Creato da: ambiente68 il 05/03/2015
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Gli impianti innovativi base

Post n°1 pubblicato il 05 Marzo 2015 da ambiente68
 

1. Processo di digestione anaerobica a 4 stadi (o all’italiana)

2. Gassificazione

3. Bioraffineria

4. FBA orizzontali (per l’accrescimento forzato delle macroalghe – in primis abbatte i nitrati -)

5. FBA verticali (per l’accrescimento forzato delle microalghe – per la produzione di biomasse ad alto reddito -)

6. FBA circolare ((per l’accrescimento forzato dei cianobatteri – esempio unico è la Spirulina -)

7. Bioplastiche con uso di nanotecnologie

8. Fluidi supercritici

9. Ultrasuoni

10. Raffinazione oli esausti

11. Serre aeroponiche

12. Micropropagazione

 

Prima d’incominciare una breve spiegazione sulle innovazioni nella singola voce sopra riportata, è importante capire che tutte queste tecnologie possono interagire tra di loro. Creando un Sistema Integrato si risolvono i problemi di esubero, che sono prodotti dal singolo Sistema Impiantistico. Il significato base di Sistema Integrato sta proprio nella combinazione di due o più Sistemi Impiantistici. Un esempio, molto complesso, ma che dà più reddito contemporaneamente e sostituibili gli uni con gli altri, sta nel trasformare gli RSU (Rifiuti Solidi Urbani) in energia elettrica, energia termica, ma sopattutto in sostanze ad alto reddito. A tale scopo vi è un esempio, che è composto da 12 sistemi impiantistici ed ha una Potenza elettrica stimata in 5 MWe. Si tenga presente che l’energia prodotta deve servire per almeno l’80 % alla biosintesi, raffinazione, o alla semplice estrazione di sostanze, che quando vengono immesse sul mercato devono avere già la loro collocazione, altrimenti perdono il loro valore (dai 25 km ai 40 km di raggio dal sito di produzione). Non verrà spiegato in sintesi l’ossidazione forzata, poiché i concetti sono quelli del vecchio termovalorizzatore, ma è fondamentale per i sistemi impiantistici integrati.

 

1. Processo di digestione anaerobica a 4 stadi (o all’italiana)

Lo schema di questo processo implica il confronto dello sviluppo tra due scuole di pensiero diverse: - quella tradiionale è legata all’affinamento della meccanica a partire dagli anni ‘60-’70 (il processo puramente meccanico è stato curato dalla Germania Ovest), mentre quella bipologica-chimica è di origine italiana negli anni ‘70; il tutto fu assemblato negli anni ’80 nella stessa Germania Ovest. - quella innovativa ha poca meccanica (soprattutto interna ai reattori), quindi ha poco consumo energetico e poca dispersione termica; qui si cura molto l’aspetto specie-specifico sulle sostanze da degradare (si è evoluto negli ultimi 15 anni). Numericamente parlando, c’è una notevole differenza tra le due tecnologie: i volumi dei reattori (il sistema tradizionale richiede 3 volte tanto rispetto a quello innovativo), la resa di produzione del biometano (si va da un sistema non costante nella produzione e che garanstisce rispetto alla portata unitaria il 15 %, mentre il sistema innovativo garantisce il 70 % - sempre rispetto alla portata unitaria – ed è costante nel tempo) e la dispersione termica (il sistema tradizionale richiede circa 3 volte tanto l’energia del sistema innovativo). Le proporzioni di riferimento valgono per ogni tipo di refluo zootecnico, per ogni potenza elettrica e per ogni miscela da trattare, poiché i microrganismi selezionati ed introdotti nel sistema innovativo sono attivi nell’arco delle 24 ore, mentre nel sistema tradizionale c’è assoluta discontinutà (gli stadi o reattori principali sono 1-2 o di più, ma le funzioni sono identiche gli uni rispetto agli altri (in quello innovativo c’è differenza funzionale tra i 4 stadi).

 

2. Gassificazione

Negli ultimi 6 anni sono stati esaminati diversi tipi di gassificatore, ma il problema principale è sempre stato i catrami contenuti nei fumi e la concentrazione di monossido di carbonio. Le strutture di base dei reattori per la piro-gassificazione sono essenzialmente due: quelli orizzontali e quelli verticali. In sintesi vi è una differenza nello smaltimento del bio-char o del char puro, sul sistema di introduzione del materiale, di avanzamento dello stesso, di manutenzione della temperatura interna e di abbattimento dei catrami (il famoso nero-fumo). Le potenze elettriche che si possono meccanicamente supportare cono tra i 20 kWe ed i 200 kWe; il problema principale è dato dal rammollimento dei materiali di copertura interni al reattore quando si superano i 900 °C. I sistemi impiantistici vengono alimentati con scarti, che hanno un umidità relativa fino al 45 %. Non si ha il solito cippato (legno – con pezzatura massima di 1,5 cm - maturo, stagionato e con un grado di umidità massimo fino al 20 %), ma si può utilizzare anche la pollina. Il sistema innovativo che si va a prediligere è quello orizzontale, con rotazione continua del reattore e scarico continuo del biochar; per quanto riguarda i catrami si abbattono con catalizzatore o debole ossidazione in controcorrente.

 

3. Bioraffineria

Si tratta di un sistema impiantistico modulare, che nasce con lo sviluppo di un zuccherificio a freddo e si evolve in fermentatori particolari per trattare l’erba medica ad esempio, gli stessi scarti della barbabietola, il sorgo da fibra, etc. Lo zuccherificio viene tarato su una superficie di 2000 ha a barbabietola, che non prduce solo zucchero (ma vi è pure alcol etilico, glicerina, olio vegetale, etc.). Normalmente un zuccherificio concentra il suo lavoro in 60-80 giorni all’anno, i più bravi arrivano a 120 giorni in un anno (ma con il 40 % della propria produzione con importazione dall’estero). La bioraffineria garantisce due cose: - la prima è l’autoconsumo di energia (elettrica e termica – riuscendo ad utilizzarle pure per altri scopi produttivi -); - il secondo punto riguarda la continuità di lavoro di tutto il sistema impiantistico, che produce non sono generi alimentari di prima necessità, come lo è lo zucchero, ma anche proteine nobili per mangimi ad alta qualità, estrazione di vitamine e di fibre sia per uso animale che umano, biocombustibili, bioplastiche (con introduzione intelligente di nanotecnologie), etc. Trattandosi di uno schema di sviluppo di un sistema impiantistico articolato e soprattutto modulare è meglio non inoltrarsi su altre potenzialità, o meglio una è da sottolineare: la produzione minima energetica è di 1 MW elettrico.

 

4. FBA orizzontali (per l’accrescimento forzato delle macroalghe – in primis abbatte i nitrati -)

Con questo tipo di moduli s’incomincia a trattare sulla filiera dei Filtri Biologici ad Alghe, ossia sistemi in accrescimento forzato, ma qualitativo, delle alghe (in questo caso si tratta di macroalghe). Questa tipologia d’impianto serve ad abbattere i nitrati presenti nel digestato, che lo scarto semi-liquido della digestione anaerobica, non solo: produce principalmente tutte le gelatine (polisaccaridi utili sia come conservanti alimentari sia per la ricerca nella selezione di frammenti del DNA). Questa struttura di moduli permette anche la depurazione delle acque nere ad uso civile. Vi è una maggiore efficienza se vengono abbinati ad un processo di digestione anaerobica. Tant’è che il flusso di alimentazione di ciascun modulo deve essere il alternanza tra l’omogeneizzato (ad esempio il digestato) ed i fumi del cogeneratore (opportunamente trattati). La forzatura di accrescimento delle alghe è relativo alla miscela di alimenti introdotti (incluse l’intensità, la frequenza e il periodo d’illuminazione). Qui entra in gioco anche la meccanica di taglio delle alghe stesse, dato che il tallo rimanente funge da talea (nelle alghe pluricellulari non esiste differenziamento morfologico quindi funzionale delle singole cellule). Vi sono dei numeri base per ogni modulo FBA orizzontale, ossia: lunghezza 5 m, larghezza 2 m e altezza 0,7 m; la concentrazione del carbonio in acqua varia tra i 800 ppm ed i 1200 ppm (la miscela può superare questo range ma tutto da sperimentare). Con questo sistema impiantistico si garantisce l’utilizzo di poca superficie, di un’alta efficacia, monitoraggio automatico di 24 ore su 24, rigenerazione del materiale algale ogni 2-3 mesi, etc. La massa delle alghe si accresce secondo l’andamento delle maree, in questo caso avviene lungo il pecorso dei 5 m.

 

5. FBA verticali (per l’accrescimento forzato delle microalghe – per la produzione di biomasse ad alto reddito -)

L’acronimo FBA mantiene lo stesso significato, poiché si tratta sempre di un sistema di abbattimento di inquinanti utilizzando le alghe stesse (in questo caso si tratta di microalghe). Il modulo, come dice la parola stessa, è verticale ed il flusso della miscela è ondoso. La struttura ha le seguenti dimensioni: lunghezza 4 m, larghezza 0,4 m ed alto 2 m. Vi sono articoli scientifici che riportano dei valori di concentrazione dell’anidride carbonica molto alti, possono anche essere 10 volte tanto la concntrazione misurata in atmosfera. In realtà si ca da un minimo di 800 ppm ad un massimo di 2000 ppm. Le produzioni finali, le concentrazione di ogni sostanza della miscela, la stessa luce, il tempo di ritenzione (che è molto più importante del caso precedente), le specie (che si utilizzano per diversi scopi produttivi e che permettono di avere un abbinamento tra più specie con similarità ambientale), etc. I prodotti naturali che si estragono dalle microalghe sono infiniti (proteine nobili, precursori dei degli antiossidanti - esempio classico è il DHA che dà origine agli omega 3 -, antibiotici – esempio i b-lattami – antivirali, vitamine – tutte, ma è da valutare le concentrazioni desiderate -, etc.). Come si vedrà in seguito, le tecniche più pulite per ottenere queste sostanze sono: i fluidi supercritici (per le sostanze idrofobe), gli ultrasuoni (per le sostanze debolmente idrofile). Questi moduli, principalmente, vengono associati ad impianti a ossidazione forzata, o a forni di arrostimento per la produzione del cemento, altoforni, o ai gassificatori. Ogni modulo produce circa 250 kg di biomassa al giorno, ma se la specie ha una resa fotosintetica molto alta (oltre l’80 %), la biomassa prodotta è decisamente superiore. E’ stato sperimentato che per ottenere i massimi valori di accrescimento delle microalghe, è fondamentale operare in due fasi: nella prima avviene la divisione cellulare, mentere nella seconda si predilige l’accrescimento delle stesse cellule (togliendo o modificando uno o più nutrienti).

 

6. FBA circolare (per l’accrescimento forzato dei cianobatteri – esempio unico è la Spirulina -)

Il sistema comporta un continuo ricircolo del materiale, fin quando questo raggiunge la massima densità ottica (impenetrabilità della luce), per ottenere un’ottimizzazione di crescita della Spirulina. La caratteristica base di queste specie (ne sono due con lo stesso nome comune – o meglio non scientifico -) è quella di essere ricca di una proteina detta ficocianina, che è l’antiossidante più potente al mondo (prodotto dalla stessa Natura). La sua caratteristica è per di più il contenuto di aminoacidi (i mattoni della vita) che sono 18 su 20. Entrambe le specie vivono e si riproducono massivamente tra i 28 °C ed i 35 °C, in ambiente abbastanza alcalino e predilige la luce tra il rosso e l’infrarosso. Il singolo modulo ha le seguenti dimensioni: lunghezza 14 m, larghezza 1 m ed altezza 1,60 m (il flusso si ferma 1,35 m). Vi è un setto centrale con un mix di luci a basso consumo ed un mulino che fa circolare la miscela. Normalmente la produzione di Spirulina fresca garantita è di 3 kg al giorno. Questa tipologia di moduli, trattandosi di un cianobatterio di origine tropicale, necessita di un impianto che li garantisca un buon supporto energetico (se questo si sviluppa nelle Nostre latitudini).

 

7. Bioplastiche con uso di nanotecnologie

Vi è una serie di polimeri vegetali, che utilizzando enzimi o reazioni che sviluppano spontaneamente energia, che si possono riarangiare utilizzando tecnologie molto semplici (ad esempio il cristallizzatore dello zuccherificio di nuova concezione – sistema di cristallizzazione a freddo -). E’ molto semplice impostare il cristallizzatore alla temperatura voluta, mescolare assieme i monomeri, gli enzimi richiesti ed i fulereni (agglomerati particolari di carbonio che hanno una stabilità temporale programmata – o programmabile -). Si tratta di un sistema sperimentato in laboratorio, ma necessita di un impianto pilota da dimensionare a seconda delle necessità produttive (trattandosi di plastiche di vario utilizzo, faccio un esempio: si realizza una penna biro, si programma che questa rientri in composti biodegradabili entro 60 giorni dalla sua produzione, quindi l’ambiente non ne subisce alcuna negatività d’inquinamento).

 

8. Fluidi supercritici

Si tratta di una tecnologia già esistente, ma è da perfezionare ed è da associare a sistemi impiantistici energetici (digestione anaerobica, gassificazione e ossidazione forzata). Le sostanze idrofobe, o tendenzialmente lipifiche, si estragono utilizzando l’anidride carbonica allo stato supercritico (alta pressione e temperatura medio-alta – 30-100 bar e 70-300 °C -), assieme ad altre sostanze poco affini all’acqua (alcol etilico e etere etilico in primis). I sistemi si applicano normalmente ad una capacità di 5 litri, che danno delle ottime rese, un consumo energetico accettabile, anche se la produzione si basa su due cicli al giorno in 8 ore lavorative. Le sostanze attualmente rieste sono: il licopene (un isomero specifico) e diversi omega3.

 

9. Ultrasuoni

Si tratta di uno strumento piccolo ma potente, sta sopra una scrivania, ma sviluppa 2500 bar (in stato di cavitazione quindi di pericolosità relativa). In questo impianto di estrazione si hanno molti solventi debolmente polarizzati, per ottenere sostanze pure al 98-99 %, oppure con un processo di cracking-reforming si ottengono nuove sostanze (pure anche al 100 %). Facendo riferimento ad una ricetta che si può applicare in laboratorio, è la seguente: olio vegetale lo di miscela con l’acqua e si produce una serie di profumi (ad uso cosmetico).

 

10. Raffinazione oli esausti

Si tratta di un progetto semplice nel costruirlo, ma concettualmente mette assieme concetti di fisica, come lo è l’induzione, e la chimica, la separazione dei catrami e dell’acqua, mantenendo gli addittivi nel lubrificante. E’ un sistema sia trasportabile sia fisso nelle officine meccaniche (ha un mercato notevolissimo il cui recupero dei catrami può auto-alimentare almeno termicamente lo stesso impianto). Sono due cilindri tronco-conici alla base, con un anello elettrico posto tra il cilindro ed il cono che genera un campo indotto separando i catrami, l’acqua e il lubrificante in tre fasi ben distinte. Esiste una macchina (costruita in Cina – non ha il concetto di funzionalità continua -), che dovrebbe assolvere tale ruolo, ma alla fine delle 8 ore lavorative è da buttare (è già stata testata). Non vi sono limiti sulle dimensioni, ossia il sistema va dai 0,1 m3 ai 100 m3.

 

11. Serre aeroponiche

Si tratta di un sistema impiantistico applicabile a serre preesistenti, anche quelle a freddo (che operano in condizioni di temperatura tra i 5 °C ed i 12 °C). Il sistema tiene presente dei seguenti parametri e/o variabili ambientali (a seconda della specie che si ha a che fare). Si tratta: della luce (frequenza, intensità e fotoperiodo), della temperatura aerea (componente fotosintetica delle piante), della temperatura delle radici, della concentrazione di anidride carbonica, del grado di nebulizzazione per nutrire le radici, etc. Il sistema di illuminazione è concettualmente simile tra i sistemi impiantistici FBA e le serre aeroponiche (si tratta di una mia invenzione). Tenendo presente, che si devono correlare tutti questi input ambientali, si arriva ad un controllo volumetrico della serra molto contenuto (circa 1/3 di quello di una serra tradizionale a ferro-vetro in copertura). Questa tecnologia è nata dal fatto che è difficile da mantenere costanti le caratteristiche eduli qualitative del basilico per il pesto genovese, è un problema che insorto l’anno scorso. Prima ancora vi erano i costi per le orchidee, le tilandsie ed altre ornamentali pregiate (il quesito ha radici nel 1999 – sono state fatte delle tesi di laurea ad ingegneria gestionale industriale a Udine -).

 

12. Micropropagazione

Attualmente è una tecnica operativa per le piante ornamentali e quelle arboree, ma la si può industrializzare, prendendo in parte la serricoltura ed in parte la coltivazione intensiva (in laboratorio) ed estensiva su campo. La micropropagazione è una serie di metodi che facilitano lo sviluppo e la selezione di specie anche dal punto di vista genetico (lo si fa togliendo tutta la parete cellulare e lasciando lapura membrana cellulare – così si può intervenire sul genoma, etc.). In questo modo si possono creare nuove specie o rafforzare le caratteristiche riproduttive, o quant’altro della stessa specie (si dice generare nuove varietà colturali).

 
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