (1993). Gravidanza e percezione del sé. In Maternità e Tossicodipendenza (a cura di) Malagoli Togliatti M., Mazzoni S. Milano: Giuffrè.
Bydlowski M. (2003). Facteur psychologiques dans l’infertilité feminine. In Gynécologie Obstétrique & Fertilité, 31: 246-251.
Morelli G. (1996). Il ruolo dei fattori psicologici nell’etiopatogenesi dell’infertilità maschile, In Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria, 28/29: 45-48
Scatoletti B. (1996). Aspetti psicologici nella diagnosi e cura dell’infertilità di coppia: una rassegna della letteratura rec

 
 
 

Dipendenza: una passione mancata?

Post n°18 pubblicato il 10 Giugno 2010 da benessere4u
 

 

Articolo della Dott.ssa Galligani pubblicato su B4U.it, il social network su salute e benessere psicologico.

 

Tutto il mondo si attiva ai nostri occhi quando ci dedichiamo con l’azione o col pensiero alla nostra passione. Ognuno cerca di soddisfare la propria passione perché è un rifugio, è la casetta sull’albero che ci permette una solitudine-in-sicurezza. Ci fa riflettere ma ci distoglie anche dai pensieri che ci affliggono. È il nostro bisogno e cerchiamo di soddisfarlo.

 

“…Amor che muove il sole e le altre stelle”


Forse è troppo scomodare Alighieri su delle riflessioni riguardo le passioni dell’uomo. Ma questo è realmente quello che succede: tutto il mondo si attiva ai nostri occhi quando ci dedichiamo con l’azione o col pensiero alla nostra passione. 
Non voglio parlare della passione che si prova per un’altra persona, bensì di quel sentimento che travolge, crea turbamento, dà irrequietezza e fa in modo che gli individui si sentano vivi nel cercare di soddisfare quel bisogno incontenibile. Quegli interessi che gli anglosassoni, forse in modo riduttivo, definiscono “hobbies” ma non si tratta solo di un “passatempo”: è una forza che trascina verso un intimo benessere. Ciò in cui ci si immerge per cercare una personale soddisfazione, un’attività che non ci fa percepire il tempo che scorre e al suo termine la vita ricomincia ricaricata.È una tensione interna che non si riesce a controllare e se non le si dà sfogo ci si sente legati, in galera ma è possibile anche averne paura e per questo abbandonarla, consapevoli che quelle emozioni così travolgenti non le ritroveremo in altra attività.
 Sono quelle passioni che riempiono la vita di ognuno di noi: la musica, la natura, il decouapage, il ballo, la pittura e che spesso possono trasformarsi nella professione di vita.
 Ognuno cerca di soddisfare la propria passione perché è un rifugio, è la casetta sull’albero che ci permette una solitudine-in-sicurezza. Ci fa riflettere ma ci distoglie anche dai pensieri che ci affliggono. È il nostro bisogno e cerchiamo di soddisfarlo.

Ma non è solo una questione di benessere, dietro ad una semplice passione ci sono molti aspetti dell’individuo che subiscono un’evoluzione.


Il controllo emotivo: si impara a gestire le emozioni aspettando il momento della passione come ritiro emotivo e sfogo personale o come premio. 
- Acquisizione di un’identità e di un ruolo: c’è un riconoscimento da parte degli altri in quello che faccio, si entra così a far parte di una categoria e di un gruppo. 
Capacità comunicativa: abbiamo sempre qualcosa di cui parlare perché siamo sempre aggiornati sulle novità che riguardano il nostro oggetto d’amore e il linguaggio usato sarà necessariamente da esperti.
Capacità di progettazione: delle varie fasi della attività e della giornata così da ridurre al minimo i momenti di noia.
Rafforzamento del carattere: si impara il fallimento, perché prima di definirsi esperti molte sono le cadute! 
Pensiero creativo: fantasticare sulla propria passione aumenta i sogni e allarga gli interessi connessi.

Ma cosa succede quando non si individua l’oggetto della nostra passione? Dove si trova rifugio?
È qui che possiamo scorgere un collegamento fra passioni e dipendenze, come fossero i piatti di una stessa bilancia: in base a dove l’ago pende ci si “butta” in una passione o in una dipendenza. 
L’elenco delle emozioni fatto sopra, riferite alla passione, potrebbe essere riproposto nello stesso identico modo per descrivere le emozioni che si vivono in una dipendenza. Con alcune differenze:

1) la passione che distoglie dalla realtà (fa perdere il senso del tempo) è rigeneratrice, la dipendenza distoglie dalla realtà e basta;
2) la passione ruota intorno alla vita e la colora di nuove passioni,  con la dipendenza al centro c’è questa e la vita le ruota intorno spengendo altri interessi. 

È raro, nell’epoca in cui stiamo vivendo, non essere schiavi di qualcosa. Ma se questo è vero per coloro che già si sono creati una identità più o meno solida, che si sono formati una vita fatta di impegni e relazioni sociali e che sanno “dominarsi”, è meno vero per chi un’identità deve ancora costruirsela.  I bambini, gli adolescenti (e purtroppo anche molti adulti) cercano “riempimento” in video-giochi in rete, in cellulari, in slot-machine, reality, per non elencare le varie sostanze che sempre più numerose si affacciano sul mercato del proibito. 
Esiste, per un individuo “addicted”, solo l’oggetto d’amore malsano: l’oggetto della sua dipendenza. Una dipendenza che porta a vivere una non-vita, ad agire dei non-comportamenti. Lo dice la parola stessa: chi è dipendente non è libero, pende da qualcosa e non certo dalla propria volontà personale. 
Viene attuata quella che viene definita “coazione a ripetere”, in cui la propria volontà e il proprio pensiero vengono alienati da un unico oscuro interesse che ostacola l’individuo nello sviluppo e nelle sue potenzialità e che porta in sé un vissuto consapevole di spiacevolezza. In una dipendenza non c’è niente di creativo, c’è solamente un’azione costante e ripetitiva a cui si è sottomessi e di cui si è schiavi. 

Dovremmo chiederci allora perché per alcuni adolescenti l’ago della bilancia pende verso una dipendenza. È davvero quello che a loro dà piacere? Oppure non riescono a distinguere ciò che li rende felici da ciò che li rende schiavi? Come possiamo fargli scoprire che anche loro possono sentirsi soggetti reali inseriti in un mondo che li chiama?
 Se è vero, come diceva Freud, che le pulsioni sono energie interne che spingono all’azione, secondo il principio del piacere come potremmo convertire questa energia dalla dipendenza verso una passione: come spostiamo l’ago della bilancia? 
Forse bisognerebbe ascoltare S. Agostino che disse: “E’ meglio perdersi nella passione piuttosto che non avere passioni”. 


Bibliografia
Trattato completo degli abusi e delle dipendenze, vol.I, U. Zizzoli, ed. Piccin

 

 

 
 
 

TSO alle madri in baby blues? Ma mettiamoci chi ha fatto questo proposta!

Dopo il tragico evento di Passo Corese la Sigo (Società Italiana Ginecologia e Ostetricia) propone un TSO per le madri con Depressione Post-Partum. Ma a questo punto riapriamo direttamente i MANICOMI, mettiamole in stanze con le sbarre alle finestre... Così si evitano tragedie analoghe! CHE AMAREZZA!!!! Invece di sparare queste proposte offensive e medioevali, sarebbe invece opportuno stanziare più risorse economiche per i servizi di welfare mirati a fornire sostegno alla famiglia ed alle neo-mamme. Valorizzare le figure professionali deputate, ad esempio lo PSICOLOGO, investire sulla famiglia invece di disgregarla e dilaniarla, lasciando da sola ...la donna. Questo paese è capace solo di soluzioni mostruose e propaganda emotiva.Sostieni la rivolta contro questa proposta medioevale che la Sigo (Società
italiana di ginecologia e ostetricia) sta presentando al Ministero della Salute! Mettiamoci i proponenti in TSO (terapia sanitaria
obbligatoria)! Alle Madri servono supporto, servizi e professionalità,
non delle sbarre ad una finestra! Un paese senza vergogna!!!http://www.facebook.com/pages/TSO-alle-madri-in-baby-blues-Ma-mettiamoci-chi-ha-fatto-questo-proposta/125716704127100?v=wall

 
 
 
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