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il Blog di RANDAGIO CLANDESTINO

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STORIA DI LAIKA che diventò una stella

Post n°226 pubblicato il 10 Febbraio 2016 da bonicaM

11

Pare che quella mattina del 6 gennaio del 2015 a Mosca facesse
molto freddo. Eppure una giovane donna dai capelli rossi fu vista
scendere da un taxi di buon mattino e incamminarsi verso l’istituto
di Medicina Militare alla periferia di Mosca. La seguiva una cagnetta
meticcia al guinzaglio, una cagnetta dal pelo pezzato e già
anzianotta, una cagnetta che somigliava in maniera stupefacente
alla cagnetta del monumento verso cui erano entrambe dirette:
quel monumento a Laika che il dottor Oleg Georgovic Gazenko
avrebbe voluto inaugurare quale estremo omaggio alla memoria
della cagnetta dalla coda a riccio mandata a morire nello spazio,
monumento che fu però inaugurato nel marzo del 2008, appena
un anno dopo la sua morte. La donna dai capelli rossi pare che si
chiamasse Natasha Drubeskoj. Da bambina aveva incontrato una
signora simile nell’aspetto e nei modi a come lei era adesso, una
signora che le aveva parlato di una cagnetta che somigliava tanto
alla sua cucciolona e che aveva pure il suo stesso nome, Kudrjavka,
che però le fu tolta da un uomo coi baffi che rapiva le cagnette
randagie per rinchiuderle dentro orribili gabbie e poi lanciarle nello
spazio da cui spesso non sarebbero più tornate.
(...)
Natasha e Kudrjavka si avvicinarono al monumento. Una
scultura di bronzo che raffigura la base di un missile spaziale,
quasi un braccio proteso verso l’alto che si traforma in una mano
sulla quale Laika ritta sulle zampe e con la tuta da astronauta addosso
guarda l’orizzonte.
Kudrjavka si accucciò alla base del monumento sul soffice
tappeto di neve proprio ai piedi della statua. Natasha depose una
rosa rossa e accarezzò la scultura di bronzo che raffigurava Laika.
A quell’ora il luogo era quasi deserto.
– Come vedi, dolce canuzza dei miei pensieri, io ho mantenuto
la promessa. La storia di una cagnetta che diventò una
stella… Non so sino a che punto sia la tua storia reale, ma certo
parla di te, della tua gioia e del tuo dolore di randagina amata da
chi non ebbe la fortuna di adottarti pur volendolo con tutto il
suo essere e sacrificata alla sete di potere di chi, donandoti un
falso amore, ti ha condannato a una morte atroce… L’ho scritta
perché sentivo il bisogno di farlo, per quella donna che un giorno
non lontano mi parlò di te con tanta nostalgia… per l’amore che
porto a questa canuzza che tanto ti somiglia… perché non voglio…
non accetterò mai che altre Laika subiscano la tua stessa
sorte dentro un laboratorio di medicina spaziale o di ricerca scien-
tifica o presunta tale… perché nessun essere vivente e senziente
possa ancora essere considerato un oggetto o una merce di cui
disporre a proprio piacimento… e affinché l’umanità possa finalmente
smettere di considerarsi il centro dell’universo, la specie
superiore destinata a dominare su tutto il pianeta e sullo spazio
esterno alla terra… Ho scritto questa tua storia perché da quel
giorno in cui incontrai nel parco la tua Katjusha ho vissuto nel
dubbio di averti conosciuto e di essere io stessa la bambina dai
capelli rossi e che tu fossi la mia stessa cagnetta, la mia Kudrjavka
da me adottata così come tu avresti desiderato di essere adottata
dalla piccola Katjusha…
Pare che, proprio nel momento in cui Natasha svelò a se stessa
l’esatta percezione della sua possibile identità, Kudrjavka abbia
drizzato le orecchie e sollevato il capo come rispondendo a un
richiamo che le giungesse dall’effigie di Laika… abbaiò un istante,
poi atteggiò l’espressione degli occhi e del muso nel modo in cui
i cani spesso “ridono” di noi umani quando non sappiamo ridere
nemmeno di noi stessi e ci atteggiamo a esperti conoscitori di
ciò che un cane possa provare per dirsi felice.

(CAP. XI, pp. 89-92)

Da Randagio Clandestino, Storia di Laika che diventò una stella, ed. Algra, disponibile da fine febbraio.

 

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