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Il mio problema, il mio grosso problema, è che so esprimermi bene, nel parlare e nello scrivere.
Il mio problema, il mio grosso problema, è che possiedo la facoltà di spiegare con parole assolutamente calibrate e circostanziate ciò che sono e ciò che faccio, con esattezza.
Come gli antichi araldi, non proclamo e non descrivo nulla in più o in meno di ciò che precisamente provo e sento in me: non servono note a margine che esplichino la profondità del mio pensiero, magari espresso in forma disorganica attraverso parole inadeguate.
Il mio problema, il mio grosso problema, è che sono anche in grado di rispondere in pieno e con coscienza a qualsivoglia interlocutore che intenda pormi questioni su una qualunque parola da me detta o scritta.
Di più: potrei rendere conto anche delle parole da me omesse, perché la loro assenza testimonia la mia valutazione di non necessità ad usarle. Forse aiuta il fatto che le mie parole raccontano o esplicano comportamenti e pensieri lineari e corretti.
Conosco persone, invece, che, come incipit alle loro argomentazioni o speculazioni sovente affermano "...io non so parlare..." "...io non so scrivere..." e, pur avendo ragione, poi dicono e scrivono. Molto.
E le anime belle in ascolto o in lettura, come grandi dispenser di maionese, riempiono il vuoto sostanziale lasciato da questi "incapaci a scrivere o parlare" nel ripieno del tramezzino dei loro pensieri (in)espressi.
Quando esiste il vuoto, ognuno lo riempie con il suo presunto pieno, che quasi mai è quello pensato o non pensato da chi non sa scrivere o parlare.
E il problema di questi signori che dicono di non saper scrivere o parlare, il loro grosso problema, non è che quello di non saper scrivere o parlare.
Il loro problema, il loro grosso problema, è che non esistono parole dette o scritte che possano motivare compiutamente i loro comportamenti.
Non ci riuscirei nemmeno io, nonostante il mio problema, il mio grosso problema...
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