Creato da DirezioneInferno il 08/12/2007

Black in Black

trasudante squame, liquidi e spore

 

 

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The Orc Cemetery

Post n°23 pubblicato il 11 Dicembre 2007 da DirezioneInferno

I nuovi inferni caldi non sono più i luoghi delle sofferenze estreme ed interminabili. Sono dei centri di raccolta. Una grande parte di quel territorio ospita le installazioni e le strutture per il recupero dei dannati. In questa regione, un po' meno  calda delle altre, oltre i campi di calcio, di tennis e le palestre, si trovano anche qualche tipo di uffici d'amministrazione. C'è anche una grande sala, che può servire sia per le cerimonie che per le riunioni. Quelle delle 'Costellazioni' per esempio, dove attraverso degli specie di psicodramma, i dannati riescono finalmente a comprendere perchè sono stati così cattivi da meritarsi l'Inferno. Il più delle volte non dipende da loro, ma dai loro genitori, nonni, bisnonni e trisavoli.
Così va il mondo nell'Inferno d'oggi.
Fischio, avvocato e manutengolo, nonchè possessore di un archivio di prestanome lungo quasi quanto la Costituzione Europea - così chiamato dai tempi dell'infanzia, quando faceva lo spacciatore - arrivò di primo mattino, con tre persone che l'accompagnavano. Sua madre Lamé, prima baldracca, poi albergatrice, quindi usuraia, era anche lei una dannata di prim'ordine. Suo padre, soprannominato Veleno -  lo usava in certe sbicchierate con gli amici -  dannato anche lui, ed il nonno Cattiveria, una specie di Giosuè Carducci dall'aria irosa e vendicativa; il suo pallino era sempre stato ammazzare: ammazzava tutto quel che si muoveva con sommo gradimento. Si vedeva che era venuto di malavoglia.
Il vecchio Cattiveria, dannato di lunga data, più peccatore convinto che mai, non credeva nella nuova fase che l'Inferno stava attraversando. Fischio invece ci credeva e sperava di dimostrare la sua estraneità ai fatti che l'avevano condannato
all' Espiazione Eterna con Possibilità di Riscatto. Si era documentato e si era preparato bene, ma si sa, nella terapia delle Costellazioni, tutto era possibile. Anche scoprire che si apparteneva alla Stirpe di Caino, il Cattivo Originale. Sarebbe stato un gran colpo di fortuna. Non era mica da tutti avere sì nobili avi. Guardò il vecchio nonno Cattiveria senza farsene accorgere e più lo guardava più gli sembrava somigliasse anche al Dio dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina. Quel Dio col barbone bianco e fluente e l'aria severa. Ma aveva una domanda in serbo per il vecchio, ed era da una vita che gliela voleva porre.
«Nonno, dimmi un po'...ma come si chiamava tuo padre? il mio bisnonno?»
Cattiveria lo guardò come se avesse visto entrare una zanzara noiosa dalla finestra.
«Se mi hai fatto venire fin qua per fare domande cretine è meglio che me ne vada.. », ed accennò ad alzarsi dalla sedia girevole, «Ma che testa di cazzo hai messo al mondo, Lamè? Che nipote deficiente...», proruppe, rivolto alla nuora che non aveva mai goduto della sua simpatia.
Veleno alzò la testa e guardò prima il padre Cattiveria e poi il figlio Fischio. Scosse la testa e con la disperazione negli occhi guardò verso il soffitto, oltre il quale, a chissà mai quante migliaia di chilometri di distanza, c'era il Paradiso ed il Responsabile di tutto.
«Dio. Lo so che sono stato cattivo. Ma avrei voluto vedere Te al mio posto - concluse sconsolato - con queste tre teste di cazzo accanto.», Lamè si chiuse nelle spalle appoggiando il mento sulle tette.
« Non ci provare, sai?», Cattiveria aveva gli occhi fuori dalle orbite e stava tirandosi su le maniche della camicia; guardò furente il figlio, «non mancarmi di rispetto, sennò giuro che t'ammazzo.»
«Babbo. Sei il solito stronzo.», stavolta era Fischio che s'era fatto sotto Veleno, con fare minaccioso.
Lamè che fino ad allora era stata in silenzio, come sempre aveva fatto anche in vita, mettendo da parte soldi e fingendo d'essere la coda di volpe del marito Veleno, emise una specie di gemito, un frigno, tirò su col naso e fece scendere una lacrimuccia, poi improvvisamente scattò in piedi facendo sbattere la sedia girevole contro la parete in cartongesso. La sedia si infilò fino a metà nel sottile divisorio.
«Basta! - gridò - io non ne posso più. Sono stufa! stufa, stufa, capito? Siete tutti dei bastardi figli di puttana!», s'ammutolì un attimo, forse riflettendo su ciò che le era uscito dalla bocca. Effettivamente aveva tutte le ragioni per dirlo, pensò, guardando il figlio Fischio, un gran bel ragazzo, ma effettivamente un gran bastardo, di nome e di fatto..
I tre uomini dannati rimasero impietriti e stupefatti dal grido di Lamè, ch'era sempre stata in silenzio, in vita e dopo.
«A chi hai dato del bastardo?», domandò il nonno a voce bassa, guardando il pavimento rosso. Era guardando i pavimenti che gli veniva la voglia irrefrenabile di ammazzare. Li vedeva troppo spogli, troppo lineari, sempre troppo puliti. La sua geometria personale includeva sempre un ingombrante cadavere, meglio se sanguinante ed un po' aggomitolato su se stesso, un' inizio di spirale, qualcosa che interrompesse la monotonia delle righe dritte, e poi la riprendesse in un punto oltre. Una bizzarria, insomma. Come una tromba d'aria, o una chiocciola.
Lamè smise di fiammeggiare dagli occhi ed ebbe un tremito.
« A chi hai dato del bastardo? »,  ripetè il nonno a voce più alta, guardando Lamè e tirandosi un ciuffo della barba dalle parti del mento.
Fischio ed il padre Veleno si guardarono. Poi insieme volsero lo sguardo sul vecchio barbuto.
« Come si chiamava tuo padre, nonno Cattiveria?», era insinuante la voce di Fischio, «perchè un padre l'avrai pur avuto, se sei venuto al mondo. O sei un figlio dello Spirito Santo come quello lassù?», ed indicò il soffitto col pollice alzato e facendogli fare su e giù ».
« Ebbene..sì. Se proprio lo vuoi sapere, sono figlio di Nico Nicodemo..cioè, figlio di N.N., figlio di Nessuno...sono stato abbandonato sui gradini d'un convento di suore..», disse il vecchio e s'accasciò sulla sedia girevole, le mani sopra gli occhi e le gambe lasciate là, come se fosse uno sciancato.
A quelle parole Fischio cominciò a saltellare e sghignazzare: si batteva le mani sulle cosce, ed ogni tanto si fermava e se lo ripeteva:«Enne enne enne enne enne enne..».
Lamè, Veleno ed il nonno Cattiveria lo guardavano esterrefatti, come se l'ultimo dannato della loro famiglia fosse impazzito, di punto in bianco.
«Ma come? - disse Fischio con la luce negli occhi - ma non capite? Proprio non avete capito come vanno le cose adesso nell' Inferno?».
I tre sempre più stupiti ed ammutoliti scossero la testa in silenzio, più per compiangere il congiunto che per mostrar diniego.
«Allora siete proprio out..ma è così semplice. Non è colpa nostra se siamo finiti nelle braci dell'Inferno. Il nonno, il nostro capostipite, il Cattiveria, è un bastardo, un vero e proprio bastardo, venuto al mondo senza padre e senza madre, abbandonato sui gradini d'un convento di suore e quindi.. - e rimase un attimo a dito alzato e parole sospese -   la colpa è tutta di enne enne, no? e quindi, considerate le circostanze, nell'interesse del mio cliente.. cioè di noi - e girò il dito indice della mano destra sull'asse verticale -  e nel principio del garantismo vigente nel nostro paese, in genere è meglio concedere il
Riscatto dall' Espiazione Eterna, (chiamando in causa i cambiamenti nel clima sociale), perchè se la Società è reputata innocente, allora qualsiasi persona che non sia colpevole ha vissuto senza significato. Adopereremo l'ammissione di colpevolezza e la bastardaggine a riprova della nostra buona fede. Infine siamo pur sempre figli di questa marcia società, no? Colpa di tutti, colpa di Nessuno. Ergo, siamo innocenti, puri come l'acqua. Liberi, senza nemmeno gli arresti domiciliari...», e alzò gli occhi al cielo simulando un esagerato pentimento.« Grazie, Dio.», poi tornò a guardare i parenti, «Allegri ragazzi. Su con la vita. Tornereemooo...»

 
 
 
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