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L'amore è una forza selvaggia.
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quando tentiamo di imprigionarlo,ci rende schiavi.
quando tentiamo di capirlo,ci lascia smarriti e confusi.

Massima di vita

...il fatto è che ci riteniamo tutti buoni, dolci, sensibili, con qualcosa dentro da dare a qualcuno, cosa sia poi neppure noi lo sappiamo. Tutte e tutti veniamo da storie sbagliate, ma certamente il futuro ci riserverà il grande grandissimo amore. Ovviamente odiamo l'arroganza, la violenza, i presuntuosi ed il lesso la domenica a pranzo.

Fritz Walter Hungary
(poeta bagnino)

Il più veloce

......e se ogni tanto ti senti piccolo inutile offeso e depresso ricorda sempre che una volta sei stato il piu' veloce e vittorioso spermatozoo del gruppo!!!!

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Il matrimonio

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Post N° 63

Post n°63 pubblicato il 08 Marzo 2007 da fenicenera1968

Io mi chiedo cosa ci sia mai da festeggiare, ma almeno qualcuno ricorda come è nata questa festa?

Forse se ci fosse più memoria di quegli eventi la voglia di festeggiare in modo così sciocco questa ricorrenza passerebbe...

Quindi siccome sono una rompi scatole per natura ho pensato sia cosa giusta ricordare a chi lo avesse scordato ( Immagino praticamente tutti ) che cosa rappresenti in realtà l' 8 Marzo....

Non Festa ma Ricorrenza, che non è esattamente la stessa cosa... Buona Lettura E riflettiamo tutti che forse è meglio!!!!

Almeno 39 erano italiane. I giornali descrissero scene che si rivedranno solo quasi un secolo dopo: quando altre vittime si getteranno dalle Torri Gemelle in fiamme....
Come nacque l’8 marzo, quella svista dietro una data
Decine di operaie morirono a New York nell’incendio di una fabbrica di camicie. Era il 25 marzo 1911

Negli occhi di tutti, scrisse atterrito il cronista del New York Times , restò l’immagine di una ragazza che, lanciatasi nel vuoto nella speranza di aggrapparsi all’edificio accanto, restò impigliata per alcuni interminabili secondi finché le fiamme le divorarono il vestito lasciandola precipitare. Forse era russa, tedesca, finlandese...

Ma non è improbabile che quella poveretta fosse italiana. Come italiane erano almeno 39 (molti corpi erano irriconoscibili) delle 146 donne morte in quello spaventoso incendio in una fabbrica di camicie dimenticato dall’Italia e ricordato invece, per un equivoco storico, come l’atto di origine dell’8 Marzo. Era il pomeriggio di sabato 25 marzo 1911, quando il fuoco attaccò gli ultimi tre piani di un palazzone di Washington Place, nel cuore della metropoli americana. E ancora non è chiarissimo come la data, col passare dei decenni, sia stata «adattata» alla Festa della Donna. Ci hanno provato in diversi, a cercare di ripercorrere la storia di questa svista che ancora oggi domina gran parte dei siti Internet (prova provata: mai fidarsi della «rete») dedicati alla genesi della ricorrenza odierna. Prime fra tutti Tilde Capomazza e Marisa Ombra, autrici una quindicina d’anni fa di 8 Marzo / Storie, miti e riti della Giornata Internazionale della Donna . Studio ora ripreso dalla tesi di laurea di una giovane veneziana, Marina Senigaglia, che ricostruisce con qualche integrazione un’infinità di versioni diverse.

C’è chi, come le femministe francesi degli anni Cinquanta, dice che la giornata della donna sia stata scelta «per commemorare il 50° anniversario di uno sciopero di lavoratrici tessili, brutalmente represso a New York l’8 marzo del 1857». Chi per ricordare la rivolta pacifista delle operaie di Pietrogrado, l’8 marzo 1917. Chi, come il bollettino del Pci Propaganda nel ’49, per celebrare l’8 marzo 1848, quando le donne di New York scesero in piazza per avere i diritti politici. Chi in memoria dell’incendio del 1911 (con la data sfalsata di due settimane e passa) e chi di un fantomatico incendio a Boston nel 1898. Col risultato che alla fine, a forza di passaparola e di equivoci, ne è uscito un collage, fissato nel 1954 da un fumetto del settimanale della Cgil Il lavoro (che due anni dopo pubblicherà anche una specie di fotoromanzo assai raffazzonato) in cui si è mischiato tutto: date, luogo, episodi, numero dei morti, tutto. Con la probabilità che siano stati confusi più incendi (81 nella sola New York e nel solo 1911 in fabbriche di quel tipo) compreso uno avvenuto effettivamente l’8 marzo (1908) alle scuole di Collingwood in cui erano morti 173 bambini e due insegnanti. Per non dire del caos su chi, come e quando propose per primo la fatidica data oggi legata alle mimose.

Certo è che, fosse anche falso il collegamento storico, non c’è episodio nella storia delle donne più adatto a segnare un punto di svolta quanto la catastrofe alla Triangle Waist Company . Le cinquecento ragazze tra i 15 e i 25 anni che lavoravano con un centinaio di uomini e rare colleghe più anziane, negli ultimi tre piani del palazzo, alle dipendenze di Isaac Harris e Max Blanck, facevano infatti una vita infame. Una sessantina di ore di lavoro la settimana (l’anno prima un grande sciopero durato mesi aveva strappato un orario di 52 ore, ma lì non era applicato), straordinari sottopagati, spazi ridotti, sorveglianza feroce. Come accade con certi contratti anomali di oggi (della serie: nessuno inventa mai niente) i padroni avevano infatti affidato tutto, con una specie di subappalto interno, a una rete di caporali ciascuno dei quali gestiva e pagava sette operaie, che faceva marciare a ritmi elevatissimi. Incidenti sul lavoro a catena. Tutele sindacali zero. Porte sbarrate dall’esterno perché le ragazze non si allontanassero. Il posto giusto per gli ultimi degli ultimi: gli ebrei e gli immigrati italiani.

Mancavano venti minuti alle cinque del pomeriggio. Altri cinque e tutte le lavoratrici della camiceria si sarebbero alzate per tornare a casa, a Brooklyn. Gli impiegati degli altri uffici del palazzo se n’erano andati a mezzogiorno. Come fosse partita la prima fiammata, avrebbe ricostruito il giorno dopo il Daily Telegraph ripreso dal Corriere della Sera , non si sa. Ma in pochi istanti il fuoco attaccò i mucchi di stoffa dilagando per l’ottavo piano e avventandosi sul nono e sul decimo. Fu l’inferno. Le poverette cercarono di scendere per la scala anti-incendio ma era troppo leggera e cedette di colpo, mentre le fuggitive piombavano. Alcune riuscirono a raggiungere l’ascensore, che per un po’ andò su e giù portando in salvo alcune decine di ragazze, poi cedette di schianto: nella tromba, a fiamme domate, sarebbero stati trovati una trentina di corpi.

Fu allora che New York assistette, col cuore in gola, a decine di scene che avrebbe rivisto l’11 settembre del 2001 alle Twin Towers. «La folla da sotto urlava: "Non saltare!"», scrisse il New York Times . «Ma le alternative erano solo due: saltare o morire bruciati. E hanno cominciato a cadere i corpi». Tanti che «i pompieri non potevano avvicinarsi con i mezzi perché nella strada c’erano mucchi di cadaveri». «Qualcuno pensò di tendere delle reti per raccogliere i corpi che cadevano dall’alto», scrisse il Daily , «ma queste furono subito strappate dalla violenza di questa macabra grandinata. In pochi istanti sul pavimento caddero in piramide orrenda cadaveri di trenta o quaranta impiegate alla confezione delle bleuses». «A una finestra del nono piano vedemmo apparire un uomo e una donna. Ella baciò l’uomo che poi la lanciò nel vuoto e la seguì immediatamente». «Due bambine, due sorelle, precipitarono prese per la mano; vennero separate durante il volo ma raggiunsero il pavimento nello stesso istante, entrambe morte». Forse erano Rosaria e Lucia Maltese, forse Bettina e Francesca Miale, forse Serafina e Sara Saracino...

Erano centinaia, le ragazze e le bambine italiane che lavoravano lì, sfruttate da quei carnefici. Centinaia. E almeno 39 identificate («da un anello, da un frammento di scarpa») più dieci ufficialmente disperse, videro finire così il loro sogno americano. I loro assassini, al processo, vennero assolti. L’8 marzo, dopo tante rimozioni, ricordiamoci anche di loro.

Gian Antonio Stella

( da Sito web sull'8 marzo )

 
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IL WEBMASTER

The Brave do not live forever, but the timid do not live at all

versione rinnovata della descrizione

dunque... sono nato in una pigra e calda domenica sera di qualche anno fa.
dopo una ridente infanzia ho frequantato con successo entrambe le scuole dell'obbligo e con alterni risultati ho portato in cascina anche le scuole superiori e una successivo corso di studi a livello professionale.
Felicemente single, per scelta mia, dopo attenta valutazione degli eventi e delle varie e splendide fanciulle che mi hanno fatto dono dei loro sentimenti e del loro prezioso tempo.
(A loro comunque vanno i miei ringraziamenti per tutto ciò che hanno saputo darmi, le mie scuse per non esere stato in grado di fare altrettanto e tutto il bene che posso volere loro.)

Attualmente mi sono insediato nel mio posto di lavoro "quasi" ideale... per ora tutto bene. avevo decisamente bisogno di serenità laorativa
Nella vita mi ritengo un "caotico genio", come dite? non sono modesto?
E' vero, ma non si può essere modesti quando si è i migliori.
Ho vari interessi: scrivo (a volte leggo), vado in moto, ascolto musica e svariate altre cose, decisamente interessanti.
Soprattutto ora finalmente mi diverto con il mio lavoro, tra alti e bassi e in mezzo alle difficoltà che, come in tutte le professioni, danno un po' di fastidio ma danno anche soddisfazione quando queste vengono superate.
ah, quasi dimenticavo: cucino! E anche bene.
Se mi cercate, mi troverete sicuramente al bar dove, se sarò abbastanza sano per capire che vi state presentando, vi offrirò da bere, come faccio con ogni buon amico che passa a trovarmi.
Se mi cercate ora, complice la stagione estiva, mi trovate a sonnecchiare nel mio pensatoio, sulla sponda bergamasca del Sebino; anche qui venite in pace e sarete trattati da amici.
Come avrete capito mi diverto molto a scherzare con le persone, ma so anche essere serio.
Beh, tra il serio ed il faceto, vi lascio un saluto (wow, ho fatto una rima!!!)
Un bacio alle belle donne.
Ed uno anche a quelle simpatiche.
Vi lascio il mio numero di telefono, che non si sa mai... 0123.456789

che dire di più su di me... conoscetemi.

 

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