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VIAGGIO PER CAMBIARE VITA

Post n°528 pubblicato il 18 Gennaio 2010 da carinci
 

Un viaggio per cambiar vita

Per chi ha vogli di mollare tutto e cambiar vita e panorami, dagli 'artisti della fuga' arrivano le dritte e le informazioni sulle mete e le pratiche migliori.

Messico - ©John Neubauer Lonely Planet Images

 

“Via, fuori dal bel paese dello stress e dello Smog, fuori dai guai!”, questo il messaggio di un piccolo grande fenomeno della rete, il  sito Italiani in fuga creato dal cuneese Aldo Mencaraglia, che a soli diciannove anni è partito per l’Inghilterra, per poi lavorare in Gran Bretagna, Cina e Taiwan e trasferirsi dal 2002 a Melbourne, in Australia. Esiste una vita migliore, possiamo rivoluzionare la nostra qualità di vita all''altro mondo', unica condizione: esere pronti a mollare tutto!

Niente di strano per gli americani, che a questa scelta di vita hanno dato anche un nome, 'downshifting', cioè rallentare con il lavoro e con i ritmi della quotidianità, cambiare marcia insomma, e dirigersi altrove. Più inaspettato in un paese giudicato di mammoni come il nostro. A sorpresa invece, secondo il sondaggio curato dal canale satellitare Marcopolo, molti italiani farebbero questa scelta a occhi chiusi, intraprendendo una nuova attività e rincorrendo i loro sogni. Abbiamo innanzitutto una gran voglia di cambiare lavoro e, se è vero che il la metà degli aspiranti 'fuggitivi' si dedicherebbe alla scrittura in un paradiso naturale, l'altra metà si accontenterebbe di aprire un semplice ristorante, un albergo o una scuola di sub. Le mete preferite? Tahiti, la Giamaica, le Hawai, le isole Aran in Irlanda, i Caraibi e le Maldive, poi Brasile, Australia e Tailandia. Decisa la meta, basta partire, e adesso vediamo come.

Mollare tutto significa innanzitutto allontanarsi dal proprio lavoro, e incredibilmente una legge italiana, la numero cinquantatrè del duemila ci dà una grossa mano per il decollo: prevede uno strumento che si chiama anno sabbatico, ovvero la possibilità di 'sospendere' la propria carriera lavorativa per undici mesi, rinunciando a stipendio e a contributi, ma senza perdere il posto. Anche qui America e Inghilterra insegnano, perché il 'career break' è una tradizione che viene sfruttata per viaggiare e testare le possibilità concrete di cambiare vita, e magari non tornare più indietro. Per orientarsi nella scelta, il web dà una grossa mano con indirizzi come EasyExpat, un vero manuale di trasferimento oltre confine dove si può tranquillamente verificare quali opportunità di lavoro esistano, e dove. Nella peggiore delle ipotesi, resta la Legione Straniera, ma meglio essere ottimisti. Non resta a questo punto che documentarsi, attingendo dalle esperienze di chi ci ha preceduto con successo, artisti della fuga statunitensi, o italiani, come quelli che raccontano le proprie 'avventure' sui siti di  Voglio Vivere Così o Mollo tutto.

Ogni giorno nasce un nuovo blog di chi racconta il resto del mondo da italiano pentito di non essere partito prima, e nonostante le difficoltà di un nuovo ambientamento, spunta una sensazione di leggerezza leggendo il diario di WorldWideMom, una mamma italiana a Las Vegas, oppure quello di Zazie che vive e lavora in Nuova Zelanda o ancora i racconti di Marco Gargiullo, nato a Milano e adesso cittadino de L’Avana.
Un altro ricco di consigli è quello di Simone Perotti, che in un post scrive: “Ho smesso di lavorare in azienda, non frequento più chi non voglio, non guadagno più buttando via il tempo in cose non autentiche, sono molto più libero e posso sprecare tempo se serve.  La mia vita non passa via, non scorre identica e invano.” Dopo diciannove anni di lavoro nella comunicazione Simone è fuggito, e oggi vive scrivendo, facendo lo skipper e l’istruttore di vela tra il Mozambico e i Carabi, e nel frattempo ha scritto un libro dal titolo eloquente: "Adesso basta! Cambiare vita si può".
In valigia c’è poi posto per un altro testo essenziale per la fuga: “Scappo via!”, è un manuale ragionato su come organizzare il proprio espatrio,  sondando il terreno con viaggi esplorativi  e pianificando  poi gli investimenti da fare e un nuovo lavoro. L’autore, Attilio Wanderlingh, lo ha fatto scegliendo il Kenya, un paradiso dove sostiene si possa “vivere da nababbi con mille euro al mese”. Nella lista dei trasferimenti possibili ci sono anche il Marocco, la Tunisia, l’Egitto, Capo Verde, la Tailandia, il Brasile e il Messico. Il resto, Wanderlingh lo sconsiglia. Perché puntare sull’India e il Venezuela se poi dovremo avere a che fare con burocrazia e tasse peggiori di quelle italiane?

 

Silvia Bragalone

 
 
 
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